BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 27/08/2007

LIBRI CHE MI HANNO FORMATO:AMICI, AUTORI, CAPOLAVORI. PARTE 2 (1)

di Gianfrancesco Prandato

Cosa è importante, cosa resta della letteratura mondiale quando ne hai bisogno, cosi più o meno scrive T. Bernhard in Antichi Maestri (2).   Prova  a consolarti leggendo un classico quando ti muore una persona amata, vediamo se funziona! Più o meno così tuonano la sue parole mettendo in ridicolo molta critica e molta letteratura sulla letteratura, quella che parla e descrive i libri per le emozioni.  Fedele al maestro che ho tanto amato provo a vedere cosa resta per me dei libri che ho letto, cosa mi ha formato mentre sto andando in pulmino in una strada (chiamiamola così!)  del Tamil Nadu.
Varanini, resta. Lo cito per primo perché  lo conosciamo tutti e non dobbiamo aspettare che muoia per dire che era un maestro. E’ inutile dilungarsi sulla sua bravura e la cultura. Di quello che ha scritto sceglierei gli scritti vari, i suoi appunti sparsi che mi dava tanti anni addietro, scritti in XYwrite, un software che oggi non si può neanche più trovare.

I saggi sulla letteratura, tutta la letteratura e non solo quella sud americana per cui poi è diventato noto. Tutti pezzi che poi sono diventati articoli o saggi, ma alcuni sono scomparsi nelle memorie del suo PC.  Poi  poesie, come dimenticare le Poesie, in particolare quella che inizia con “… ho visto palombari in una organizzazione, tutti inquadrati come quadri A, B o C. Come dire, ricorda  “..ho visto bagliori dei raggi gamma oltre le porte di Orione….”,  Blade Runner, ancora qualcosa che riporta a  Dick, quello che se fosse italiano si chiamerebbe Filippo. 

Francesco, se fosse nato in  un film sarebbe nato in  Matrix, sospeso tra un mondo che diviene, tra un mondo che sta per  apparire e un mondo che sta per scomparire, se fosse nato in un film sarebbe nato in Matrix e sarebbe Morpheus, il Maestro, il traghettatore, colui che indica la strada, Bhagavad Gita. In fondo,  se ci pensate  è quello che fa in Bloom.it, sviluppa i suoi adepti. E questo è quello che io trovo nei suoi scritti che non riesco più a distinguere, in un insieme che si stratifica e parte da pezzi memorabili come “Il machete di Occam” singolare rilettura del rasoio di Occam,  simbolo fondante della razionalità occidentale, rivisto dal Sud America, dalla provincia, dalla periferia eppure più vero, più sentito che mai. O pezzi come quello su Márquez, il grande Gabriele García, stroncanti, duri, drammatici, ma veri nel disvelare l’operazione di marketing, di esotismo per europei, di paradiso a basso consumo, che sottostà a questa opera letteraria, non  troppo diverso da quei tour di viaggi Es(R)otici  tropicali fatti a misura degli europei.

Turano è un altro amico. Autore, giornalista, sceneggiatore, cuoco e gourmet e fine umorista. Ma  il suo meglio, anzi il meglio del suo meglio lo ha dato in Catenaccio.(3) E' giovane, colto con  un torrente interno di scrittura, ma non credo farà meglio, perché in questo libro c’è una passione, un amore, un livore che non si trova neanche nei dialoghi della Montagna incantata, meglio di Thomas Mann  dunque; uno scontro di civiltà, più potente della Fine della storia di Fukuyama,  la battaglia tra il calcio moderno inventato da Sacchi e il vecchio, vincente Catenaccio, di Litaliano, Mister di periferia plurilicenziato. E' epica pura, non a caso paragonato ai Troiani e agli Achei e alla Iliade e credetemi, il paragone vale, vale fino a convincere uno scettico come me che il calcio (di periferia) è un racconto, una metafora, un romanzo che consiglio a tutti soprattutto agli scettici di leggere, perché a costoro di più piacerà e coloro di più affascinerà.
La lingua italiana che Turano reinvesta  è fenomenale, umoristico e avvincente è un libro che mi ha avvicinato al giuoco del calcio, attraverso la galleria di personaggi indimenticabili. Un libro colto. Non vi avvicinate se non amate i libri alti, perché dietro la macchina narrativa di Catenaccio, c’è tanta cultura classica.

