GLI ESUBERI IN AZIENDA. PENSIERI UN PO' CONFUSI CIRCA UN ARGOMENTO DI ATTUALITA'
di Paolo Caglieris
1. Premessa
Credo che sia doveroso presentarmi, prima di cimentarmi a trattare un argomento
particolarmente difficile, per tutte le variabili di cui bisogna tener conto
e della concezione che ciascuno di noi, specialmente se organizzatori D.O.C.,
ha sviluppato negli anni di lunga o breve militanza, vuoi come consulente, vuoi
come dipendente. Naturalmente, mi aspetto a fine trattazione, di essere lapidato,
anche dai pochi amici che mi sono rimasti.
Comunque, ho trascorso la mia prima giovinezza in Montedison prevalentemente
nella Divisione Petrolchimica, occupandomi di magazzini e manutenzione (Material
Manager) in Italia ed all’Estero. Successivamente come capita soltanto
da militare o nelle grandi aziende, alla domanda : “Cosa ne sa lei di
Personale” e la relativa risposta: “assolutamente nulla”,
fui spedito a ricoprire la carica di Responsabile del Personale nell’Area
Nord Ovest (sede Torino) della STANDA, che allora faceva parte del Gruppo. Non
era una responsabilità da poco, considerando che da me e soltanto da
me, dipendevano i destini di 3500 persone, in quanto il Responsabile di Area,
commerciale puro e di vecchio stampo (per intenderci era rimasto alle assunzioni
delle commesse baste sul “tira su la gonna”!), non voleva nemmeno
sentire parlare di Relazioni Industriali (siamo negli anni ’70), ovvero
delle mie magnifiche e moderne teorie sulla Gestione del Personale, imparate
in fretta e furia ed in modo raccogliticcio, su libri che mi ero acquistato.
Se poi azzardavo solo a parlare di Formazione venivo considerato un “minus
habens”.
Tuttavia, questa situazione, mi permetteva di fare quello che volevo, senza
rendere conto a nessuno e ciò aveva i suoi vantaggi. Finalmente il grande
salto, la mitica FIAT mi assume come Responsabile di Organizzazione di una nuova
attività, che ancora non esiste: la FIAT-Allis Macchine Movimento Terra
Europa. Tutto da costruire, organico, stabilimenti, sedi, sistema informativo,
ecc. Credo che per un appassionato di organizzazione, quale io sono, sia un
esperienza irripetibile ed unica nella vita (mi sbagliavo, ma allora non lo
sapevo),. Inoltre, viaggi e soggiorni nell’Eldorado: gli Stati Uniti.
Ma ogni bel sogno ha una sua fine. I miei amici maligni dicono che ho un brutto
carattere, perché ho la pessima abitudine di parlare, professionalmente
s’intende, nei momenti sbagliati. Pare sia un momento sbagliato spiegare
ad un Amministratore Delegato, in un comitato di Alta Direzione, che le sue
idee siano completamente fuori luogo, date le potenzialità dell’azienda
appena nata, ovviamente documentando gli errori punto per punto, per poi far
degenerare la discussione a livello di osteria, ad una gara di insulti che farebbero
arrossire la benemerita categoria degli scaricatori di porto. Naturalmente,
detti immediatamente le dimissioni la sera stessa e con mia grande sorpresa,
fui convocato al mattino seguente in FIAT Enti Centrali, dove mi fu offerta
la responsabilità dell’EDP, del Personale e dell’Organizzazione
della Weber (componentistica) a Bologna.
Troppo orgoglioso (adesso direi orgoglione), per accettare un “promuoveatur
ut amoveatur”, mantenni ferma la mia decisione di dimettermi e approdai
alla Toro Assicurazioni, per ritrovarmi qualche tempo dopo ancora sotto l’egida
FIAT. Poiché, come pare evidente, la mentalità del management
FIAT non andava d’accordo con la mia concezione di management, approdai
nel Gruppo Fondiaria e precisamente alla Milano Assicurazioni, come Responsabile
di Organizzazione, con digressione sul Personale (sistema premiante, budget
organici ecc.), e lavori vari di organizzazione sulle compagnie del Gruppo in
Italia ed all’Estero. Sempre per il mio brutto carattere, in un comitato
di Direzione, osai contraddire (sempre in modo gentile e documentato), sua maestà
il Direttore Generale, il Responsabile del Personale ed il Direttore Tecnico
Persone, spiegando loro come fossero fuori dalla realtà aziendale. Non
venni licenziato, ma iniziò per me una fase di mobbing morbido (purtroppo
dovevo ancora partecipare al comitato di direzione), in quanto Responsabile
del Coordinamento del Sistema Informativo di Gruppo, in fase di realizzazione
e di installazione. Poi venne Gavazzi, che realizzò esattamente, quanto
io stesso, in un momento di depressione, avevo immaginato di realizzare. Nelle
mie farneticazioni avendo come controparte un collaboratore particolarmente
ricettivo dal punto di vista organizzativo, fingendo di essere l’Amministratore
Delegato, avevo creato il medesimo disegno strategico di Gavazzi, due anni prima
della sua venuta, con differenze marginali. La conclusione della storia è
semplice: sono diventato finalmente un esubero.
