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dazienda
di Mauro
de Martini
Il contenuto
Come si conosce lazienda? Le porte daccesso alla conoscenza sono tantissime e si aprono su sentieri diversi: percorsi strutturati, itinerari appena tracciati o strade maestre ricche di indicazioni, dati e istruzioni per luso. Inoltre, come in ogni cammino di conoscenza, ci sono anche differenti atteggiamenti interiori che caratterizzano laccostamento ai nuovi mondi. Citando una metafora resa nota dal film "Il tè nel deserto" di Bernardo Bertolucci, diciamo che esistono due fondamentali modi di mettersi in viaggio, e sono rappresentati da due figure: il turista e il viaggiatore. "Il turista è quello che pensa al ritorno a casa fin dal momento in cui arriva, laddove il viaggiatore può anche non tornare affatto" 1. Il libro di Giulio Sapelli, Persona e impresa, Un caso di etnografia aziendale, Rubettino Editore, 1999 appartiene alla seconda categoria. È un viaggio allinterno dellazienda, attraverso il racconto della sua storia. Un itinerario tracciato dalle persone dellazienda, che narrano lintrecciarsi della propria vicenda personale con gli avvenimenti dellorganizzazione di cui hanno fatto parte. Ma è anche lesperienza personale di uno studioso che, da solo, si accosta alloggetto della propria ricerca, armato dei propri vissuti, del proprio bagaglio culturale, del proprio metodo, e della fiducia nella possibilità della scoperta:
Quando Ernesto De Martino partì, in "una mattina di giugno del 1959" alla volta del Salento, aveva al suo fianco, lui insigne storico delle religioni: uno psichiatra, unantropologa, un musicologo, un etnografo e unassistente sociale. Io ero solo nella Val di Susa e sono stato solo allorché ho scritto su questa mia esperienza dimpresa. [ ] Ma lo spleen della mia solitudine intellettuale mi ha lo stesso colpito. Una solitudine cui ho cercato di far fronte immergendomi ancor di più nel lavoro.2
Se si entra in libreria e si rovista tra i sacri testi di management, di economia aziendale e gestione delle risorse umane, alla ricerca di qualcosa di interessante, il libro si fa presto notare. Spicca per differenza di dimensione rispetto agli altri. Le proporzioni ridotte fanno pensare ad un saggio snello, di veloce lettura. Il titolo accattivante spinge a prenderlo tra le mani per vedere di cosa si tratta. Facendo scorrere rapidamente le pagine, ci si accorge invece che è piuttosto denso e concettoso, scritto piccolo, con un indice in cui la parola "razionalizzare/razionalizzazione" compare quattro volte. Oltre a ciò si incontrano ampi stralci dintervista, trascritti in corpo ancor più piccolo.
Apriamo il libro e leggiamo. Racconta la storia della Fof:
secondo una elementare regola etnografica, ho voluto chiamare lorganizzazione studiata "Ferro e oltre il ferro". Si tratta di unimpresa che da piccola diviene media, e che affronta sia la selezione del mercato e delle possibilità di reperire le risorse manageriali necessarie per una crescita fortemente sottoposta al controllo direzionale, sia la razionalizzazione produttiva e di sistema, dalla fabbricazione alle vendite, che si rende necessaria per superare felicemente quella selezione.3
Il filo della narrazione segue la storia della Fof. Lo schema di senso appare subito chiaro: il criterio con cui i dati sono raccolti e ordinati non è certo la sola cronaca della nascita e dello sviluppo di una piccola impresa italiana, ma lindividuazione di eventi personali che hanno determinato lorigine di una realtà produttiva, e contemporaneamente, la presa ad esempio degli elementi paradigmatici a sostegno di una lettura storica e una riflessione teorica di più ampio respiro sulla piccola e media impresa italiana.
Il centro di tali riflessioni è la persona e il rapporto tra persona e impresa. Potremmo dire meglio che la centralità è rappresentata dal rapporto tra persona e piccola impresa.
