L'ECONOMIA DELLA FIDUCIA
Nonostante i progetti
di eCommerce siano clamorosamente svaporati nella dolorosa disillusione del
2000, gli imprenditori continuano a puntare sul 1-2-1 reso possibile da internet
come strategia necessaria e sufficiente a realizzare un altro grande sogno,
la fidelizzazione del cliente. Una fidelizzazione non legata al suo fugace innamoramento
per un prodotto o alla più duratura simpatia per la marca, no no. Qui
si parla di matrimonio, una promessa di preferenza che duri anni e anni per
mettere al sicuro i piani di investimento e i budget di vendita dell'azienda.
E allora, ha pensato qualche vispo imprenditore, perché non prendere
il cliente per tutta la vita, o meglio tutta la vita del cliente? Siamo al Lifetime
Customer, e al calcolo del valore che può avere un cliente acquisito
per tutta la sua vita di consumatore (Lifetime Value). Perché l'obiettivo
e' di vendergli tutto, dal pannolino per la pipì al pannolone per l'incontinenza.
Tuttavia c'è un presupposto che non quadra. Si parla di fidelizzazione
ma fidelizzare è un processo univoco, che parte dall'azienda ed ha il
consumatore come destinazione, senza interazione. Mentre si sa che il vantaggio,
anzi il presupposto irrinunciabile internettiano è il rapporto interattivo,
bidirezionale e pressochè simultaneo. Nulla di tutto questo rientra nella
logica della fidelizzazione che continua ad ispirarsi al principio del broadcasting,
un centro emittente (l'azienda) che lancia i suoi messaggi ad un'audience che
si spera stia ad ascoltare.
Con questi presupposti strategici è facile prevedere livelli di fidelizzazione
effimeri e a prezzo di investimenti che non solo gli stakeholders ma gli stessi
azionisti saranno sempre più restii ad approvare. La fidelizzazione è
un rapporto basato sulla convenienza che viene messo quotidianamente in discussione
dal consumatore, attento a verificare se vi siano offerte migliori di cui approfittare
(farsi cioè temporaneamente "fidelizzare" da un'altra azienda).
Per poter contare sui consumatori per lungo tempo occorre farli "propri"
creando con loro un mutuo rapporto di fiducia che deve potersi esprimere interattivamente.
Un rapporto di fedeltà reciprocamente e dichiaratamente interessata,
tetragono quindi alla rottura per un'avventura col concorrente.
L'azienda che pensa e agisce in funzione di un rapporto fedele con il consumatore
è doppiamente premiata: dai clienti-acquirenti a loro volta fedeli, legati
ai valori del comportamento oltre che al tornaconto immediato e quindi non disponibili
a cambiare bandiera per un 3x2 qualsiasi; e dai clienti-fiduciosi che rappresentano
un asset tutt'altro che intangibile, iscrivibili cioè a bilancio con
prudenza certo ma potendo attribuire un ragionevole valore acquisito.
Una vera e propria Economia della Fiducia, certamente più
economica
dell'imperativo fidelizzatore. E che non chiede di meglio che essere durevole,
proprio come sogna l'imprenditore: per tanti anni, anche per tutta la vita,
se non intervengono violazioni ai patti. Ed è molto più facile
che il tradimento sia consumato dall'azienda che non dal consumatore.
Eventualità questa che induce una nuova visione, ribaltata, del rapporto
interattivo, nel quale sarà il consumatore in quanto membro di una comunione
consapevole e organizzata che creerà e controllerà il rapporto
di fedeltà con l'azienda. Nel 1-2-1 è il consumatore che ha tutto
da guadagnare mentre per l'azienda il rapporto diretto, esasperato come quello
che si sta profilando, è un vincolo impegnativo, soggetto ai capricci
di un consumatore sempre più pretenzioso. Un potenziale boomerang capace
di colpire l'azienda che l'ha lanciato con un impatto destabilizzatore da mettere
i brividi.
Meglio forse non tirare troppo la corda, limitandosi a un sano comportamento
tradizionale possibilmente corroborato da un convinto impegno etico.