FIRENZE E I NO GLOBAL
Negozi sprangati, la saracinesca abbassata non
basta, bisogna anche sigillarla. L’intera città allertatata, vie
semi-deserte, parcheggi liberi, supermercati mezzi vuoti: persone e macchine
scompaiono, addirittura per 4 giorni. Ma come tu non parti? Allora ci vediamo
la prossima settimana io vado. Da come la dipingevano i mass-media, sembrava
l’arrivo dell’Apocalisse e invece sono state 5 giornate in cui,
quei pochi fiorentini che sono rimasti in città (per scelta o per mancanza
di alternativa) hanno potuto vivere e assaporare una Firenze diversa - non dico
di altri tempi - ma sicuramente una Firenze riappropriata di spazi e tempi a
misura d’uomo, più consoni alla sua natura e dimensione.
Abituati ormai, causa forza maggiore, alle lunghe file dell’Ovonda - un’avventura
urbanistica voluta dal Comune per cambiare l’assetto logistico della vecchia
Fortezza da Basso e dintorni - e che durerà qualche anno imprecisato;
ai viali di circonvallazione intasati da autobus, macchine e scooter, di ogni
foggia e colore, tremanti e rombanti; accompagnati dal rumore costante di clacson
assillanti che suonano irrequieti e dalla visione di conducenti al volante:
facce arrabbiate, viso contratto in smorfie nervose, già di prima mattina,
e chi osa attraversare la strada a piedi o andare in bicicletta?
I fiorentini, quella fatidica mattina di mercoledì 6 novembre, timidamente
si sono affacciati fuori di casa, sono entrati di corsa nelle loro auto rimaste
lì belle larghe per la strada, o nei garage, e sono partiti verso un
nuovo giorno, quasi con un senso di sfida e di velato orgoglio. E sorpresa delle
sorprese, qual meraviglia soprannaturale e qual miracolo è questo? Allora
è vero che “la fortuna aiuta gli audaci”… essi sono
stati davvero aiutati: ad evitare file snervanti, rumori assordanti, smog e
polveri sottili o pesanti di ogni tipo, spinte ai supermercati, alle poste,
in banca o al bancomat, e in ogni dove, ad ogni quando.
Un senso di quieto benessere pervade la città, gli animi, le case, le
strade, i monumenti. Inquietante è soltanto la vista di tutti quelli
schieramenti di pattuglie e poliziotti armati e appostati nei luoghi “strategici”
della città e alle uscite dei caselli autostradali. A loro non resta
che fermare quei “poveri fiorentini” rimasti chiedendo “i
documenti”. Come se sulla patente o sulla carta d’identità,
invece dei dati anagrafici figurasse la dicitura tranquillizzante “Fiorentino
d.o.c” oppure quella temuta:“No global”! Ma i poveretti vogliono
solo mostrare la loro solerte volontà di collaborare al buon esito della
manifestazione, la loro “mission” è: portare la città
in salvo, costi quel che costi. Sarà per loro una ennesima mission impossible?
Fermata al casello Firenze Sud, affermo di essere sprovvista di patente o di
documenti di ogni genere, soltanto libretto di circolazione e carta di credito,
ma ti sembro un no global con portatile e cellulare a bordo della mia peugeot
206 coupè cabriolet ? La frase è senz’altro ad effetto e
riparto senza essere “multata”. Gli stereotipi e i pregiudizi imperversano…Non
finisce qui. I fiorentini rimasti cominciano a solidalizzare con i manifestanti,
alle finestre delle case compaiono i primi striscioni bianchi, al concerto allo
stadio si vedono arrivare anziane signore e signori e giovani fiorentini appassionati
di musica e desiderosi di partecipare, di con-dividere, gli stessi spazi, di
ascoltare ciò che si ha da raccontare, da esprimere. Vado all’aperitivo
al Kitchen, Bagno a Ripoli, un appuntamento irrinunciabile per i fiorentini
che rimangono di sabato in città: aperitivo/cena buffet gratis! Un appuntamento
al quale non sono mai andata, ma voglio proprio vedere (è un indagine
sociologica la mia), quanti sono quelli che verranno in questo luogo di aggregazione
oggi che è sabato 9!!!
La giornata del corteo. Sono pochissimi e mi dico: ma guarda che bel posticino
è questo qui, pensare che mi hanno sempre detto che è piccolo
e che non ci si respira…Per evitare i poliziotti, svolto in via del Gignoro,
che appare deserta, ed ecco che all’orizzonte appaiono, proprio là
dietro l’angolo, nel buio, ai margini della città, ai confini con
Pontassieve, tutti gli autobus dei no global, belli allineati in fila indiana.
Ecco dove erano finiti…, ma sono tantissimi, quasi non si contano. Fa
freddo, ma i no global sono là, chiacchierano, fumano, si riposano prima
di andare al concerto, sembra però piuttosto un accampamento di nomadi.
Vibra nell’aria un senso di isolamento, del resto i fiorentini sono avvezzi
a “difendersi” dagli “stranieri”. Al Kitchen qualche
intervista privilegiata: ci sono solo i forzati del lavoro che hanno fatto un
intervallo, degli altri nessuna traccia. Una mia amica mi chiede: “Ma,
secondo te, dove sono finiti tutti? E allora normalmente perché tutti
girano per le strade in modo sconclusionato? Ma dove vanno? Non è possibile
che siano partiti tutti, come fanno con il lavoro?” Incontro un mio amico
medico dentista chirurgo maxillo facciale, di guardia al pronto soccorso, domando:
“Qualche ferito?” Risponde: “due, una lieve contusione a uno
zigomo e una alla mascella”. Io: “Ma sono no global?” Lui:
“Bò e chi glielo ha chiesto, se vuoi ti do la cartella clinica!”
Tutto qui, siamo a sabato sera e non è successo proprio niente. Alla
televisione ieri Giuliano Ferrara chiedeva ironicamente agli assessori fiorentini
che cosa sarebbe successo, cosa la città avrebbe detto se niente di grave
fosse successo e se i giornali avrebbero allora smentito cotanto allarmismo.
Ma la risposta è stata: sarà stato tutto merito nostro se nessun
incidente sarà successo e al buon presidio della città da parte
delle forze dell’ordine. Io, invece, a nome della “città
rimasta” dico, grazie ai no global che ci hanno regalato qualche giorno
di pace e un assaggio di quella che potrebbe essere una Firenze liberata, un’atmosfera
e un’aria respirabili, le strade più grandi, gli spazi riappropriati
della loro dignità di essere, senza il peso di tutto quell’ammasso
di ferraglia.