BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 04/10/1999

Management e Bibbia

Cinque riflessioni fondate sull’Antico Testamento

di Fernando Cova

1. Il paradosso della comunicazione
Oggi ci definiamo la società della comunicazione globale: la tecnologia ha reso possibile comunicare ovunque. Così anche dai luoghi più sperduti possiamo far sentire la nostra voce e trasmettere la nostra immagine. Nonostante ciò, l’uomo ha ancora grossi problemi nel comunicare con gli altri.Recenti studi hanno indicato la cattiva comunicazione come la principale causa di problemi di leadership e management. Per essere un buon leader è necessario essere un buon comunicatore.Il problema non è recente: quando Dio ordinò a Mosè di condurre i figli di Israele fuori dall’Egitto, Mosè rispose: ‘Mio Signore , io non sono un buon parlatore ...sono impacciato di bocca e di lingua’ ( Es. 4,10)Quando Dio chiamò Geremia ad essere un profeta di Israele, Geremia disse : ‘Ahimè, Signore e Dio, ecco io non so parlare’( Ger. 1,6 )Sentirsi inadeguati come comunicatori è un’esperienza comune alla maggior parte di noi, almeno qualche volta.La buona comunicazione sviluppa e mantiene il gruppo, lo motiva a raggiungere gli obiettivi prefissati.La comunicazione è la linfa vitale di un’organizzazione: senza di essa l’organizzazione stessa muore.La corretta comunicazione rivolta all’esterno crea immagine, simpatia, fama, notorietà, condivisione ed altro ancora.Saper comunicare e saper farsi ascoltare è una skill che tutti devono avere, indispensabile per i gestori di risorse umane.La costruzione della torre di Babele (Gn 11, 1-9 ) ci mostra come sia importante la comunicazione sia nelle imprese individuali, sia nelle organizzazioni: ‘Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole’ ( v. 1 )Dio osservò: ‘Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile’ (v.6 ).Il loro efficace sistema di comunicazione li aveva unificati sotto un obiettivo comune e li motivava ad agire: la comunicazione efficace è la base dell’innovazione, della creatività e della capacità di realizzazione del gruppo.Dio, non in accordo con il loro obiettivo, dimostra che per distruggere la produttività ed annullare il progetto doveva interrompere la comunicazione.’Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro’ (v.7 ).Distrutto il loro sistema di comunicazione, l’unità e la motivazione vennero meno ed il progetto fallì..

2. La risorsa più preziosa
I collaboratori rappresentano la risorsa più preziosa ma meno sfruttata di ogni organizzazione. Le persone hanno un potenziale creativo pressoché illimitato : essere innovativi e creativi e il prodotto naturale del processo di pensiero proprio dell’uomo.La creatività aziendale può essere definita come la realizzazione di qualcosa di nuovo o il riadattamento di qualcosa di vecchio.L’organizzazione che si focalizza sull’utilizzo della creatività dei collaboratori scoprirà soluzioni ai propri problemi, troverà nuovi ed efficaci modi di svolgere i propri compiti. Di conseguenza aumenterà la produttività e migliorerà il clima aziendale con il coinvolgimento, ottenendo spesso notevoli benefici in termini economici.Frequentemente le norme dell’organizzazione ostacolano un uso efficace della creatività. Quante volte abbiamo detto o ci siamo sentiti dire :- Non abbiamo mai fatto così prima d’ora!- Non corriamo rischi!- Non funzionerà mai!- I clienti non capiranno!Ricordiamoci che la creatività è differente da tutte le altre risorse aziendali: se non la si usa la si perde. I collaboratori che non vedono utilizzata la loro creatività spesso se ne vanno! Le persone infatti hanno bisogno di sentirsi necessarie e contribuire alle esigenze del proprio gruppo e della propria organizzazione.Già la Bibbia –circa 4000 anni fa– ha detto degli uomini ‘Quanto avranno in progetto di fare, non sarà loro impossibile’ ( Gn 11,6 ), ovvero affermava che l’uomo ha il potenziale di una creatività illimitata.
Suggerimento pratico

