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Un falso dilemma in cui la funzione HR rischia di restare impigliata

di Manuela Palma 09 Marzo 2014

La professione di chi opera nella funzione delle risorse umane sta attraversando uno dei momenti di cambiamento più importanti e come ogni momento di cambiamento questa è una potente opportunità per ripensare ai propri obiettivi e alle proprie modalità di funzionamento.
Per questo è necessario mantenere sempre un dialogo continuo e costruttivo con la linea, dove l’obiettivo (comune) è quello di costruire valore per tutta l’impresa e creare un sistema di gestione delle risorse che nel suo complesso sia in grado di valorizzare al meglio le persone. Tuttavia non è sempre chiaro comprendere quali siano le azioni, le aspettative, le priorità che vengono richieste all’Area.
Da un lato alla funzione Risorse Umane si chiede di uscire dai propri tradizionali confini e di adeguare i propri strumenti di gestione ai cambiamenti negli assetti strategici e organizzativi dell’impresa, qualificandosi come Business Partner.
Dall’altro la recente situazione di crisi ha portato ad aumentare il carico di lavoro sull’area, riducendo in alcuni casi il numero delle risorse dedicate ma aumentando l’esigenza di occuparsi di una serie di attività, anche fortemente operative.
In questo scenario in cui l’esigenza di definirsi in una posizione strategica diventa più pressante ma contemporaneamente più complessa, la difficoltà di leggere e agire in contesti sempre più dinamici si traduce spesso nella richiesta di tecniche.
Imprigionati in questa duplice tensione tra strategia e tattica i referenti HR, si trovano spesso a propendere per l’operatività e a cercare nella tecnica un supporto per la propria azione e un sostegno alla propria professionalità. Uno dei fronti su cui però è opportuno lavorare per rendere l’HR davvero capace di fare la differenza è quello della integrazione tra queste due tensioni. Più che scegliere tra visione di ampio respiro e operatività, una delle sfide è trasferire una visione strategica nella operatività, senza appiattirla (solo) nelle tecniche. Lavorare per integrare proficuamente le due tendenze, la capacità di visione dall’alto e la capacità di incidere nel concreto sembra quindi presentarsi come una delle sfide fondamentali per l’area per poter svolgere al meglio un ruolo complesso ma capace oggi più che mai di garantire il vantaggio competitivo alle organizzazioni. Citando Sheehan si può dire che “il background professionale può fare la differenze; in particolare un background più ampio – cioè non solo funzionale – potrebbe fornire il livello di conoscenza necessario per essere un credibile attore nel processo di formulazione strategica dell’organizzazione”.
Chi crede nel valore strategico della funzione è chiamato a farsi carico di queste difficoltà, e a proporre risposte. Ciò che serve non è tanto – e solo – fornire ai professionisti dell’area HR una cassetta degli attrezzi, ma, in senso più ampio, serve rendere più forte il profilo dei professionisti, fornire loro chiavi di lettura e di azione per gestire tutte le attività (reclutamento, selezione, formazione, sviluppo, valutazione delle risorse) in modo coerente ed in linea con i nuovi scenari, con le moderne esigenze dell’organizzazione e con la necessità di garantirne il vantaggio competitivo.

Su questi temi e sulle sfide relative alla funzione si sta interrogando oggi Fondazione Istud come business school che opera al fianco delle organizzazioni e che crede nel valore dell’area delle Risorse Umane. In occasione dell’evento organizzato il 25 febbraio La funzione HR- Quale Futuro? si è riflettuto sulla capacità di rendere più forte il profilo della famiglia professionale, sulla necessità di fornire supporto e sostegno alla figura e al suo ruolo strategico nell’organizzazione.

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