La piccola impresa non viene esplorata a partire dagli strumenti dindagine mutuati dallo studio della grande impresa, ma viene avvicinata partendo dalle peculiarità della piccola. E, come appare chiaro dalle prime pagine, è proprio dalla relazione tra le persone che si apprezzano le caratteristiche tipiche di un fenomeno che ha un valore determinante nellassetto economico del nostro Paese: il mondo della piccola impresa è un universo di persone portatrici di valori e di culture che convivono nellorganizzazione. Le relazioni qualificano lidentità della piccola impresa, ne condizionano le scelte economiche, ne controllano le scelte direzionali e le strategie operative:
È un mondo di valori, dunque, il mondo dellimpresa. È un assunto che si fa veritiero, questo, appena si comprende che senza lenergia vitale dei suoi componenti essa non avrebbe possibilità di differenziarsi e di distintamente operare nei mercati e nei confronti delle istituzioni. Questo è più vero nella piccola che nella grande impresa. Perché? La risposta è semplice: perché nella piccola impresa il sistema di direzione, controllo e regolazione dellimpresa è fondato sulle relazioni personali ascritte e codificate da comportamenti morali più di quanto non lo sia laddove la grande dimensione impone una via di sempre più profonda differenziazione sociale che spezza i legami immediati esistenti tra le persone. Dico relazioni ascritte, ossia preesistenti rispetto a colui che vi entra allorquando limpresa è già in vita ed ascritte anche rispetto ai fondatori medesimi, perché essi ripropongono nellimpresa i valori di cui sono portatori nelle associazioni intermedie in cui hanno avuto la loro socializzazione primaria e questo spiega il peso fortissimo che i valori della famiglia esercitano nel preformare quelli attivi nellimpresa. Questi valori sono definiti da passioni e da logiche affettive oltreché da logiche cognitive.4
Lanalisi del rapporto tra queste due polarità costituisce un punto essenziale del libro: lantitesi che nasce nella piccola impresa tra relazione, e quindi lelemento affettivo, e razionalità, lelemento cognitivo.
La descrizione della dialettica tra le due polarità si concentra su uno degli imprenditori che è stato a capo della Fof, portatore di un forte paradigma cognitivo e contemporaneamente immerso in un ambiente (di cui lui stesso è parte integrante e ne è influenzato) in cui la relazione permea ogni azione.
La logica cognitiva avrebbe voluto portare lazienda ad una razionalizzazione che con lo strutturarsi del sistema di ruoli avrebbe rappresentato la risposta a quelle che lautore chiama dinamiche esogene:
Quindi la spinta per linveramento della razionalizzazione viene sempre anche da una dinamica esogena: la concorrenza, limperativo di sopravvivere come impresa e come leader e come azionista, con le responsabilità morali che FP sente nei confronti della moglie e degli affini, azionisti anchessi. È tale dinamica che sincontra con un aspetto della personalità di FP, quella più governata da una logica cognitiva che da quella affettiva. Sono quindi due dinamiche, una esogena, una profondamente endogena che si amalgamano e si sovrappongono continuamente. Ma la dinamica endogena cognitiva è solo una parte della personalità dellimprenditore: la logica affettiva, infatti è laltra componente che sovradetermina il suo orientamento allazione. Ed essa è contraria in larga misura allinveramento pieno e totale della logica della razionalizzazione del sistema.5
La componente affettiva si oppone alla realizzazione e strutturazione della razionalizzazione dell'azienda, sia nellinstallazione di una struttura di ruoli sia nel coglimento e nella valorizzazione dei risultati positivi offerti dalla razionalizzazione stessa. La componente cognitiva, a propria volta, riemerge laddove i rapporti e le relazioni non sono capaci di reggere il confronto con il mercato, mettendo così a repentaglio la sopravvivenza dellazienda.
Il metodo
Al di là dei contenuti, non esauriti dalla nostra breve presentazione, e degli innumerevoli spunti di riflessione che il libro di Sapelli suscita, concentriamo lattenzione sulla modalità di indagine, il metodo di approccio allazienda o, per riprendere una metafora già usata, la "via percorsa" dallautore.
Tutti gli approfondimenti teorici prendono le mosse dalle interviste ai testimoni. Il linguaggio svolge una funzione fondamentale. Sono i testimoni che raccontano la loro esperienza: gli imprenditori succedutisi alla guida dellazienda, i collaboratori, i consulenti. E il linguaggio che i narratori usano per descrivere le proprie esperienze che appresta il terreno al pensiero.
Il ruolo del linguaggio è centrale perché nomina il mondo, luniverso di significati in cui gli uomini dazienda si muovono.
Un esempio particolarmente significativo è rappresentato proprio dal termine "razionalizzare". Razionale/razionalizzare viene usato dai testimoni in più di unintervista ed esprime un paradigma vivo nel contesto culturale dellimpresa. Anzi, il terzo capitolo del libro è dedicato alla razionalizzazione della produzione. Chi scorresse lindice senza aver letto le interviste scoprirebbe con sorpresa che, addirittura, cè un paragrafo dedicato a "razionalizzare gli uomini in fabbrica". Ciò a dimostrazione del forte legame esistente tra il linguaggio usato per descrivere il contenuto dei capitoli e per approfondire teoricamente le tematiche organizzative con le espressioni linguistiche dei narranti.