2. Alcune riflessioni sulla mia vita lavorativa.
Da quanto si può evincere dal mio curriculum, penso di essere una specie
di “kamikaze” aziendale. I motivi di questa situazione sono molteplici,
tuttavia io ho sempre creduto (chiaramente sbagliando) che:
A) Gli interessi dell’azienda sono prioritari rispetto agli interessi personali,
B) La professionalità ha la precedenza su tutto, anche di fronte a superiori che non vogliono avvalersene, o peggio si sentono toccati nel vivo, se qualcun altro cerca di fargli capire che intraprendere certe strade è sbagliato e deleterio per l’azienda.
C) Preferisco mille volte un collaboratore che mi dimostri la mia incapacità, dicendomelo in faccia ed anche in presenza di altre persone, piuttosto di uno “yes man” che critichi alle spalle.
D) Non mi sono mai pentito del mio brutto carattere, né ho mai recriminato sulle conseguenze negative che ne sono conseguite, sia a livello di carriera, sia di salute personale (depressione).
Per entrare in argomento, io sono
sempre stato un cacciatore di esuberi, credendo che il taglio del personale
fosse il fine ultimo di una buona organizzazione. La mia regola era costi/risultati.
Dove per risultati vi dovevano essere necessariamente gli esuberi. Il costo
del personale mi ha sempre dato un fastidio fisico. In ogni azienda in cui sono
stato, bene o male sono riuscito ad influire in modo significativo su tale costo,
provandone a volte anche un piacere fisico (uno psichiatra sarebbe felice di
analizzarne le cause).
Tuttavia, la vecchiaia incombente, il tempo a disposizione per pensare alla
propria vita (è triste fare i bilanci perché alla fin fine ci
si ritrova sempre perdenti) e soprattutto per riflettere sul passato lavorativo,
influenzato forse dalle vicende attuali FIAT (che indirettamente mi danno ragione
sulle concezione del loro management), mi hanno fatto nascere il sospetto che
sugli esuberi avevo torto marcio. Quantomeno, ero una vittima inconsapevole
di errori altrui, di strategie sbagliate, di momenti storici dell’azienda
che successivamente hanno causato degli effetti deleteri ecc.
Ma soprattutto, la tecnologia che cambiava così profondamente il mondo
del lavoro, introdotta brutalmente, a volte senza lasciare il tempo di assimilarla,
gli addetti lasciati il più delle volte in perfetto abbandono. Intendiamoci
subito, tutti diranno non è vero, li abbiamo formati, gli siamo stati
vicini sino ad avere la ragionevole certezza che il nuovo fosse assimilato.
E’ un’affermazione del tutto falsa, superficialmente era così,
ma psicologicamente nessuno si è mai preoccupato di capire se le risorse
erano pronte a subire una rivoluzione (poiché di questo si trattava),
che di punto in bianco sconvolgeva la vita di un settore composto da vari uffici,
stravolgendo rapporti interpersonali, rovinando gruppi di lavoro che si erano
spontaneamente creati, eliminando la solidarietà consolidata da anni,
creando assurde competizioni per un livello in più (poche lire all’anno).
Vorrei essere chiaro: molte volte ciò è salutare, ma se la cosa
viene reiterata nel tempo, quando l’incertezza diventa la regola di vita,
bisogna essere sicuri che il personale sia preparato ad assimilare il concetto
e soprattutto metabolizzarlo.