1 - Esaminiamo le nostre attività e verifichiamo se sappiamo gestire le idee, non solo le cose tangibili: bilanci, strutture, progetti.
2 - Redigiamo un elenco dei problemi attuali della nostra organizzazione e facciamo in modo di coinvolgere tutti i nostri collaboratori nella ricerca di possibili soluzioni.
3 - Facciamoci suggerire dai nostri collaboratori modi migliori per svolgere certi compiti e mettiamo in pratica queste indicazioni.
4 - Chiediamo ai collaboratori di identificare le tradizioni dell’organizzazione che stanno ostacolando l’impiego della creatività. Collaboriamo per capire cosa va fatto per eliminare questo problema.
5 - Diamo fiducia alle idee dei nostri collaboratori e mettiamole in atto!

3. Conflitto aziendale

Ogni Manager, prima o poi, si trova coinvolto in qualche forma di conflitto aziendale, direttamente o indirettamente .Il conflitto può essere definito come una opposizione aperta e ostile che si verifica a causa di punti di vista divergenti, ma se non esiste ostilità, non può essere considerato conflitto, bensì disaccordo. I conflitti derivano dai nostri pensieri, desideri e passioni egoistici: l’enfasi è sempre sull’io. Ci concentriamo su io, mio... le mie idee, i miei diritti , i miei sentimenti…L’obiettivo è troppo spesso quello di imporre agli altri le nostre idee, le nostre convinzioni, i nostri desideri e le nostre opinioni.Il conflitto produce sempre risultati negativi per gli individui e le organizzazioni. Ci spinge a inventare ed ingigantire i difetti e le debolezze altrui, crea divisioni all’interno di un gruppo o di una organizzazione, ci obbliga a spendere energie e sforzi in attività non produttive.Ci sono svariate maniere di affrontare un conflitto:- battere in ritirata o adottare sistematicamente la tecnica dei rinvii,- attirare l’attenzione su questioni minori ed evitare la reale fonte del conflitto (‘speriamo che capisca!’)

- concentrarsi su questioni secondarie che in verità non hanno nulla a che fare con il problema. L’unica maniera corretta di risolvere il conflitto sta nell’affrontarlo direttamente, identificando i problemi reali, cercando di superarli per giungere ad una conclusione soddisfacente. L’approccio assertivo ci aiuta a gestire questo delicato momento. Per gestire un conflitto è infatti necessario :
- disporre di dati e fatti e non agire in base ad ipotesi: già la Bibbia ci insegna ‘un solo testimone non avrà valore contro alcuno... il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o tre testimoni’ (Dt 19,15 );
- cercare di risolvere, in prima battuta, il problema privatamente con le sole persone coinvolte: ‘discuti la tua causa con il tuo vicino, ma non rivelare il segreto altrui; altrimenti chi ti ascolta ti biasimerebbe, e il tuo discredito sarebbe irreparabile’ ( Pro 25, 9 ).
- se non si risolve nulla, cerchiamo un’assistenza esterna e neutrale: ‘se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni’ ( Mt 18,19 ).La questione tempo è essenziale. Risolviamo i conflitti rapidamente; prendiamo l’iniziativa di confrontarci con gli interessati, non aspettiamo che siano loro a venire da noi. Infine ricordiamo che dobbiamo dominare le nostre emozioni perché più ostilità mostriamo, più la controparte diventerà arrabbiata ed ostile.