Il riferimento al linguaggio dei testimoni presuppone anche lapertura allignoto, a visioni della realtà che il ricercatore non conosce, non condivide o a cui, semplicemente, non ha pensato. Il linguaggio pertanto ricopre una funzione evocativa in cui concetti poco nitidi, ancora in uno stato nebuloso, si aggregano quasi spontaneamente per delineare nuovi concetti.
Sarebbe un errore, tuttavia, credere che la dimensione narrativa rappresenti la sola anima del libro. È evidente, anche ad una prima lettura, la doppia natura del testo: una forte presenza del linguaggio dei narranti, (infatti la trascrizione delle interviste occupa un ampio spazio) insieme ad una strutturazione saggistica, in cui i racconti sono raccolti, ordinati secondo uno schema scientifico consapevole e accompagnati sempre da approfondimenti, osservazioni e sottolineature.
Il libro mostra così unoscillazione tra formalizzazione e deformalizzazione. Dallazienda giungono gli echi di un tessuto sociale vivo e dallautore ci arriva lintenzione e la responsabilità di far emergere componenti concettuali confrontabili con altre realtà.
Loscillazione non si risolve e continua a generare interesse nel lettore. Le forme letterarie degli appunti e del diario (possiamo immaginare il ricercatore che entra in fabbrica, parla con le persone, annota le espressioni e il clima dei dialoghi) continuano ad essere presenti laddove è molto evidente la forma della monografia.
Ma proviamo a leggere lintroduzione per capire la scelta dellautore:
Lantropologia, così come letnografia, divengono strumenti essenziali per utilizzare quella straordinaria fonte per la ricerca che è costituita dalla narrazione e dallaffabulazione dei personaggi che hanno incrociato il loro ciclo di vita con quello dellimpresa. Le storie di lavoro e di vita, quando non si presentano come un tuttuno con limpresa e sfuggono così al fantasma dellidentità indifferenziata che non permette lelaborazione di consistenti mappe cognitive consentono di trarre dalla narrazione molto più che solo informazioni sulla fattualità degli avvenimenti passati, o di presentare modelli cognitivi e affettivi dei soggetti, secondo la specifica grammatica costitutiva della rimemorazione. Certo tutto questo è importante, ma non è lessenziale. Le storie di vita e di lavoro sono poste al crocevia, da un lato, con i materiali documentari sia pure esilmente utilizzabili, e dallaltro, con la cristallizzazione che si ha nella memoria e nellaffabulazione del rapporto tra il proprio Sé e quanto di esso è realizzato nellazienda, e dallaltro lato ancora, con quanto da questa cristallizzazione si può trarre per analizzare i motivi socio-analitici delle persone che in essa operano.
Per questo le "storie" consentono, con un plus cognitivo, di disvelare il segreto meccanismo costitutivo dellevoluzione o dellentropia dimpresa.6
Certamente le storie, il loro intrecciarsi con gli elementi documentari, il rapporto tra Sé ed azienda, costituiscono il centro della ricerca. Esiste, tuttavia, in uno strato ancor più profondo dellazione di ricerca, un elemento imprescindibile del metodo stesso, ossia lintenzionalità conoscitiva del ricercatore, manifestata nella richiesta di "raccontare lazienda".
Ciò che sembrerebbe la banale constatazione del punto di origine di un evento porta invece a due ulteriori considerazioni: la presupposizione di una descrizione solo parziale delloggetto e la sollecitazione perché si verifichi la rimemorazione espressa nel racconto.
Nel momento in cui il ricercatore chiede al testimone di raccontare si pone in una prospettiva costruttiva in cui il linguaggio dei narranti deve essere trascritto (e questo implica unopera di selezione determinante), poi ordinato, infine rappresentato come struttura di valori e credenze. Ciò comporta laccettazione del fatto che molto vada perso o non possa essere compreso.
Inoltre la richiesta di raccontare non si limita a sollecitare il ricordo, ma spinge il narrante ad associare idee e a valorizzare i contenuti della memoria attraverso il linguaggio che usa.
Queste osservazioni coinvolgono due aspetti che vogliamo sottolineare: la temporalità del racconto e la valorizzazione immaginativa dei materiali del ricordo.7
Nel caso della narrazione dellesperienza Fof convivono due dimensioni temporali: una temporalità determinata del racconto e una temporalità indeterminata.