In ogni caso vorrei sfatare un mito: è falso che le tecnologie eliminino
posti di lavoro, se mai eliminano attività ripetitive, noiose e poco
professionali, liberando risorse che potrebbero essere riutilizzate in altri
settori. E’ falso che gli errori di pianificazione marketing, determinino
degli esuberi perché il prodotto non si vende. Se avessimo una legislazione
del lavoro come quella statunitense ad esempio, non vi sarebbe bisogno di marchingegni
detti “ammortizzatori sociali”, poiché gli esuberi verrebbero
riassorbiti nel tempo nel mondo del lavoro.
Vi inviterei a riflettere sul significato etimologico della parola “risorsa”.
Quando ci riferiamo ad una risorsa tecnologica (computer, macchinari di produzione
e quant’altro di simile o di similare) la cosa ci è chiara, in
quanto un’azienda investe per produrre meglio, in minor tempo, incrementando
il numero dei pezzi prodotti, ottimizzando il rapporto qualità e prezzo.
La questione cambia quando parliamo di risorsa umana, La risorsa umana dovrebbe
essere parte integrante di questo processo.Quindi anche la risorsa umana diventa
un investimento per l’azienda. Pensiamo soltanto ai costi di formazione,
alle promozioni, alla gestione in genere di una risorsa. Quindi quando parliamo
di esuberi, pensiamo, se volete in termini pragmatici, che il più delle
volte eliminiamo delle persone che valgono quanto un tornio seminuovo. Perché
con esse eliminiamo un patrimonio aziendale di esperienza, di conoscenza, di
rapporto inestimabile.
E’ vero che nessuno è indispensabile, ma io ho sempre notato che
eliminando certe persone, poste in settori chiave dell’azienda, che erano
veramente i focal point del settore stesso, l’aspetto trainante di gruppi
di lavoro meramente esecutivi, per qualche mese il settore interessato perdeva
forza, per poi riprendersi gradualmente quando veniva trovato un nuovo leader.
Potrei citare migliaia di questi casi o portare altri esempi di quanto sia deleteria
la politica degli esuberi, ma preferisco sottoporre alla vostra attenzione una
proposta che non sarà attuabile, ma su cui mi piacerebbe discutere.
a) Eliminazione della dicitura “assunzione a tempo indeterminato”
ma assunzione a tempo determinato (per esempio tre anni) tacitamente rinnovabili
da entrambe le parti con eventuale ridiscussione del contratto (per l’organico
di funzionamento).
b) Eliminazione dei contratti di settore (perché un assicurativo o un bancario devono avere più agevolazioni di un commerciale o di un metalmeccanico ?).
c) Eliminazione delle miriadi di categorie esistenti nei contratti (tre categorie: impiegati-operai equiparati, quadri, dirigenti).
d) Libertà di licenziamento da parte delle aziende per scarso rendimento che deve essere provato davanti al pretore del lavoro.
e) Stipula del contratto di lavoro ad personam, eliminazione degli scatti di anzianità, aumenti di stipendio trattati dal lavoratore stesso, nel momento dell’assunzione o nel momento del rinnovo del contratto.
f) Libertà di assunzione in ogni momento di personale a termine, quando vi è necessità di incrementare la produzione o quant’altro oppure possibilità di appaltare a Centri Servizi o ad Imprese Esterne anche intere attività dell’azienda (ad esempio l’IT).
g) Selezione del personale rigorosa effettuata da veri specialisti affiancati da uno psicologo.
h) Attenzione nella scelta dei dirigenti, poiché troppe volte ho assistito all’assunzione di dirigenti eliminati da un’azienda perché incapaci, assunti da un’altra dove hanno dimostrato altrettanta incapacità.
i) Creazione da parte di tutte le aziende di un fondo di solidarietà per finanziare un’indennità di disoccupazione regolamentata.
j) Stipendio “lordo” interamente versato al lavoratore che deve: pagare le proprie tasse, la propria pensione, la propria sanità, salvo accordi diversi al momento dell’assunzione.
k) Salario di ingresso per i neo assunti della durata di un anno (periodo di apprendistato) uguale per tutti, laureati compresi.
l) Sbarramento alla dirigenza ai non laureati.
m) Immediato licenziamento per i dirigenti incapaci, con lettera in cui si mettono in chiaro le manchevolezze, in modo tale che un’altra azienda non cada nel tranello di riassumerlo.
n) Minimi salariali fissati da sindacati e governo a livello regionale (credo che la vita a Milano sia più cara che a Matera).
Credo di avere lanciato il mio sasso in piccionaia, adesso mi aspetto le pietre di ritorno.