BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 02/06/2003

DAL CONTENUTO ALLA SUA RAPPRESENTAZIONE
OVVERO: IL PROCESSO DI GENERAZIONE DI CONOSCENZA
NEI SISTEMI SOCIALI UMANI

di Ugo Lombardini

L’unica cosa che in un’Organizzazione
è molto più pregiato del capitale intellettuale,
è la capacità dell’Organizzazione di produrlo

La formazione non esiste

La formazione non esiste. O meglio, appena studiato un concetto (non ancora imparato), incomincia l’inevitabile e spontaneo processo di creazione di conoscenza. A tutti livelli: nell’individuo, nei gruppi, nelle Organizzazioni, nelle città, ecc..

Non esiste vera conoscenza già codificata e disponibile per essere passivamente appresa dagli individui. Questo è particolarmente evidente in tutti i casi in cui un’Azienda debba affrontare un progetto nuovo o un cambiamento organizzativo strategico per la propria sopravvivenza.

Non solo. La conoscenza è contestuale. Dipende cioè dall’ambiente in cui si produce. D’altra parte, una volta accettato il fatto che essa debba essere creata, per definizione diventa dipendente da chi la crea e dal processo che a tale scopo viene utilizzato.

Discutiamo allora l’affermazione “l’unica vera conoscenza è quella che si crea in modo sociale”.

Gli individui, i gruppi, le organizzazioni, le città, sono tutti esempi di sistemi sociali, cioè sistemi viventi che hanno caratteristiche evolutive comuni.

Essi mostrano una innata tendenza a produrre nuova conoscenza (nuovi modelli di comportamento e di sviluppo) per co-evolvere insieme all’ambiente: in una parola, per sopravvivere. Sono delle “learning organizations”.

Ma se ognuno di noi intuisce cosa significa creare e condividere conoscenza a livello individuale, dato che è l’attività fondamentale, più o meno conscia, per la nostra sopravvivenza, meno immediato diventa afferrare il significato di conoscenza dell’organizzazione in quanto tale.

L’Organizational Knowledge, tanto vale chiamarla così, è una caratteristica del gruppo di individui che la costituiscono ed “emerge” soltanto quando si considera l’organizzazione nel suo complesso.

Che cos’è ? come si crea ? come viene diffusa e condivisa ?

Knowledge Management o Knowledge Processing ?

Knowledge Management: ecco le parole chiave che sempre più spesso e in settori sempre più diversi, si sentono pronunciare a proposito di diffusione della conoscenza.

I processi di cambiamento strategico in Azienda vengono molto spesso identificati con un progetto di introduzione di un sistema di knowledge management. Ma non è proprio così....

Finora chi si è occupato di Knowledge Management ha posto l’accento, più che altro, sulla gestione del processo di condivisione.

In realtà, l’altra faccia della Luna, più che nascosta, ignorata, è costituita dal processo di produzione.

Più propriamente si possono utilizzare i termini inglesi di:

·        Knowledge Processing per indicare l’insieme dei processi sociali attraverso cui gli individui, in un’Organizzazione, creano, condividono ed integrano la conoscenza e

·        Knowledge Management per indicare l’attività di gestione tendente a mantenere, facilitare ed esaltare il Knowledge Processing

Ecco affiorare, come d’incanto e per mantenere anche un certa “simmetria” alla teoria (simmetria che, di solito, depone a favore della validità della teoria stessa), il concetto di ciclo, il Knowledge Life Cycle (KLC):

Il processo di Knowledge Processing si esplicita a tutti i livelli: individuo, gruppo, organizzazione, ecc..

Non solo gli individui creano conoscenza. Anche le Organizzazioni lo fanno.

Attraverso il processo di Organizational Learning che produce Organizational Knowledge.

Proviamo a rispondere alle domande che ci eravamo posti a proposito dell’Organizational Knowledge: che cos’è ? come si crea ? come viene diffusa e condivisa ?

Che cos’è

E’ conoscenza dell’Organizzazione intesa come sistema vivente, autoorganizzante e dotato di quelle caratteristiche evolutive e di comportamento che siamo soliti attribuire solo alle persone. L’organizzazione non è più un insieme di individui, ad esso riconducibile ma è un organismo dotato di vita propria, che impara, reagisce e si organizza per sopravvivere.

Come si crea ?

Lo schema dell’organizzazione, inteso come la configurazione delle relazioni tra gli individui che la compongono, è la rete che genera la conoscenza propria del “sistema Organizzazione”. Il processo di realizzazione (materializzazione, si direbbe) dello schema, innato in ogni sistema vivente per continuare a mantenersi e a sopravvivere, è il responsabile della creazione di conoscenza.

Come viene diffusa e condivisa ?

Rendendo disponibili risorse, tecnologie e motivazioni affinché questo processo innato si autoalimenti continuamente. La “missione” dei manager diviene allora quella di facilitare questo processo. Anch’essi, in quanto individui, sono sistemi complessi e appartengono, nella nostra visione a matrioska, al sistema complesso “Organizzazione”. Ogni azione del management influisce quindi sul sistema (l’Organizzazione) e viene da esso influenzata: il termine “gestione” perde significato e deve essere sostituito da termini più appropriati quali “monitoraggio”, “condivisione” e soprattutto “collaborazione”.

