Contributi

Un approccio evolutivo alla creazione di competenze di sviluppo

di Renato Bisceglie 02 Agosto 2013

Prima di entrare nel vivo di una proposta , credo che siano necessarie alcune premesse emerse non da una ricerca organica, ma da una ricognizione, per ora sommaria ed empirica, delle esigenze di sviluppo.

Non a caso parlo di sviluppo e non di “formazione”, penso infatti che in AIF per troppo tempo si sia insistito sulla parola formatori. A questo proposito Domenico Lipari si domandava (Convegno AIF dell’Aquila): “siamo sicuri che il soggetto formato sia contento di ricevere questa forma?” : Trovo qui uno spunto che mi ha sempre affascinato perchè legato al concetto stesso di educazione: per educare è gioco forza orientare, chi educa spinge di fatto in un certa direzione e limita, esclude qualcos’altro. Ciò è dato un po’ per scontato nei confronti di infanti e anche adolescenti, ma assume un connotato diverso verso gli adulti: è assolutamente accettabile se si tratta di un rapporto vissuto in un contesto di confronto, di sviluppo, anche di orientamento consapevole, in cui è chiara l’influenza reciproca , multilaterale e in campi diversificati. Ciò può provocare disorientamento e insicurezza, è soggetto a scelte, ma per prima cosa, a confronto, dialettica e pratica di percorsi diversificati e aperti alle esigenze di un mondo in questo momento particolamente incerto, scoraggiato, con pochi punti di riferimento.

Se queste premesse sono condivisibili, forse, come osservatori di un processo evolutivo da un lato, come facilitatori e aggregatori di interessi dall’altro è il caso che ci poniamo qualche domanda: AIF è oggi rappresentativa della “formazione”? e della formazione nel suo complesso? ha senso continuare ad autoreferenziarci attraverso il temine formatori?

So che si tratta di domande che mirano all’essenza di un modo di essere e, per chi è interessato, ci sarebbe ampio margine e materia di discussione, discussione che peraltro vorrei rimandare ad altre sedi, limitiando le proposte di questo scritto ad un ambito più ristretto: come si può ipotizzare di far crescere professionalità indirizzate ad occuparsi di crescita, sviluppo, apprendimento, orientamento.

Da che cosa deriva questo allargamento di campo? Da alcune considerazioni in parte preesistenti al periodo che stiamo vivendo (ma forse non le abbiamo prese tutte in considerazione perchè non interessati o perchè marginali – un tempo- al mondo cui ci riferivamo in primo luogo), in parte emergenti in questo scorcio temporale.

  • AIF si è spesso rivolta a “formatori classici” identificando in questo la formazione manageriale, l’alta formazione alle persone, la professione come totalizzante. Nella realtà operativa sono state sempre presenti tipologie di altro tipo, per esempio quella dei formatori o trainer “tecnici”, migliaia di persone che fanno di fatto formazione all’interno delle organizzazioni o presso clienti su dimensioni tecniche, ma non per questo di poco conto, e con approcci molto diversificati: dal semplice affiancamento operativo e a modalità di formazione rilevanti e in campi, a volte, emergenti quali ad es l’informatica, le energie, la finanza personale, la gestione di progetti… Non è detto che questi professionisti svolgano sempre la loro attività full time, spesso alternano periodi e momenti di formazione ad altri in cui si impegnano, magari prevalentemente, in altre dimensioni professionali. Si dirà, anche qui, che cosa c’è di nuovo? Il fenomeno era presente nel passato, ma sta oggi assumendo modalità diverse, con maggiore pressione sui risultati, meno tempo a disposizione, meno disponibilità a ragionameneti teorici, più commistione con alte dimensioni che non riguardare la semplice formazione, non solo, assumono sempre più modalità parallele, non antitetiche nei confronti della formazione classica, ma diverse, quali lo sviluppo della crescita personale e professionale, del coaching, frequentemente non come classico management-executive coaching, ma come coaching operativo che unisce alcuni elementi di coaching personale con quelli inerenti un ruolo, un mestiere.

  • Stanno emergendo nell’ampio ambito delle risorse umane tipologie fino ad alcuni anni fa sconosciute, valga l’esempio della formazione orientata alla sicurezza, normata, per legge, ben al di là di altre aree della formazione. Un altro esempio che si sta affacciando con forza negli ultimi mesi è la formazione obbligatoria per gli apprendisti. Sono tutte fonti di business anche per una parte degli associati, ma che cosa sta facendo AIF per essere presente in questi campi?

  • Queste dimensioni della formazione coinvolgono sempre più giovani colleghi. Tanto per fare un esempio, la scorsa estate, tra i partecipanti all’ultimo convegno nazionale AIF Junior, l’80 percento dei partecipanti era in qualche modo coinvolto nella formazione sulla sicurezza. Che cosa stiamo facendo per esplorare concretamente l’offerta presente in questo momento critico del mercato e per orientare chi, a livello universitario, ha interesse verso lo sviluppo, le risorse umane? Recentemente sulla rete è apparso un post che chiede: “Amministrazione e Selezione nell’ambito HR, costituiscono oggi la maggioranza dell’offerta di lavoro per neo psicologi. Dove è finita la Formazione?”. Credo sia doveroso un confronto, uno scambio, qualche indirizzo professionale verso queste persone!

