Contributi

La natura sociale dell’innovazione

di Emanuele Fontana 16 Aprile 2012

1. Sviluppo sociale e innovazione nel contesto locale
Cogliere le connessioni fra sviluppo sociale e tendenze innovative a livello imprenditoriale implica assumere un approccio che integri da un lato le risultanze palesi dell’agire sociale e dall’altro le pratiche di innovazione.
L’attenzione si concentra sull’integrazione dinamica dell’individuo nel contesto sociale a livello di comunità locale (Durcheim). La stessa comunità locale che sostiene e promuove lo sviluppo di un processo di assegnazione e condivisione di valori fra impresa e società (Becattini).
Tali aspetti si enfatizzano se si cerca di dare una misura all’innovazione nel contesto locale. Laddove partendo da una condivisione di valori nasce una spinta innovativa che altrimenti si manifesta in altre forme. Non si parla infatti del concetto di innovazione parallelo ad un progredire dell’applicazione tecnologica su basi astratte ma si cerca di capire il significato di un approccio innovativo rispetto alla dimensione operativa di una comunità locale.
La misura dell’innovazione a livello locale può essere fatta attraverso l’analisi ragionata delle registrazioni brevettuali. Un indice quantitativo che offre una visuale sul movimento di idee e di conseguenza sulla loro formalizzazione in brevetto. Il percorso però è sempre approssimativo, in quanto innovazioni meno palesi sono certamente presenti nell’agire quotidiano di decine e centinaia di imprese e persone nel distretto industriale.

 

2. Solidarietà meccanica e solidarietà organica
Come noto Durcheim propone una lettura della società attraverso le dinamiche solidaristiche innescate da fatti sociologici. Nello sviluppo di una complessità strutturale crescente si vengono a delineare due principali approcci all’integrazione dell’individuo nella società.
Il primo aspetto riguarda la solidarietà meccanica che si fonda sulla consapevolezza del singolo della funzione repressiva della struttura sociale complessiva.  Vigono regole repressive nei livelli di aggregazione sociale più prossimi all’individuo come famiglia, clan, ordini. Le stesse regole plasmano l’ordinamento sociale più complesso producendo, attraverso la funzione del divieto, un ambiente consapevole dei propri divieti e delle proprie opportunità di azione.
La personalità individuale è colta nella sua dimensione funzionale rispetto alla dimensione sociale. Il comune denominatore delle regole di convivenza è il divieto di compiere reati, base per la costruzione e il progredire del diritto penale.
Ad un livello più complesso di integrazione sociale troviamo la solidarietà organica, punto di arrivo della manifestazione più evidente di progresso: la divisione del lavoro sociale.
Nascono da questo ambito relazionale le regole non più solo e immediatamente restrittive ma istanze legate a forme restitutive, dal quale emergono le costruzioni concettuali del diritto privato.
La struttura della solidarietà organica è la premessa al palesarsi dello stato moderno, accentrato, democratico, con funzioni e vincoli fra uomini e istituzioni come manifestazioni di un agire comune. La divisione del lavoro implica pertanto cooperazione, legame contrattuale, regolazione consapevole dell’agire sociale.
La solidarietà organica diventa un legame reciproco, una regola morale accettata e condivisa nella divisione del lavoro.

 

3. Formalizzazione dell’innovazione
All’interno della solidarietà meccanica la prescrizione definisce le possibilità di operare e muoversi degli attori. Traslata sul piano dell’agire imprenditoriale la stessa prescrizione è alla basa della costruzione di una struttura rigida di vincoli e regole nelle quali si muove anche lo spunto innovativo.
Gli imprenditori e le aziende da loro aggregate operano in un contesto locale aperto ad uno o più mercati esterni fornendo beni e servizi. Conseguentemente introducono, per definizione, innovazioni a livello di processo o a livello di prodotto.
Nel nostro caso il secondo ambito è più interessante, prestandosi a riprodurre in modo dettagliato e misurabile le dinamiche concorrenziali in un contesto locale di crescita.
La protezione dell’innovazione di prodotto viene formalizzata con la registrazione brevettuale. E’ possibile per l’analista ricostruire la storia di ogni innovazione in verticale e/o ricostruire l’ambito nel quale si muovono le innovazioni formali in un determinato territorio. Monitorando le registrazioni si ricostruisce una parte della propensione territoriale a produrre innovazioni: all’interno della funzione si muovono le istanze di concorrenza fra le aziende.
La prescrizione a non riprodurre determinate innovazioni, se non con il consenso (formalizzato) dell’attore titolare del brevetto, si oppone alla dinamica di crescita economica territoriale. Contraddistingue un legame prescrittivo fondato su sanzioni e divieti, ma anche opportunità, rispetto all’agire comune.
Si tratta di un rapporto solidaristico a fronte di determinate azioni che possono essere intraprese da singoli attori (aziende o singoli individui) sulla scorta delle dinamiche concorrenziali introdotte a livello di sistema locale.
Con una ovvia semplificazione concettuale possiamo affermare che l’innovazione formalizzata, monitorata con il numero delle registrazioni brevettuali, è una manifestazione dei rapporti solidaristici di tipo meccanico. Laddove rapporti fra individui e aziende si muovono all’interno di un contesto determinato, opportunamente definito con limiti prescrittivi.
Tale propensione ad innovare trova riscontro in un ambiente economico locale poco strutturato su valori condivisi, dove opera una economica plurisettoriale con attori spesso distanti fra loro per dimensioni e caratteristiche. La valenza epistemologica della misurazione dell’innovazione formalizzata trova ambiti di applicazione in un generico contesto di impresa locale.

