L'apprendimento nei gruppi
I cambiamenti sempre
più rapidi all'interno del mondo delle organizzazioni pubbliche e private
in uno scenario globale in cui nulla resta uguale a se stesso nell'arco di una
giornata hanno posto di recente il tema dell'apprendimento sotto la lente di
un'analisi minuziosa.
E giustamente.
Perché per affrontare il nuovo che avanza, bisogna aver elaborato le
esperienze precedenti, i successi conseguiti, gli errori commessi ed essere
riusciti a dare un senso al vissuto, cioè averlo " digerito".
Questo - se ci pensiamo bene - vale anche per la vita di ciascuno di noi e non
è molto diverso per la vita organizzativa.
Una delle capacità fondamentali che derivano dall'apprendimento è
quella di non ripetere sempre gli stessi errori mettendo in atto dei comportamenti
che alla lunga tendono a produrre sempre gli stessi risultati.
Questa coazione a ripetere gli errori in modo stereotipato deriva per lo più
da meccanismi difensivi non funzionali che l'organizzazione mette in campo in
modo inconsapevole.
Peter Senge, direttore del Programma di Pensiero Sistemico e di Apprendimento
Organizzativo alla Sloan School of Management del MIT, nel suo volume La
quinta disciplina: l'arte e la pratica dell'apprendimento organizzativo
1 sostiene:
" I modelli difensivi sono spesso profondamente radicati nel modo in cui
un gruppo funziona. Se non vengono riconosciuti, essi compromettono l'apprendimento.
Se vengono riconosciuti e fatti emergere in modo creativo, possono accelerare
veramente l'apprendimento".
E infatti nelle organizzazioni che si trovano a dover attuare profondi e magari
anche rapidi cambiamenti c'è molta attenzione e sensibilità ormai
a considerare i meccanismi difensivi- le resistenze al cambiamento- e a elaborarli
per poterli superare.
Intendiamoci, non tutti i meccanismi di difesa- individuali e organizzativi
- sono di per sé controproducenti o patologici. Esistono anche delle
difese legittime, sane, che sono il frutto dell'apprendimento dall'esperienza
e che hanno un grosso valore di tutela e di salvaguardia.
La difesa negativa si potrebbe dire è proprio quella che ostacola il
processo di apprendimento, che non consente all'organizzazione ( o individuo)
una reale maturazione, la capacità di apprendere dal proprio interno
e dal contesto esterno in un processo a spirale che rigenera in continuazione
e attiva anche la costruzione di progetti possibili.
Quel che è certo è che cambiamento e apprendimento sono due concetti
fortemente interrelati. Non si può apprendere rimanendo sempre uguali.
Una organizzazione che apprende è una organizzazione nella quale le persone
sono poste nelle condizioni di sviluppare conoscenza e di scambiarla.
In questo senso è molto importante la capacità del gruppo di apprendere.
Il gruppo rappresenta di per sé una formidabile potenzialità di
apprendimento in quanto insieme di diversità e pluralità di approcci.
E' una potenzialità, appunto, non una garanzia.
Qui dipende da come il gruppo riesce a lavorare insieme e quale attitudine sviluppa
nei riguardi della propria capacità di apprendimento.
Lo pscicoanalista argentino Pichon - Rivière - che si è molto
occupato di teoria dell'apprendimento nei gruppi - distingueva tra "prendere"("aprehender"),
la necessità di afferrare, possedere concretamente l'oggetto, e "
apprendere" ( "aprender"), l'acquisizione dall'oggetto di conoscenza
e dal contesto del processo.
Nell'epoca presente, caratterizzata da scarsa prevedibilità, elevata
complessità, frammentazione, rapidissima evoluzione e grande incertezza
pare essere molto più importante la capacità non tanto di "
afferrare" qualcosa che appunto sembra volersi sottrarre sistematicamente
a farsi ingabbiare quanto la capacità di decodificare la realtà
in tutti i suoi molteplici aspetti, nelle sue mille parti.
E' proprio per questo che il gruppo è meglio capace di apprendere del
singolo, almeno potenzialmente, perché comprende al suo interno diverse
parti ed è in grado di riconoscerle.
Parliamo di un gruppo in cui ci sia un buon clima, naturalmente, in cui sia
favorita la cooperazione, in cui il sapere non venga considerato qualcosa da
nascondere con la carta assorbente, come si faceva a scuola.
Certo, la scuola non ha aiutato la formazione di una capacità di apprendere
in gruppo e dal gruppo, così autarchicamente centrata sull'individuo.
Eppure, oggi le organizzazioni hanno appreso che il confronto è fondamentale
per allargare gli orizzonti del sapere e hanno codificato anche una teorizzazione
del copiare, che chiamano benchmarking.
Perché a scuola, infatti, non avevano capito che si apprende moltissimo
anche copiando.
Cioè non avevano capito che è importante apprendere ad apprendere,
quindi non tanto impossessarsi dell'oggetto di apprendimento quanto piuttosto
acquisire un processo.
E confrontarsi con i casi eccellenti, cioè paradossalmente copiare, può
proprio voler dire aprirsi ad apprendere un nuovo processo.
Un'altra cosa che la scuola non aveva capito - ma sarà cambiata nel frattempo
- è che non si impara se si ha paura.
Perché la paura blocca la capacità di pensare e impedisce l'elaborazione
dell'esperienza, mentre l'apprendimento è favorito oltre che dall'impegno
delle persone dall'incoraggiamento e dalla fiducia e quindi da una comunicazione
positiva, ma anche queste cose si apprendono.
L'esperienza di apprendimento nei gruppi è tutta da consolidare e molte
sono le difficoltà da superare visto anche la formazione scolastica di
intere generazioni.
Quando si parla di centralità strategica della risorsa umana, questo
è comunque uno degli aspetti da affrontare con studi, ricerche e sperimentazioni,
tenendo a mente quel celebre motto Zen che ammonisce che nel tiro con l'arco
l'importante non è il bersaglio, ma la traiettoria della freccia.
Note:
1 Peter M. Senge, The Fifth Discipline, The Art and Practice of the Learning
Organization, 1999.