Contributi

L’essere delle cose. Naufragio con spettatore

di Piero Trupia 01 Ottobre 2013

Tecnicamente la fine della Seconda Repubblica non si presenta come l’apertura di una successione, ma come un semplice naufragio. Avverrà per un incidente, per un accidente, per semplice incuria più che per incapacità del nocchiero, chiunque esso sia. Avverrà nella spensieratezza dei naufraghi e nell’accidentale, inaspettato e per ciò più gradito divertimento degli spettatori. Quei tanti che marciano sull’autostrada e si accorgono di un rallentamento del traffico sull’altra corsia, non attribuibile a densità di traffico. Un incidente, pensano, e si rallegrano in cuor loro. Rallentano. Vogliono constatare: per rendersi conto, per poter riferire come testimoni diretti. Se ci fossero ambulanze, se fossero presenti eccezionali mezzi di soccorso, rallentano ancora di più, si fermano.

Una tale situazione ha assunto la dimensione di una figura retorica, di una categoria dello spirito.

Malgrado la sua antichità non è stata ancora esattamente classificata nel suo genere. Soltanto una denominazione di fatto: naufragio con spettatore. Ne parla Lucrezio nel libro secondo del De rerum naturae. “Dolce è mirar dalla riva, quando sconvolgono i venti l’ampia distesa del mare, l’altrui gravoso travaglio, non perché rechi piacere che qualcuno si trovi a soffrire, ma perché piace scorgere il male di cui si è liberi.” Azzardo, in carenza di convincenti pareri, che, come figura retorica, il “naufragio” sia una parabola. Per nulla una metafora e ancor meno un paradigma come sostenuto da Hans Blumenberg nel suo Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dell’esistenza, Il Mulino 1985.

Il piacere della vista del naufragio è dunque la soddisfazione di trovarsi nel locus amoenus e non, come sarebbe potuto accadere, nel locus alienus. Del resto anche l’immagine complessa dei pastori dannunziani giunti alla riva dell’”Adriatico selvaggio”, è rasserenante per contrasto con le asprezze del lungo viaggio autunnale giù per i tratturi montani.

Mi sono chiesto quale tipo di stagione politica sia quella che stiamo vivendo in Italia dalla fine della Prima Repubblica, nel 1992, con la vistosa accentuazione di follia dal 1994. Naufragio con spettatore è la mia risposta.

Scena abituale, i talk show televisivi; di tanto in tanto le aule del Parlamento, infine, l’eco e i commenti della carta stampata. Sceneggiatura è la rissa continua, aspra, sistematica. Tre attori principali e una decina di comparse. Non, banalmente, una rissa fisica, come quelle in Parlamento della Prima Repubblica.

Modello superato. Rozzo e senza un vincitore chiaramente identificabile.

La presente rissa è una dialettica senza esclusione di colpi, alias insulti.

Ciò che i verbali ottocenteschi denominavano “vivace scambio di opinioni” o, in rari casi, “tumulto in aula”, è lontano, malinconico ricordo di tenzoni oratorie appena animate.

Oggi, le avverse squadre gladiatorie, accuratamente selezionate per combattività e capacità di martellare insulti degni di automobilisti su opposti SUV, è parte integrante del palinsesto di ogni TV. Una specialità di questa neodialettica è il sovrapporre la propria voce a quella dell’avversario, specie se regolarmente attivo nel proprio turno di parola.

Il conduttore è un arbitro di kickboxing: interrompe la rissa solo al momento della pausa pubblicitaria. E poiché in rari talk show non c’è rissa – quelli di Gad Lerner, onore al merito – è lecito pensare che la rissa non sia proprio spontanea, nascente da interna aggrovigliate viscere, ma numero fisso dello spettacolo.

Coprire la voce dell’avversario ha un preciso senso: le sue bugie, la sua malevolenza, il suo odio sono intollerabili, impossibile non reagire per ristabilire il vero e il giusto. “Come tacere. Milioni di elettori ci hanno votato, autorevoli giuristi hanno convalidato le nostre tesi, in nessun paese civile si registra un tale mostruoso abuso.”

Chi è verbalmente più abile, o dispone di migliori autori, si produce in espressioni originali che la stampa puntualmente riprende.

Un caso di scuola, Grillo versus Rodotà, colpevole di aver mosso critiche alla strategia del Movimento Cinque Stelle.

Dimenticata la sponsorizzazione, a seguito di primarie, alla presidenza della repubblica, Rodotà diventa”il maestrino dalla penna rossa, un ottuagenario sbrinato di fresco dal mausoleo in cui era stato confinato.”

Qui, oltre alla violenza verbale, troviamo la rara volgarità di addebitare all’avversario, la vecchiaia. Al livello degli insulti leghisti a Cécile Kienge.

C’è una differenza sostanziale tra lo spettatore del naufragio retorico e lo spettatore popolo italiano. Qui lo spettatore non è al sicuro, sulla riva del mare o sull’altra corsia dell’autostrada. Qui lo spettatore è a bordo. Qui non c’è locus amoenus; è tutto locus alienus.

L’Italia è una Costa Concordia che, se va bene, finisce sugli scogli con un’accettabile percentuale di vittime. Centinaia di piccoli imprenditori suicidati, migliaia di manager finiti sul lastrico, imprenditori falliti per debito fiscale, saracinesche abbassate con il cartello Affittasi, consumato dalle intemperie.

 

Allora, naufragio per naufragio, e se all’origine di questa guerra civile c’è veramente qualcuno che, forse in buona fede, pensò di essere L’Uomo della Provvidenza 2, voglio fornire alla sinistra un argomento, da portare in talk show, e da esporre, in un momento di bonaccia, con voce calma e fraterno spirito di missionaria illuminazione. “Badate che un partito che in vent’anni non si è preoccupato di una decente successione, ha bisogno quanto meno di una consulenza organizzativa. Cercate un guru mondiale che magari conosca l’Italia perché ci passa le vacanze. Nessun problema per la spesa. Provvediamo noi. Voi non siete preoccupati. Noi sì.”

Autore

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Piero Trupia. Linguista, cognitivista, filosofo del linguaggio. Studi di matematica, economia, scienza della politica. Dirigente industriale fino al 1996. S’interessa di arte figurativa che studia e colleziona. Il suo approccio critico si avvale delle forme più avanzate di semiotica e semantica della figura. In materia ha pubblicato saggi nella collana Analecta Husserliana, Kluwer, Dordrecht, Nederland. Appena uscito, Piero Trupia, Perché è bello ciò che è bello. La nuova semantica dell’arte figurativa. Con un saluto di Santo Versace e una riflessione di Renzo Piano, Franco Angeli 2012. Blog La Chimera: http://pierotrupia.blogspot.com

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