 

4. Dalla misurazione quantitativa delle registrazioni brevettuali alla interpretazione distrettuale
L’analisi delle serie storiche di registrazione brevettuale illustra fenomeni di portata settoriale solo marginalmente legati al contesto locale, in quanto è difficile legare con vincoli di dipendenza le caratteristiche di un territorio e quelle del processo innovativo. Tanto meno fra le caratteristiche di specializzazione delle imprese operanti in una circoscritta area produttiva e un prodotto innovativo riconosciuto tramite uno o più brevetti.
In generale la mappatura dell’innovazione formalizzata sfugge alla misurazione del legame fra specializzazione e vocazione locale, producendo esclusivamente resoconti quantitativi a livello di produzione settoriale.
Tali limiti sono superabili solo ponendo attenzione alle relazioni che si instaurano fra produttori e comunità locale, in determinati territori, su specifici settori o ambiti produttivi. Relazioni che notoriamente sono individuate da Becattini come presupposti per l’agire in un contesto univoco di valori condivisi che struttura il Distretto Industriale.
Allo scopo di mettere in evidenza la relazione fra dinamica produttiva e contesto locale il modello distrettuale mette in campo concetti non scontati di creazione/condivisione di valori comunitari, a presidio di una forte identità locale.
Le realizzazione del modello distrettuale dipende da fasi di sviluppo locale che si fondano sulla dinamica di apertura normativa e cognitiva. Accogliendo il comportamento cooperativo di uno o più agenti nella dinamica di sviluppo e consolidamento [Bellandi, 2003].
Solo tenendo conto di tali presupposti interpretativi l’innovazione formalizzata può essere integrata, a livello locale, con informazioni circa le relazioni e modalità di applicazione nel modello territoriale di sviluppo. In modo tale da non lasciare alla numerosità delle registrazioni l’esclusività dell’interpretazione del dato.
In via empirica il dato territoriale complessivo sarà inserito nelle logiche organizzative del modello distrettuale, per indagare come le innovazioni di prodotto o di processo relative ad un determinato ambito possano declinarsi con le dinamiche di cooperazione e concorrenza tipiche del modello.
Via via che le registrazioni brevettuali nel contesto distrettuale trovano le loro connessioni con le relazioni sottostanti, si evidenziano aspetti e tendenze che definiscono il sentiero di marcia del distretto [Bellandi, 2003].
A un livello di indagine più raffinato emerge la tipica informalità innovativa del Distretto, fatta di prassi, metodi e comportamenti non codificati.  Indagare tali rapporti e proporre una sintesi significa compiere un passo ulteriore nell’affrancamento dalla semplice mappatura settoriale e porre le basi per la costruzione di un indice locale di innovazione: includere la dimensione dell’agire sociale organico in un contesto specifico locale.
L’approccio distrettuale va aldilà della semplice misurazione dell’innovazione formale e si adatta, nel nostro caso, alla illustrazione della organicità dei rapporti sociali fondati sulla divisione del lavoro in ambito locale.

 

5. Solidarietà organica e innovazione nel Distretto
I valori condivisi, le dinamiche di cooperazione e concorrenza, la fruibilità delle relazioni interdistrettuali fra aziende ma anche fra persone viste con approccio solidaristico sono senz’altro basate su criteri restituivi formali e informali. L’innovazione nell’ambito distrettuale è funzione di tali rapporti. Misurarne l’intensità o l’efficacia presuppone il passaggio da un ambiente dove dominano i rapporti meccanicistici ad uno nel quale si palesa l’organicità delle relazioni.
La divisione del lavoro sociale all’interno della dimensione locale ha una funzione costruttiva che realizza un’etica locale. Proprio come prevede la dimensione della solidarietà organica di Durcheim. Pertanto da una solidarietà meccanica basata sulla formalizzazione dell’innovazione, la dinamica distrettuale, nella gestione dell’innovazione, assume una connotazione che richiama la solidarietà organica.
Le pratiche restitutive fondate su una cooperazione attiva, libera, nella quale le relazioni predominano e fondano un ambito morale, si prestano a fornire una interpretazione ottimale della dimensione innovativa che non emerge solo dalla mappatura della registrazioni formali.
Processi, prodotti, pratiche innovative sono aspetti continui della dinamica distrettuale (Becattini) e giocano un ruolo strategico nella definizione del sentiero di sviluppo (Bellandi). Consentono al sistema locale di trovare una sua dimensione in termini di sviluppo rispetto al contesto di mercato.
L’innovazione informale, o meglio non formalizzata, rappresenta non solo un driver della dimensione ottimale di sviluppo ma la sua sovrastruttura etica.
Nella solidarietà organica dei rapporti distrettuali si costruisce un progredire innovativo che può essere analizzato con strumenti di più ampia portata rispetto alla mappatura delle innovazioni formalizzate (registrazioni brevettuali).

