IL SACRIFICIO DI PARMA
Facciamo
il calcolo dei costi.
Circa 30mila miliardi di vecchie lire sfumate nel nulla, quasi 40mila
dipendenti a rischio di impiego e più di 100mila risparmiatori
derubati dei loro soldi dalle borse mondiali.
Un crack finanziario superiore, rispetto al Pil, a quello di Enron e
Worldcom messi insieme, e un disastro sociale impossibile da quantificare
se non in chiave storica.
I revisori travolti dall’incompetenza se non dalla connivenza,
le banche puntualmente attente a scaricare il danno sull’incauto
risparmiatore, non a caso definito collettivamente parco buoi, mettendogli
–più che lasciandogli- il cerino acceso in mano;gli imprenditori
che dichiarano d’improvviso che occorre rivedere il sistema e
l’attribuzione delle responsabilità, e i politici che se
le palleggiano.
Siamo davanti a una delle più brutali e fulminanti diversificazioni
della storia imprenditoriale; Parmalat ha messo da parte latte burro
e formaggini e ha spedito in diretta un warning in lingua universale,
forte e chiaro a tutti: questi giochi, che tutti conoscono e molti praticano,
non vanno più bene, meglio evitare. Chi lo fa si brucia, va in
galera, deve restituire il peculio –certo, quello che resta-,
rovina se stesso e famiglia per qualche generazione, magari si becca
pure la scomunica.
Eppure, ci sono anche dei valori.
Anche se non voluto, c’è il sacrificio, non l’olocausto.
Tentiamo il calcolo dell’attivo.
Una buona parte dei 30mila miliardi verrà recuperata con le dismissioni
di brand prestigiose e affermate su mercati mondiali. E c’è
il core business che, forte della tradizione, continuerà. Anzi,
potrà consolidarsi alleggerito delle tante diversificazioni malconosciute
e peggio praticate.
Poi c’è la revisione della produzione, non più basata
–grazie al maggior controllo sociale- sui famigerati alleggerimenti
ma su una vera riorganizzazione e ottimizzazione dei processi. Un valore
aggiunto, anche in termini di maggiore competitività sui mercati.
Dobbiamo aggiungere la bonifica tecnica dei sistemi di controllo, che
difficilmente potranno essere ammaestrati e condizionati come s’è
potuto fino ad ora. I sindaci aziendali dovranno resistere e sapersi
opporre alle pressioni indecenti, o illecite, della proprietà
o del CdA; le società di revisione per non sparire nelle carceri
e dal mercato dovranno rassegnarsi –quelle che ne sono capaci-
a fare il proprio mestiere super partes o meglio dalla parte del mercato,
per un periodo di tempo congruo ma non procrastinabile a piacere. Quando
potrà contare nuovamente sulla trasparente oggettività
di questi consulenti, il mercato segnerà un bel valore in attivo.
C’è il ravvedimento delle banche, indotte dalla comunità
a rimborsare i danni per consigli inesperti o troppo esperti ai clienti
indotti ad acquisti incauti. Il recupero di credibilità della
banca nel ruolo di consigliere finanziario del cittadino coprirebbe,
da solo, i costi del dissesto parmense. E c’è l’espiazione
della Consob di peccati non veniali –gola? accidia? peggio?- che
costituisce un altro consistente valore da portare nell’attivo
del nostro improvvisato bilancio sociale, cui fa seguito l’inevitabile
risveglio della Banca d’Italia dalla prolungata siesta mediterranea
in cui pare essere sprofondata in tema di indagine sapiente e controllo
competente del comportamento delle sue spregiudicate sorelline minori
e cugine straniere.
Porteranno il loro contributo anche gli imprenditori, perché
il parco buoi quando scappa ci mette sempre più tempo a tornare
alla stalla, e senza carne non si fa brodo né pietanza. Quanto
può valere il loro maggior senso di responsabilità? Stiamo
bassi, diciamo un modesto 1% del nostro Pil?
Possiamo, spero, aggiungere il valore della lezione impartita dalla
combriccola del latticino al nostro Quarto Potere, specializzato e non,
che adesso scaglia fulmini ma appena un mese fa non sapeva e taceva,
o magari sapeva e non diceva.
Insomma, un bel corso di formazione full immersion, multimediale e sì,
pure globale. Calcolo solo i primi trenta giorni e stimo una massa di
comunicazione –critica, e in questo senso positiva- di 1 milione
di euro.
E c’è l’irrompere dell’etica, del bisogno di
solidarietà e correttezza in tutta la sua splendente impotenza,
una salutare iniezione di adrenalina, capace di oscurare per qualche
tempo persino il calcio. Tanto che, uscito dalla porta è riuscito
a rientrare dalla finestra del Parma Calcio, coinvolgendo in questo
modo persino gli ultras! Un altro miracolo di cui possiamo ringraziare
i lattai di Collecchio, di valore incalcolabile.
Il sacrificio di Parma ha dato a tutto il mondo, buoni e cattivi e indifferenti
un colossale momento di coscienza sul quale meditare, correggere, perseverare,
rifondare, sperare.
Il tutto al modico prezzo di una –una- manovra finanziaria del
nostro Paese. Dobbiamo riconoscere che si tratta di uno scotto piuttosto
modesto da pagare per un potenziale risveglio planetario. Coraggio Italia,
riesci a essere scandalosamente ingegnosa anche nello scandalo, capace
di trasformare un olocausto finanziario in un salutare sacrificio etico.