Il racconto dei testimoni Fof si basa certamente su ricordi che affondano le proprie origini nel passato. I loro ricordi sono localizzabili, ovvero, ha senso che il lettore si domandi quando un certo evento si è verificato. Il racconto dei testimoni è così un "ritaglio nella Storia, un suo piccolo pezzo"8. Il racconto ha una propria determinazione temporale che è soggetta ad errori: sia il non ricordare bene cosa è avvenuto, sia il non ricordare bene a che punto del calendario si sia verificato un evento.
Però, del racconto, esiste anche un risvolto che non possiamo ricondurre ad una determinazione temporale precisa. Potremmo dire che ogni racconto, o ogni narrazione, e in particolare ogni narrazione dazienda, richiami la formula fiabesca del cera una volta. È lautore stesso che incoraggia questa interpretazione. Più volte Sapelli usa il termine "affabulazione", anzi si potrebbe dire che il termine "affabulazione" sia una parola chiave del testo. Levocazione della fabula e della morale della favola è evidente. Affabulare è raccontare qualcosa di un determinato oggetto rivestendolo del significato che ha per il narratore, ossia è un rappresentare. Si verifica così uno spostamento verso una temporalità indeterminata in cui il legame con il contesto storico rimane sullo sfondo per assumere il valore di "caso esemplare". Sbiadisce pertanto lurgenza di stabilire se ci troviamo dinanzi ad un errore di inquadramento temporale. Certo, ha ancora senso chiedere al narrante il contesto in cui si è determinato un certo evento, cosa si è verificato prima, cosa è successo nel frattempo, cosa è successo dopo. Tuttavia è altrettanto naturale chiedersi: cosa succede leggendo un racconto con latteggiamento di chi ascolta cera una volta unorganizzazione che ?
È proprio la dinamica di passaggio dalla temporalità determinata e contestuale alla temporalità indeterminata e acontestuale che anima il meccanismo di valorizzazione dei materiali del ricordo, fino alla concettualizzazione teorica e alluniversalizzazione dei risultati della ricerca.
Nel corso del racconto, il testimone associa il materiale del ricordo a parole ed espressioni. Le parole e le espressioni contengono immagini. Ossia il narrante usa un linguaggio che produce immagini: immagini della realtà che ricorda. Dà vita ad immagini dazienda. Ecco un esempio tratto dallintervista ad un consulente della Fof:
Abbiamo chiuso gli agenti e i due "agentoni" (P, assunto come direttore commerciale, PV responsabile per l'Emilia e altro). Era il '58-'59, creiamo una forza vendita, erano undici: penso a S, un buon progettista dotato di parlantina, gli ho fatto fare l'Italia 15 volte. AY faceva il progetto e Z girava le officine per cercare di capire i vantaggi in officina... Nostro prodotto tipico di alluminio: noi facevamo la [... ] per i prodotti in ferro, una squadretta. S verificava la [...] in officina e noi la miglioravamo, era un feed-back. Dove mi era nata questa esigenza? Dal Quarto Libro de La Repubblica di Platone: "Per fare una sella di cavallo, chi deve mettere la sua competenza: chi la fa o chi la usa?". Platone dice anche un'altra cosa: "Ma se quello che deve fare la sella fa solo ciò che gli dice di fare l'utilizzatore, tutto si appiattisce e non c'è innovazione: si adegua al senso comune"9.
Lunificazione tra il materiale del ricordo e le immagini che il narrante produce, valorizza il materiale del ricordo dando luogo a sintesi immaginative. Lautore commenta un lungo stralcio dintervista fatta ad un imprenditore della Fof:
Questo lungo brano dell'intervista concessami da FP è particolarmente significativo: nell'affabulazione del ricordo e nella rielaborazione critica della sua esperienza, l'imprenditore pone l'accento su tre aree significative dei suo mondo simbolico e sull'intersezione tra quest'ultimo e le pratiche sociali che hanno caratterizzato l'oggettivazione della sua personalità.
La prima è quella relativa al suo modello ideale, paradigmatico, di impresa, che produce in primo luogo reddito anziché fatturato od occupazione, con alta affidabilità tecnologica e di servizio, con una distintiva politica di prezzi che rafforza l'immagine di esclusività e differenziazione dei prodotti. Una scelta non esente da contrasti con i collaboratori più diretti, come lo stesso FP ci informa, tentati da una politica "di massa" che sconti sui prezzi le difficoltà di penetrazione sui mercati.