 

6. Conclusioni
La prospettiva della solidarietà organica come lente per riconoscere le dinamiche alla base dell’innovazione locale, nella dinamica distrettuale, ci consente di proporre analisi ben più approfondite del semplice monitoraggio delle registrazioni brevettuali.
I valori alla base del modello distrettuale costruiscono un sistema morale che implica, nella ricerca dell’innovazione, un percorso condiviso.
L’indagine su quali e quante forme di innovazione sono contenute in ogni distretto è evidentemente un percorso da svolgere nello specifico quadro locale: la proposta di queste pagine è senz’altro quella di comprendere nella definizione di indici analitici non solo e non più la registrazione brevettuale ma tutta una serie di analisi relazionali che consentano di comprendere il movimento dinamico dell’integrazione solidaristica.
Partendo dalla finalità restituiva del rapporto solidaristico creatosi nel contesto distrettuale sono possibili approfondimenti qualitativi.
Quante e quali scuole di formazione professionale sono presenti sul territorio, sulla base di quali professionalità vengono scelte le maestranze, quali sono le storie degli imprenditori, quale è la progressione storica della divisione del lavoro all’interno del distretto, come il contesto culturale assorbe la produzione locale, ecc.
Tutte domande aperte, ampie, da declinare nella conduzione di un’indagine approfondita all’interno del contesto culturale del territorio di riferimento. Tengono conto dello stato di fatto di un’economica legata alla dinamica distrettuale, aperta all’innovazione, nel momento in cui l’innovazione è un valore etico condiviso: solidaristico.

 

Bibliografia
Bateson G. (1977), Verso un’ecologia della mente, 1977, Adelphi, Milano.
Baumol W. (2004), La macchina dell’innovazione. Tecnologia e concorrenza nel capitalismo, Università Bocconi, Milano.
Becattini G. (2007), Il calabrone Italia. Ricerche e ragionamenti sulla peculiarità economica italiana, Il Mulino, Bologna.
Becattini G. (2000), Il distretto industriale, Rosemberg e Sellier, Torino.
Becattini G.(2000), Dal distretto industriale allo sviluppo locale. Svolgimento e difesa di una idea, Bollati Boringhieri, Torino.
Bellandi M. (2003), Mercati, industrie e luoghi di piccola e grande industria, Il Mulino, Bologna.
Distratis M., Ferrari G., Paoli M. (2006), Creare contesti per innovare. La dimensione fisica dell’innovazione, Franco Angeli, Milano.
Durkheim E. (2008), Le regole del metodo sociologico, Einaudi, Torino.
Durkheim E. (1997), La divisione del lavoro sociale, Edizioni di Comunità, Torino.
Fontana E. (2009), Trade mark e Patenting. Dinamiche evolutive in un territorio a forte vocazione innovativa, Guerini e Associati, Milano.
Landes D. S. (2000), Prometeo liberato. Trasformazioni tecnologiche e sviluppo industriale nell’Europa occidentale dal 1750 ai giorni nostri, Einaudi, Torino.
Lazzeretti L. (a cura di), (2004), Art Cities, Cultural Districts and Museum. An Economic and Managerial Study of the Culture Sector in Florence, Firenze University Press, Firenze.
Lazzeretti L., Capone F e Cinti T., “Open innovation in city of art: the case of laser technologies for conservation in Florence” in City Culture & Society, 2 (3), pag. 159-168.
Malerba L. (2000), Economia dell’innovazione, Carocci, Roma.
Schilling M. A. (2009), Gestione dell’innovazione, McGraw-Hill Companies, Milano.
Tidd J., Bessant J., Pavitt K., ( a cura di Piccaluga A. e Pammolli F.), (1999), Management dell’innovazione. L’integrazione del cambiamento tecnologico, organizzativo e dei mercati, Guerini e Associati, Milano.
Varanini F. (2010), Contro il management. La vanità del controllo, gli inganni della finanza e la speranza di una costruzione comune , Guerini e Associati, Milano.

- ha scritto 1 contributi su Bloom!.

Nato in provincia, ignoto come calciatore, poco conosciuto come autore. Lavora da una ventina di anni nel mondo delle imprese. Scrive, studia e parla di innovazione, economia dei distretti, formazione, cucina, vino e pallone.

© 2024 Bloom!. Powered by WordPress.

Made by TOCGRS from the great Daily Edition Theme