  • Passando sul fronte opposto sempre più ci si sta ponendo il problema di quelle fasce di popolazione che qualche anno fa sarebbero già state nel novero dei pensionati, mentre ora, a tutti gli effetti, costituiscono ancora parte integrante della forza lavoro. Anche qui a livello normativo si sta facendo qualcosa: un esempio è dato dal recente accordo,dello scorso dicembre, tra Assolombarda, Regione Lombardia, INPS, per favorire l’uscita dal mondo del lavoro con una occupazione part time, ma con garanzia di interi contributi previdenziali e accompagnamento all’inserimento di giovani. Il problema che si pone è: tutte queste persone sono in grado di svolgere attivamente questo ruolo di accompagnamento?

  • In parallelo a questa fascia “istituzionale” un sempre maggior numero di persone, a fine carriera, si dedica a forme di volontariato o ad attività non profit: potrebbero queste persone avere qualche necessità di inserimento o di consolidamento verso un ruolo nel quale si pongono da autodidatti o comunque con un bagaglio di base parziale?

Non va nemmeno trascurato l’aspetto metodologico percettivo, di contesto. Trasversalmente ad alcuni degli argomenti trattati, forse in modo un po’ provocatorio, la risposta di un collega al “dov’è finita la formazione? “, citata poco sopra, è : “Sono scomparse le grandi scuole di formazione aziendale, i responsabili della formazione in azienda sono ormai dei buyer che selezionano i consulenti, quando va bene. Quando va male gestiscono le pratiche burocratiche dei fondi inter-professionali. A proposito, se non ci fossero i soldi dei fondi il settore sarebbe completamente scomparso. L’aula di formazione, a mio modo di vedere, è uno strumento di apprendimento ormai obsoleto al pari dei giornali e dei libri di carta. Destinata ad un inesorabile declino. Quando la formazione si sarà data delle forme più efficaci rispetto ai bisogni, risorgerà. Il bisogno di apprendimento per fortuna non si esaurisce mai”.

Leggo un po’ di amarezza, di disillusione, di presa di distanza, ma anche diverse considerazioni che, a torto o a ragione, circolano ormai da tempo quando si parla di formazione: non sarà il caso, pur con alcuni distinguo, di prenderne atto e di agire di conseguenza?

Tutti gli elementi citati ci portano verso una proposta che non risolve certo tutte le questioni poste ma che vorrebbe affrontare, almeno in parte, gli aspetti di supporto – servizio e di maggior presenza associativa.

Non si vuole qui uscire infatti dalla logica associativa, non si propone di realizzare del business, mettendosi magari a fare concorrenza a società che in parte già operano su aree similari: il perimetro è sempre quello dell’associazione, ma di una associazione allargata anche ad altri interessi, altri ambiti, oggi non raggiunti e non presi in considerazione, ma sempre nel mondo dello sviluppo.

Nell’ambito di questo perimetro la proposta è quella di aumentare, oltre alla presenza e alla rappresentatività (altro argomento interessante e certamente da perseguire, ma qui non preso in considerazione), il livello di servizio ai soci (e a potenziali soci) e in particolare quello di supporto allo sviluppo interno di tutti coloro che lo desiderano attraverso alcune linee di supporto metodologico:

  1. programma di acquisizione competenze per persone che, a pieno titolo, vogliono entrare nel mondo dello sviluppo siano essi colleghi giovani con una ridotta esperienza lavorativa o si tratti di persone con professionalità consolidata in altri campi ma che entrano ora nel ruolo di formatori, senza distinzione di età. Questo programma non è particolarmente nuovo in quanto si lega a quanto realizzato da AIF in passato che, opportunamente rivisitato, costituisce una offerta che continua a sussistere.

  2. Programma mirato all’acquisizione di competenze specifiche per occuparsi di sviluppo nell’ambito di organizzazioni o ruoli che non richiedono un approfondiemnto completo in tutti i campi della formazione. Si prevede un’alto livello di personalizzazione e finalizzazione ad hoc nei confronti di aziende private o pubbliche o loro raggruppamenti (soci collettivi?) che hanno necessità di sviluppare, consolidare, introdurre nella loro organizzazione il ruolo di formatori, anche part time, garantendo però un adeguato livello di conoscenza professionale. Questa opzione appare particolarmente appetibile in un momento di riflusso verso programmi home made e potrebbe essere una buona leva di sviluppo associativo aggregando anche persone/professionalità oggi non presenti nell’associazione.

  3. Programma per laureandi, mirato a costituire un ponte tra l’università e la professione, non giocando quindi sulle valenze metodologiche già acquisite nel corso degli studi, ma fornendo un confronto sulla dimensione consulenziale e sull’orientamento alla professione da parte di colleghi senior. Molto è stato fatto su questo aspetto nel Veneto e il modello si potrebbe mutuare ed astendere ad altre regioni.

  4. Programma di mentorship-coaching per senior. Il programma è rivolto a tutte le persone nell’intorno dell’uscita dall’azienda o dall’attività lavorativa “standard”, è mirato a verificare attitudini, approfondire capacità di coaching e affiancamento di altre persone junior o che necessatiano di supporto. Per le caratteristiche dei target interessati ha più una valenza di coaching operativo che non di “corso”.

A proposito di “non corso”, non vanno dimenticati in questa proposta gli aspetti pratici, logistici, di accessibilità: è necessario uscire dalla sola logica dell’aula, dell’”erogazione” tradizionale, lavorare “vicino” alle necessità, sul territorio, quando serve a distanza o al contrario presso i luoghi “di lavoro” di chi accede a questi percorsi.

Proprio in questa prospettiva evolutiva e di prossimità alle esigenze di volta in volta espresse, quanto detto vuole costituire uno stimolo e l’apertura a ulteriori proposte e discussioni per costruire e finalizzare occasioni di crescita: il dibattito è aperto e rimango in attesa delle vostre reazioni.

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