DAL LINGOTTO ALL'AMA-ZONAS. L'Etica in teoria e in pratica
Siamo ventisette
seduti attorno all’immensa tavola rotonda della Bolla del Lingotto, una
grande sfera di cristallo di 14 metri di diametro posata sul tetto dell’ex-fabbrica
torinese di automobili. Isolati dal resto del mondo per discutere di etica negli
affari, cioè di quanto sia difficile essere orientati al profitto e al
tempo stesso dimostrare senso di responsabilità sociale. (Vedi www.assoetica.it)
Per non rifugiarsi nel comodo alibi fornito dai codici di comportamento che
ormai ogni azienda si è dato, ho mirato alto, all’autorità
ecclesiastica. Alla sapienza e alla millenaria pratica di speculazione mentale
dei Gesuiti formatisi all’Università Gregoriana, i quali mi hanno
chiarito subito che non basta fare delle cose buone come la beneficenza per
potersi definire etici. Così si allontanano e si ridimensionano brutalmente
le benemerenze di chi è attento all’ambiente, fa i bilanci sociali,
promuove il commercio responsabile e consapevole, per andare dritto al cuore
del problema. Cioè al cuore di ciascuno di noi che per comportarsi in
modo etico deve prima avere una Coscienza, una consapevolezza etica.
Il difficile sta qui ovviamente e i relatori si confrontano: se il digital divide
condanna al sottosviluppo miliardi di individui che non hanno accesso alle tecnologie,
è etico cercare di vender loro il software o non si deve piuttosto dar
loro il software gratuitamente? Ma, controbatte un gigante mondiale dell’informatica,
se non si pagasse il software, chi metterebbe i soldi per la ricerca e lo sviluppo
e la produzione? Non e’ forse buono ed etico produrre posti di lavoro
e ricchezza? Max Weber e Calvino insistono sulla legittimità e sull’etica
del profitto, che non necessariamente è un “approfittamento”
del prossimo.
Incominciamo allora, sostiene un certificatore di qualità, a dare un
rating etico alle aziende, assumendo come parametro i codici di comportamento
di un ente sovranazionale come ad esempio le Nazioni Unite. In questo modo stabiliamo
una vera e propria classifica alla quale il pubblico può fare riferimento
quando si vogliano comprare azioni o fondi o presentare una domanda di assunzione,
e l’imprenditore dovrà per forza tenerne conto… Ma, obiettano
i Gesuiti, con quale criterio possiamo definire etiche le norme, alle quali
allora basterebbe attenersi acriticamente per sentirsi a posto con la coscienza
e con la società, senza magari condividerle, o peggio senza metterle
nemmeno in discussione? Magari in nome dell’imperativo superiore dell’Efficienza?
Abbiamo già visto dove questa ossessione possa condurre l’uomo…
Sto volando sopra la foresta amazzonica e poco dopo il mio aereo atterra a Manaus.
Mi aspetta una delegazione del Sobrae, un’agenzia governativa brasiliana
che si occupa dello sviluppo economico delle sconfinate regioni del continente
sudamericano. Ci sono più di 40° nonostante la stagione estiva debba
ancora arrivare nella sua pienezza e corro in hotel a cambiarmi per essere pronto
alla prevista escursione nella foresta. Il fuoristrada ci porta per oltre duecento
chilometri verso Nord, su una strada dove l’asfalto combatte con un certo
successo l’assalto della terra rossa. Gli alberi a questa longitudine
non sono enormi ma fittissimi, rendendo praticamente impossibile all’uomo
penetrare per più di un paio di metri all’interno. Il sole non
riesce a farsi strada nell’intrico di liane strangolatrici e il terreno
è acquitrinoso quasi ovunque.
Di tanto in tanto, c’è una radura con la staccionata a proteggere
simbolicamente una fazenda. Non è raro che i proprietari abbiano un piccolo
aereo e che usino la strada come pista di atterraggio di casa, approfittando
del traffico inesistente.