Il ruolo del management subisce anche un altro cambiamento: non è più quello di elaborare strategie da imporre all’Organizzazione ma quello di decidere le azioni da intraprendere una volta che le alternative strategiche siano emerse dal processo sociale di creazione della conoscenza (diremmo, a questo punto, “di creazione delle strategie”).

E i fornitori di formazione....

....che cosa ci stanno a fare ?

Invece di continuare a offrire corsi più o meno trasversali, personalizzati, di base, per specialisti, interattivi, multimediali, con i test e così via, dovrebbero astrarre dal contenuto e occuparsi di processi di rappresentazione della conoscenza.

Si tratta cioè di porsi ad un metalivello su cui discutere non dei contenuti specifici ma di processi.

Una volta forniti all’Azienda i modi per sfruttare il processo spontaneo di creazione della conoscenza, i corsi sui contenuti specifici del proprio business saranno il risultato del processo stesso.

Essi saranno, come è giusto che sia, il patrimonio di tutti coloro che in Azienda hanno partecipato al processo di condivisione e creazione, cioè proprio tutti, dal top manager all’impiegato.

Non solo, dallo stesso processo emergeranno le strategie, cioè le linee guida per l’innovazione continua dell’Azienda. E non saranno linee guida generiche e, per questo, difficilmente implementabili immediatamente nella realtà quotidiana del lavoro. Come le strategie che vengono fatte adesso dal top management  dell’Azienda e imposte a chi ci lavora dentro.

Saranno il risultato di processi scarsamente prevedibili, nel medio-lungo termine, e caratterizzati da un elevato contenuto innovativo.

Non tutti i “rami” nati in questo processo saranno seguiti. E qui sta il ruolo vero del top management: la decisione su quale via intraprendere.

Va bene....ma allora che si fa ?

Si diceva: rendere “...disponibili risorse, tecnologie e motivazioni affinché questo processo innato si autoalimenti continuamente.”

Due sono le cose che un’Azienda deve massimamente fare:

.         coinvolgere veramente gli individui nel core business dell’Azienda. La motivazione si ottiene solo se le persone sentono di “contare”....altrimenti il coinvolgimento è quello strettamente necessario a giustificare lo stipendio che si porta a casa

.         realizzare strumenti di descrizione della conoscenza e infrastrutture informatiche che consentano agli individui di condividere, accedere, creare e validare conoscenza

La motivazione

Il top management deve essere estraneo alla gestione dei gruppi che si formano, una volta che questi ne abbiano ricevuto lo “status”.

Dovrebbe essere istituito un organismo indipendente (cioè non gerarchicamente dipendente dal management) incaricato di studiare e suggerire linee guida di sviluppo e regole per il “buon” funzionamento dei gruppi.

Il board aziendale dovrebbe includere uno o più rappresentanti eletti all’interno dei gruppi.

Le strategie saranno create dal processo di knowledge processing e implementate dal management.

Solo così il coinvolgimento sarà reale (soprattutto percepito come reale) e la motivazione grande.

Devono essere rese disponibili anche tutte quelle componenti che, a seconda del contesto aziendale, possono contribuire a realizzare questo ambiente aperto alla creazione di conoscenza: risorse hardware/software e temporali messe a disposizione degli impiegati per svolgere ricerche a carattere innovativo, definizione di nuovi processi per ottimizzare la produzione di nuovi prodotti, ecc..

Gli strumenti informatici

Ci vuole un portale aziendale che, nella sua accezione più ampia:

.         abbia strumenti per la produzione di conoscenza, la sua condivisione ed integrazione. Questo software permette la modellazione della conoscenza sotto forma di mappe concettuali, ad esempio, che risultano condivise e modificabili da altri utenti. Servono per rappresentare la propria “visione del mondo” in una forma immediata per chi la crea e per chi la fruisce.

.         metta a disposizione degli utenti informazione validata, cioè conoscenza, e non semplici dati/informazioni. Il sistema dovrebbe operare scelte intelligenti su che cosa presentare all’utente a fronte di una richiesta. Non dovrebbe cioè nemmeno lontanamente assomigliare ad un motore di ricerca, per quanto evoluto questo possa essere.

.         consenta l’interazione asincrona (mail, newsgroup), sincrona (chat) e dal vivo (con la voce e le immagini)

.         metta a disposizione basi di conoscenza provenienti anche dall’esterno dell’Organizzazione

.         offra quei servizi di tutoring indispensabili ad una corretta “gestione” delle comunità

I componenti software di un tale sistema sono:

.         browser

.         e-mail, newsgroup, chat

.        web-based live collaboration systems

.         learning management systems

.         avatar-bot (agenti intelligenti per la navigazione ed il tutoring)

.         oggetti di conoscenza organizzati nel database aziendale, che costituiscono una sorta di DB distribuito di conoscenza

.         l’applicazione (un DKBMS – Distributed Knowledge Base Management System) che gestisce il KB mettendolo in relazione agli altri applicativi

.         software sviluppati con tecniche di intelligenza artificiale per la rappresentazione e la validazione della conoscenza

Essendo intrinsecamente modulari, queste architetture non devono necessariamente essere implementate nella loro configurazione più completa (e quindi anche più complessa) fin dal momento iniziale di deployment ma possono crescere con l’Azienda.

 

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