La seconda area significativa è quella dell'autoreferenzialità di questo modello (che diventa, non lo si dimentichi mai, pratica operativa) rispetto al mondo dei valori morali: è il dilemma etico della realizzazione in terra di un orizzonte cristiano oppure del perseguimento di un orizzonte tutto mondano, svincolato da riferimenti teologico-esistenziali che pongano in discussione l'agire imprenditoriale. Vi è un senso di colpa per le scelte assunte. Cercherò di comprendere la dinamica di supplenza caritativa che ciò provoca, ma ora non è d'uopo far questo discorso. Basti averlo accennato.
La terza area significativa è quella che io chiamo della "costellazione imprenditoriale", ossia dell'importanza assunta, per la vita dell'impresa e per la realizzazione cognitiva e affettiva dell'imprenditore, da talune figure di consulenti. Tali figure, con lui costruiscono nel tempo l'impresa e così facendo costruiscono e arricchiscono la personalità dell'imprenditore (e, come dirò, anche la propria).10
Le persone che hanno narrato lazienda Fof hanno dato vita a sintesi immaginative, valorizzando i materiali del ricordo. Cosa cambia? Si può dire che lazienda cambia, e la piccola impresa cambia, nel momento in cui questo trapassare di essere nel valore produce nuovi significati e nuovi comportamenti per lazienda stessa e per la piccola impresa in generale: le immagini dazienda cominciano ad avere un valore (al di là del narrante) se sono condivise e influenzano i modi di agire delle persone che vivono in azienda.
Tornando al motivo di questa breve digressione sul metodo, richiamiamo gli elementi distintivi di un percorso
conoscitivo che passa attraverso la narrazione.
Il narrare lazienda fa convivere il materiale del ricordo, nella sua vivezza e presenza esperienziale, con il valore generato dal racconto stesso. Le sintesi non assumono la forma della generalità teorica e della descrizione onnicomprensiva del fenomeno organizzativo, ma mantengono il legame forte con lesperienza narrata. Daltro canto, lesperienza narrata non ha più la dimensione disgregata di una giustapposizione di ricordi, ma produce sintesi che hanno un significato universale e condivisibile. La dialettica tra questi due elementi è centrale nellapproccio narrativo dellorganizzazione. Al lettore è lasciata la responsabilità di accostare lesperienza narrata (e quindi immaginata) allesperienza della propria organizzazione. Lautore peraltro rinuncia a fornire una classificazione a priori in cui il lettore si vedrebbe costretto a collocare la propria esperienza.
E la frase finale del saggio suona come un invito ad intraprendere il cammino di conoscenza dellazienda attraverso questa strada particolarmente difficile e rischiosa. Difficile perché richiede unazione di indagine continua, di continua ridiscussione dei contenuti e dei presupposti. Rischiosa perché prevede limmergersi sincero nel particolare senza sapere se si troverà lunità dietro la narrazione:
Ancora una volta il microcosmo diviene luniverso del particolare: alla luce dei temi che in esso si riflettono diventa un elemento fondamentale della comprensione di dinamiche e di processi evolutivi, della persona e dellimpresa, vasti e di grandi implicazioni per il futuro delle società industriali.11
[1]
gli bastava vedere una mappa per cominciare a studiarla appassionatamente
e poi, il più delle volte, per progettare qualche nuovo, impossibile viaggio
che talvolta finiva per diventare realtà. Non si considerava un turista, bensì
un viaggiatore. E in parte la
differenza sta nel tempo, spiegava. Laddove,
in capo a qualche settimana o mese, il turista si affretta a far ritorno a casa,
il viaggiatore, che dal canto suo non appartiene né a un luogo né all'altro,
si sposta più lentamente, per periodi di anni, da un punto all'altro della
terra. P. Bowles, Il tè nel deserto, TEA,
Milano, 1997.
[2]
G. Sapelli, Persona e impresa. Un caso di Etnografia aziendale, Rubettino
Editore, Catanzaro, 1999 , p. 10.
[3]
Ivi, pag. 7.
[4]
Ivi, p. 34.
[5]
Ivi, p. 85.
[6]
Ivi, pp. 8 e 9.
[7]
Per approfondire le questioni connesse alla tematica dellimmaginazione
cfr. G. Piana, Elementi di una dottrina dellesperienza, Il Saggiatore,
Milano, 1979, p. 109 e sgg.
[8]
Ivi, p. 122.
[9]
G. Sapelli, op. cit., p. 88.
[10]
Ivi, p. 24.
[11]
Ivi, p. 106.