ESSERE O
NO
di Loredana Galassini
Una persona
a me cara, mi spediva qualche sera fa, un e-mail in cui diceva “mi
viene di parlarti della traduzione di Amleto che ha fatto Mario Luzi;
la trovo straordinaria.
Per esempio il ...to be or not to be…, tradotto sempre "essere
o non essere?", Luzi lo traduce..."essere o no?"
Non commento la sottile ma enorme differenza: sostituisci essere con
amare e gli orizzonti diventano infiniti.
Avevamo prima Montale che nel monologo iniziato con...to be or not
to be… traduceva :...Morire, dormire, nulla più...questa
è la consunzione da invocare devotamente....
Mentre Luzi...Beh, morire, dormire...sarebbe una soluzione ardentemente
da invocare..."
Soffermandoci un attimo su “essere o no”, ci accorgiamo
che il più delle volte ci lasciamo affibbiare un’errata
identificazione di noi stessi e che spesso finiamo per cadere nell’angosciosa
e angosciante condizione di chi lotta, soffre e magari muore, per
conseguire gli scopi di qualcun altro.
Essere o no?
Lo spreco di attenzione e di energia che gli accadimenti di tutti
i giorni, ineluttabilmente portati avanti dalla macchina mediatica
del potere, ci fa dimenticare che noi non siamo padri, madri, professionisti,
lavoratori, figli, consumatori, ma svolgiamo temporaneamente la funzione
di…così come sappiamo, più o meno consapevolmente,
che non siamo felici o infelici, scontenti, depressi o arrabbiati,
ma che viviamo un’infinità di identificazioni temporanee.
Ma chi siamo?
Sull’architrave del tempio di Delfi era scritto “Conosci
te stesso”, ma cosa significa essere o no, se poi la pedagogia
dell’assenza da noi stessi, praticata quotidianamente nel modello
unico dominante, devia verso la schiavitù delle menti e dei
corpi?
“Che senso ha – ha scritto il lama Ngakpa Chogyam –
fare tanta strada, tanti sforzi, solo per ritrovarsi in un altro stato
limitato dell’essere, con in più una sensibilità
estremamente acuita per…gustare meglio le occasioni di estrema
sofferenza che l’attuale situazione mondiale ci propina senza
soluzione di continuità?”
Per metabolizzare l’angoscia che risveglia “essere o no”,
c’è bisogno di una soluzione pratica per il presente,
oltre che un motivo di speranza per il futuro. Solo incrementando
la nostra “misura umana”, la nostra capacità di
amare, si potrà compiere una vera e propria evoluzione antropologica
e smettere di soffocare all’interno di modelli mentali articolati
sulla base di miti inadeguati, di impoverimento mentale che conducono
la specie verso i comportamenti precocemente demenziali.
La produzione di infelicità è la vera economia globale
che funziona su tutto il pianeta, ma non si tratta di studiare a tavolino
formule più o meno astratte o utopiche, ma di “praticare”
quotidianamente la comprensione, di e-ducere ovvero tirar fuori le
qualità che producono empatia e corrente calda capace di sprigionare
energia vitale nelle relazioni tra esseri umani. Essere è esistere,
ma per cambiare la nostra percezione della realtà, dobbiamo
imparare a conoscere la nostra sostanza, liberandoci da cognizioni
obsolete che non ci permettono di amare.