4. Perché non vogliamo motivare i nostri collaboratori ?
La motivazione assume sempre più un ruolo significativo nel determinare il livello di rendimento dei collaboratori.Le persone spesso perseguono l’obiettivo di raggiungere la padronanza del proprio lavoro e quello della crescita professionale, per costoro, ottenere un feedback concreto sul fatto che stiano procedendo correttamente, è più importante di un premio in denaro.Nella realtà odierna, poi, i premi in denaro, se non inseriti in una precisa scheda di valutazione delle prestazioni, non sono più applicabili e, anche se lo fossero, si ridurrebbero ad una erogazione annuale. Oggi invece dobbiamo e possiamo motivare i nostri collaboratori quotidianamente!Come? Dando forme di riconoscimento (strokes, ‘carezze’) ogni volta che ne abbiamo l’opportunità.Spesso, durante interventi in aziende, mi viene detto: ‘Vorrei che almeno una volta qualcuno mi dicesse come sto andando, cosa ne pensa l’azienda di me. Lavoro da tempo, qui, ed ancora non so se sto operando bene o male’.Il primo stadio è quello di interessarsi ai propri collaboratori con atteggiamenti non stereotipati, ma ‘umani’.Le occasioni non mancano:- ad ogni lavoro concluso nei termini stabiliti in modo perfetto: non solo ‘Grazie’, ma ‘Mi compiaccio che tu abbia rispettato i tempi ed il risultato sia quello programmato’.- ad ogni vendita significativa: ‘Sono felice che tu veda premiati i tuoi sforzi per un risultato a cui tutti noi tenevamo molto’.
- quando riceviamo giudizi positivi da terzi sui collaboratori: ‘Sono orgoglioso di comunicarvi che il cliente XY ha espresso , in termini lusinghieri, la sua soddisfazione su come avete risolto il suo problema tecnico in un momento critico per lui’. e poi abbiamo altre occasioni:
- durante la fase di inserimento
- durante la valutazione periodica
- alla partenza ed al ritorno dalle ferie
- nelle varie fasi della vita privata
- quando notiamo un nuovo abito, una nuova pettinatura
- quando sappiamo di acquisti personali importanti ( nuova casa, nuova auto )
- congratularsi per la carriera scolastica dei figli
- quando il collaboratore ottiene dei successi nei suoi hobby .....A proposito, conoscete la data di nascita della vostra assistente/segretaria? NO? Come farete a farle gli auguri?

5. Perché i manager non delegano?
Spesso nelle aziende sentiamo, dai manager, ragioni e scuse sulla mancata delega ai propri collaboratori; tra le più comuni risposte abbiamo:
1 ‘Il lavoro non sarebbe fatto come lo farei io!’.
2 ‘Ai miei collaboratori manca la preparazione necessaria per eseguire il compito.
’3 ‘Mi piace svolgere questo lavoro, per questo non lo voglio delegare.

’1 ‘Il lavoro non sarebbe fatto come lo farei io! ’Ha ragione: infatti non esistono due persone che fanno le cose esattamente nello stesso modo; così facendo il manager si pone come modello di prestazione in base al quale valutare qualsiasi compito. Se delegasse , si renderebbe conto che il collaboratore non solo esegue il lavoro in maniera diversa, ma che spesso lo fa meglio! Una cosa è certa: evitando di delegare è assodato che l’organizzazione non realizzerà niente di più di ciò che lui personalmente può pianificare, pensare, creare e produrre.

2 ‘Ai miei collaboratori manca la preparazione necessaria per eseguire il compito. ’È una scusa paradossale: perché il leader ammette il proprio fallimento come manager e come formatore di persone, infatti uno degli obiettivi di un capo è quello della crescita dei propri collaboratori!

3 ‘Mi piace svolgere questo lavoro, per questo non lo voglio delegare. ’È un problema comune soprattutto tra coloro che hanno fatto carriera ‘all’interno dell’organizzazione’; un tempo svolgevano il lavoro che ora spetterebbe ai collaboratori; tendono perciò a gravitare attorno a ciò che per loro è familiare e tranquillizzate. È il problema maggiore per i neo-promossi e per i manager insicuri!Il problema della delega non è recente, già nella Bibbia ( Esodo 18 , 13 - 26 ) è affrontato e risolto in modo brillante. Ecco i passi più significativi del dialogo tra Mosè e il suocero Ietro:
’Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina alla sera.Ietro chiese a Mosè: ‘Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?’’Io giudico le vertenze tra l’uno e l’altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi’, rispose Mosè.‘Non va bene quello che fai. Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo. Sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità; a loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza, quando ci sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudichino ogni affare minore.Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te.’

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