… essere etici conviene, dicono quelli rimasti nella Bolla, e lo dimostra
il fatto che la gente preferisce le aziende etiche. Qualcuno ricorda il caso
della Merck, la casa farmaceutica che nell’immediato dopoguerra decise
di distribuire gratuitamente il suo vaccino anti TBC alla popolazione giapponese
devastata dall’epidemia. Ebbene, a distanza di mezzo secolo i prodotti
Merck sono ancora i più venduti in Giappone, che da cinquant’anni
dimostra concretamente la sua riconoscenza e non ha dimenticato…
Il gippone arriva in un villaggio di qualche centinaio di case dove Sobrae ha
programmato la visita ad alcuni artigiani del legno. Lo scopo è quello
di vederli al lavoro nel loro ambiente, valutarne le attrezzature e le capacità
di produzione per dare poi utili suggerimenti per la commercializzazione e la
vendita dei manufatti.
Sono baracche di lamiera senza pareti e senza pavimento, con pochi utensili
per tagliare e fresare il legno. Tutto si fa a mano in una dimensione in cui
il tempo non ha rilevanza, e gli oggetti di legno massiccio sono talmente pesanti
da essere praticamente intrasportabili.
… dunque essere etici conviene? chiede il giornalista seduto due posti
alla mia destra, mentre la Bolla s’arricchisce del colore del sole che
si alza dalla collina torinese. Oscar Wilde, gli rispondo, nella sua Decadenza
della Menzogna sostiene che “chi non dice la verità prima o poi
viene scoperto”. Oggi viviamo in un sistema globale e tecnologico dove
è sempre più difficile conservare i segreti, tanto vale scegliere
la via della trasparenza…
Quattro visite e una colazione sotto gli alberi vicino a un bel corso d’acqua
con piccole rapide, in compagnia dei “marcineros” con i quali rispolvero
il mio portoghese, sono più che sufficienti per inquadrare la situazione
e così durante il viaggio di ritorno capisco di dover cambiare il mio
intervento di domani al seminario di Manaus. Altro che suggerimenti di marketing
per vendere in Europa, qui bisogna aiutarli a produrre. La situazione è
di una semplicità disperata.
Il mercato del legname è nelle mani di pochissime multinazionali che
tagliano (e reimplantano) milioni di metri cubi di alberi, li fanno essiccare,
li fanno certificare (da due agenzie autorizzate a farlo, una messicana ed una
svizzera) e finalmente li immettono sul mercato. Mentre i locali (i marcineros
appunto) non hanno gli essicatori, non possono permettersi di far certificare
il legno e quindi non possono esportare. Debbono accontentarsi di tagliare gli
alberi dietro casa e di lavorarli freschi di taglio, così che ovviamente
dopo poco tempo il legno massiccio si ribella, si muove e si spacca. Un essicatore
è stato costruito, ma non collegato alla rete elettrica per cui è
inutilizzabile.
… un buon management deve cercare di ottenere condivisione ed allineamento
non attorno alle verità assolute, ma a visioni plausibili. Dovrà
cercare consenso, non deferenza, non sudditanza, non piaggeria. Morin osservava
che “qui al Nord non c’è più il tempo della riflessione
e della meditazione… quando l’uomo ha voluto dominare il pianeta
è arrivato il disastro ecologico. Oggi bisogna puntare a un umanesimo
della modestia, della fragilità umana, della finitezza dell’uomo
ma che sia finalmente al servizio di tutti gli umani senza differenza di sesso,
razza e religione”.
Così quando viene il tempo del mio intervento al seminario di Manaus
mi rivolgo al più sveglio dei marcineros presenti e dico ”tu da
oggi sei il rappresentante ufficiale di tutti voi (oltre 250) artigiani del
legno e il tuo lavoro sarà quello di fare in modo che i governanti della
regione vi diano l’allacciamento elettrico e facciano funzionare gli essicatoi;
poi dovranno intervenire insieme con la Fondazione per farvi avere la certificazione
del legno e così potrete tagliare, essiccare, lavorare e vendere i vostri
prodotti. Noi in Italia cercheremo di fare la nostra parte, e se possibile vi
faremo avere un paio di macchine a controllo numerico per farvi fare non solo
produzione ma formazione nella vostra Università”.
Ritorno nella Sala Bolla in tempo per la chiosa finale:
… l’Europa che auspica Edgar Morin dev’essere all’avanguardia
nella solidarietà, che valorizzi il singolo individuo e i modi in cui
la persona si sviluppa e cambia nel tempo…
Un’Europa, Unita in questo modo, può tendere la mano anche all’Amazzonia.