Contributi

Performance: un contributo dall’antropologia per rileggerne il significato

di Giulio Scaccia 10 Maggio 2018

Performance, parola usata, forse esageratamente e a volte a sproposito. Parola che cela la richiesta di fare qualcosa di più di quelle che sono le nostre azioni ordinarie e consuetudinarie.

Abbiamo a che fare con un termine denso, importante: ricerchiamone la radice, il suo reale significato che questo ci permetterà anche di trovarne una accezione migliore e di valore.
Oggi ci viene richiesto, nella vita organizzativa e sociale di rischiare, di agire, di fare qualcosa di più. Ma cosa significa effettivamente “performance”? . Cerchiamone una ulteriore lettura a partire dalla radice indoeuropea – per – “tentare, azzardare, rischiare”, per poi passare al greco peira “esperienza”. Quindi dal “fare”, “tentare” per “esperienza”, si evince che il termine performance derivi dall’antico francese parfournir che significa letteralmente “fornire completamente o esaurientemente”. To perform significa quindi produrre qualcosa, portare a compimento qualcosa.

Nel corso della ‘esecuzione’ si può generare qualcosa di nuovo. La performance trasforma se stessa. Le regole possono ‘incorniciarla’, ma il ‘flusso’ dell’azione e dell’interazione entro questa cornice può portare ad intuizioni senza precedenti e anche generare simboli e significati nuovi, incorporabili in performance successive. La performance è dunque la conclusione adeguata di una esperienza, non statica ma mutevole e generativa. La performance ha un carattere sperimentale e allo stesso tempo critico: attraverso l’agire psicofisico è possibile vivere e portare a compimento un’esperienza e nella messa in scena è possibile riflettere sull’esperienza stessa.

A livello più generale la performance costituisce una forma, una sorta di storia che un individuo o un gruppo racconta a se stesso e su se stesso: questo facilita la lettura del proprio vissuto attraverso il rivivere l’esperienza stessa, oppure permette di vivere situazioni nuove secondo modalità inedite; inoltre favorisce una riflessione critica sul reale, permettendo di effettuare un’esplorazione all’interno dei simboli culturali, fornendo il significato ai conflitti del presente. Ritorna qui l’esigenza e l’importanza di una osservazione di se stessi, oggi spesso smarrita. Attraverso di essa, l’individuo si accetta, si scruta, decide di forzare alcuni limiti e barriere, scopre dentro di sé la motivazione ed il desiderio di crescere. Questa modalità ci consente di elaborare una connessione strutturale tra il prima e il dopo, tra unicità e molteplicità, tra somiglianza e differenza.

Con le riflessioni fatte, possiamo osservare una quantità di significati, diretti o metaforici, riguardo l’attività di formazione e sviluppo, sia per quello che può essere fatto in aula ma anche per un modo diverso di osservarsi e vivere il fare e lo sperimentare, non rimanendo schiavi di parole prive di contenuto, ma riempendole noi stessi di significato e di vita.

Giulio Scaccia

- ha scritto 6 contributi su Bloom!.


© 2024 Bloom!. Powered by WordPress.

Made by TOCGRS from the great Daily Edition Theme