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Dubita e girovaga

di Marco Bruschi 11 Novembre 2014

Dubita e girovaga è una storia scaricabile liberamente da qui.
Rebecca camminava nell’altra stanza facendo ticchettare i tacchi. Era un suono che di solito mi faceva salire l’acquolina in bocca. Quella volta dovetti affrettarmi a sbaraccare tutti i fogli che avevo davanti e buttarli nel cassetto alla rinfusa. Afferrai il suo portatile e mi piazzai a un millimetro dallo schermo.
Quando entrò, le lanciai solo una veloce occhiata, per poi tornare con la faccia nel computer. Riuscii a vedere soltanto un ammasso di colori, ma capii comunque cosa indossava. Portava le autoreggenti nere che le salivano per tutta la gamba per poi fermarsi a dieci centimetri dall’inguine in un trionfo di intarsi e ghirigori, una gonna sbarazzina e fumosa, morbida, che quando la toccavi saliva su da sola. Poi, indossava la maglietta che le avevo regalato io, quella con lo scollo a V che le lasciava scoperto un accenno di seno, giusto giusto per farmi girare la testa.
Si avvicinò ed era incazzata, lo capivo dal rumore dei suoi passi. Si fermò a un metro da me. Mi squadrò. Solo dopo un lungo attimo di silenzio mi voltai per dirle ciao. Lei non ricambiò il saluto.
– Che facevi? – mi chiese invece.
– Studiavo.
– Bugiardo.
– Guarda, – indicai lo schermo.
– Lo so quello che stavi facendo. E non era studiare.
Io indossai un’espressione offesa e la guardai storto, ma lei non si fece fregare.
– Hai una consegna importante per dopodomani, te lo ricordi, vero?
– Certo. È per quello che sto perdendo gli occhi davanti al computer. Per studiare.
Non era vero. Non avevo nemmeno iniziato quella cosa della presentazione. Era tremendamente noiosa e frivola, non volevo buttare via il mio tempo così.
Rebecca inspirò una quantità incredibile di aria. Succedeva quando una cosa la faceva o molto incazzare o molto godere. Io sorrisi.
– Che cazzo c’è da ridere? – sbottò lei. Poi iniziò di nuovo con quella storia, che non potevo gettare via i miei studi. E per cosa poi? Per scrivere. Saltò su di nuovo con il vecchio: niente di più inutile; di certo le parole non ti riempiono la pancia. Ma perché almeno non ti trovi un lavoro. E altre cose così.
Mentre parlava io mi rollai una sigaretta e la accesi; aspiravo il fumo e la guardavo. Lei infilò nel discorso due o tre “che puzza” e un laconico “lo sai che non voglio che si fumi in casa”, a cui io non badai per niente.
Quando ebbe finito le dissi:
– Non è affatto stupido. Io inseguo qualcosa. Io realizzerò i miei sogni, non come te.
Questo la fece incazzare di brutto, e a me fece venire una gran voglia di scoparla. Provai anche a baciarla, infilandomi fra un suo urlo e l’altro, ma finì che invece mi buttò fuori di casa. Aveva le guance rosse come due fragole mentre chiudeva la porta dietro di sé. Non ero arrabbiato per niente, perché non ero mai stato buttato fuori casa da una ragazza e la cosa aveva un suo fascino, però sapevo che era il momento di urlare. Da dietro la porta le gridai che glielo avrei dimostrato, che prima del mio prossimo compleanno avrei realizzato i miei sogni in un giorno solo.
Tutto questo era successo sei mesi prima.
Dubita e girovaga è liberamente scaricabile da qui

L’immagine di copertina è stata gentilmente concessa da Guy Denning

Autore

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Laureato in Informatica Umanistica all'Università di Pisa, guarda le nuove tecnologie da un punto di vista sociologico, culturale e qualche volta letterario. Adora i vizi e non si fida di chi dice di non averne. - http://www.marcobruschi.net/ Twitter: @paroledipolvere

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