Il coraggio in un gruppo
Mi sono trovata recentemente
a fare una interessante esperienza formativa nell'ambito di Ariele, l'Associazione
Italiana di Psicosocioanalisi e Pscicoterapia progettuale (Milano ).
Questa associazione lavora molto sui gruppi e ha un approccio sia teorico sia
esperienziale. La metodologia adottata tende a coniugare in una visione "clinica"
la dimensione del singolo, del gruppo e del sociale.
E' molto interessante per chi vive nelle organizzazioni e per chi si occupa
di organizzazioni avere a disposizione una lente quale quella offerta da questa
scuola con cui leggere i fenomeni e possibilmente intervenire a modificarli.
In particolare vorrei qui proporvi un tema che in questo ambito è stato
oggetto di una mia libera riflessione, stimolata anche da questo percorso di
apprendimento.
Il tema è quello del coraggio su cui mi sono trovata a pensare e che
forse può interessare anche ai visitatori di Bloom.
Il tema del coraggio è importante per la Psicosocioanalisi ed è
importante per le organizzazioni.
Lo tratta profondamente Gino Pagliarani ( Rimini 1922- Vacallo 2001), psicoanalista
e formatore che ha contribuito in modo rilevante a innovare la capacità
delle scienze umane di occuparsi degli individui, dei gruppi e delle istituzioni.
Scrive Pagliarani: " Il sentimento prodotto dall'incertezza è nel
novero della paura; quello che sprigiona dalla certezza di un valore vero -
per sé e per la società - è nell'aura del coraggio ".
Pagliarani ha trattato profondamente questo argomento nella sua opera principale
che si intitola " Il coraggio di Venere". Il coraggio di Venere, la
dea dell'amore. È contrapposto a quello di Marte, il dio della guerra
e in questa coppia risulta vincente il coraggio di Venere. Pagliarani sostiene
che ci vuole più coraggio a fare l'amore che la guerra.
E' interessante a questo proposito il tema del conflitto, che è diverso
dalla guerra, perché il conflitto è una soluzione generativa che
deriva dal confronto fra due diversità e genera una terza cosa, vitale,
una nascita.
La guerra è una soluzione difensiva e rinunciataria alle angosce di base,
è la mancanza di elaborazione per eccellenza.
Diverse volte mi è capitato di pensare a questo proposito alle mie esperienze
in ambito organizzativo e ho avvertito come in molte situazioni c'è stata
guerra vera e propria e non certo capacità di elaborare il conflitto.
Devo dire che per la mia visione delle organizzazioni avevo sempre ritenuto
che questo disagio profondo fosse addebitabile al modo di essere delle aziende
e a uno scarso spazio per la democrazia interna.
E per certi aspetti il mio giudizio non è cambiato.
Ma la frequentazione di Ariele ha allargato la mia visione e approfondito lo
sguardo.
Mi sono accorta che le persone insieme mettono in atto tutta una serie di dinamiche
a prescindere dall'organizzazione.
O forse sarebbe meglio dire che un gruppo di persone assomiglia già molto
a un'organizzazione.
Per esempio l'incapacità di elaborazione del conflitto per paura è
molto presente nei gruppi. Anche nel gruppo che ho frequentato questa osservazione
si è potuta fare molto chiaramente.
Qui bisogna intendersi sul significato del coraggio.
Qui di nuovo Pagliarani illumina un campo con grande nitidezza ed esaminando
il conflitto dice: "il conflitto è una realtà di tutti i
giorni, è interno e relazionale, familiare, legato al lavoro e agli affetti
ci
sono problemi intorno ai quali i punti di vista sono tutt'altro che combacianti;
sono conflittuali, appunto. Occorre molto coraggio per affrontarli".
E il nostro gruppo di conflitti ne ha avuti parecchi.
Ci sono stati conflitti dovuti a incomprensione, a malintesi, molti conflitti
anche rapidi e per niente elaborati.
La sensazione di fronte a questi conflitti è che per lo più ci
fosse paura ad affrontarli.
Ci sono state a mio avviso anche diverse situazioni in cui si è trovato
il coraggio per cercare una verità più profonda nei rapporti,
anche un coraggio nel lasciarsi andare, un coraggio nell'esporsi, in qualche
modo nel levare la maschera.
E' questo un atto di coraggio rivolto in primo luogo verso se stessi, perché
ci sono delle cose che non ci raccontiamo e poi verso gli altri, nella speranza
di essere accolti.
Ma è vero anche che spesso siamo noi i giudici più severi verso
noi stessi e l'atto di coraggio potrebbe essere anche quello di perdonarsi.
Cosa ha a che fare questo con le organizzazioni?
Io credo moltissimo.
Nelle organizzazioni spesso prevale la paura e proprio la mancanza di coraggio
nell'elaborare i conflitti, per quieto vivere, per opportunismo, per desiderio
di omologazione.
Si possono osservare a più livelli molti atteggiamenti che tendono a
nascondere la polvere sotto il tappeto, invece di far emergere punti di vista
diversi, che se elaborati porterebbero un grande arricchimento all'organizzazione
stessa.
E' vero che in questo senso molto può indurre la cultura dell'impresa.
Una impresa che incoraggia il dialogo, l'ascolto, che ammette l'errore da cui
si può apprendere favorisce un clima in cui il soggetto può trovare
il coraggio di esprimersi. Viceversa, una azienda fortemente gerarchizzata,
in cui fa premio la fedeltà ai capi, l'obbedienza, il mero focalizzarsi
sul compito induce atteggiamenti di subordinazione, di passività, di
conformismo.
Ma c'è anche l'individuo che sta nell'organizzazione e da questo punto
di vista credo che sia importante anche elaborare una certa autoanalisi perché
la responsabilità individuale non sia offuscata dalla responsabilità
dell'impresa.
Vorrei concludere questa breve riflessione con un'altra citazione di Pagliarani,
tratta dal bellissimo volumetto" Violenza e bellezza", edito da Guerini
e Associati.
" La paura e la colpa pervadono la vita quotidiana degli individui, nei
gruppi e nelle organizzazioni, schiacciando l'amore. La paura e la colpa prevalgono.
Cominciando col chiedersi se ognuno come persona ha allevato bene se stesso,
è possibile promuovere relazioni sociali in cui l'amore( e io aggiungo
il coraggio) prevalga sulla paura e la colpa.
E' un augurio che faccio a me stessa e a tutti gli amici di Bloom.