Gianpaolo Prandstraller è un sociologo con il vezzo di scrivere un libro all’anno. Di libri ne ha scritti tanti, alcuni sono stati innovativi e riletti ora danno un o spaccato dell’Italia che si formava al nuovo e superava l’ideologia della lotta di classe. Il tema centrale delle sue opere sono i professionisti della conoscenza e la conoscenza come passaggio fondamentale per la modernizzazione e la laicizzazione della società.  Ha dato un importante contributo al superamento del concetto di “classe” sociale, ha visto prima e chiaramente la nascita nel sociale della categoria dei professional, una entità sociale che ha definitivamente scardinato la contrapposizione delle classi sociali, ma uno dei suoi libri mi pare vada anche oltre. E’ L’uomo senza certezze e le sue qualità (4).
Questa opera è la dimostrazione, una ennesima dimostrazione che dio non esiste e se esiste non pensa a noi. Non so quanto fondate siano le teorie che dalla fisica dei quanti dimostrano una continuità tra la caducità dell’universo e quella delle persone. Ma è una teoria che affascina, non siamo diversi dalle stelle, anche loro vivono e muoiono e quindi dove sta l’infinito leopardiano, il senso di smarrimento, di discontinuità che proviamo di fronte all’universo? Non c’è. Quindi pensiamo alla vita, diamole senso e l’unica cosa che possiamo fare. Bella idea per una morale laica, per non spostare oltre, ad un’altra vita il senso di consolazione e di realizzazione dell’oggi.
Una specie di Sant'Agostino al contrario, positivista, intrigante.
Credo che sia un libro importante di una persona che conosco bene, importante perché in questi anni di profonda laicità sociale, c’è un ritorno all’oscuro al volere dettare agli altri cosa devono fare, come devono essere, il tutto dettato ormai da una minoranza oscura che è quella dei fondamentalisti della religione. Beati loro che credono, ma perché devono imporre a tutti,  tutto quello in cui credono loro, perché espandere questo senso di dio agli altri?
Noi che non crediamo in dio, crediamo nella vita ci dice Gianpaolo. Da leggere a chi pensa che la religione sia la rovina dei popoli consiglio due altri libri, il famoso Trattato di ateologia di Onfray, (5) un libro di successo dotto e profondo, e The god delusion di Richard Dawkins (6), un vero capolavoro “scientifico” sulla non esistenza di dio. Una frase su tutte “beeing an atheist is nothing to be apologetic about...”: è come dire un manifesto per l’orgoglio ateo la prima credenza per adepti al mondo. Credo sarebbe oggi da organizzare perfino con   più urgenza del Gay pride day, un Ateism day o un giorno per la laicità dello stato.
Lester Thurow ha scritto uno dei libri a cui penso di più nella vita: è Alle origini dell’ineguaglianza (7).  
Può l’economia spiegare l’odio razziale, motivare la discriminazione delle donne, e tutti i fenomeni sociali di scompenso a cui assistiamo quasi giornalmente? Forse questo libro parte da JFK e cerca di capire e motivare il fallimento delle politiche sociali, degli investimenti sulle minorities. Perché e quanto conta l’istruzione? Un grande affresco ex post dell’epoca di JFK e dell’applicazione delle politiche keynesiane, un opera che ancora oggi ci riesce a far riflettere. Un capolavoro di un filone poi magnificato da Amartya Sen  che è arrivato al Nobel con opere simili sulle economie del terzo mondo, o da Levitt con Freaknomics (8) .
Entriamo nella psicologia  che non ho mai capito, né amato, con Goncharov: l’autore di Oblomov (9), libro fondamentale  per far sentire  che il mondo è diverso da come sono io.
Il professor Duranti mi ha definito un uomo divorato dall’adrenalina. Beh, Oblomov è il contrario, lento incapace di decidere, una specie di Zeno (10), però più sfortunato, con una responsabilità da gestire: il governo della propria terra.
E’ una caduta nell’abisso della depressione, dell’impotenza, del non fare e del rimandare le cose. Tutti siamo un po’ Oblomov, chi più chi meno, in cose diverse. C’è chi non cambia una lampadina, chi non riesce a combinare nulla sul lavoro, ma nessuno è così inetto, così totalmente trasportato dalla vita come Oblomov.
La cosa che più mi colpisce del libro è questa discesa totale nel non fare, nel non agire, ad ogni pagina si pensa, beh.. ora cambia fa qualcosa, agisce, e nulla accade, nulla il nulla più assoluto. Fa ridere, annoia, ma di più riesce a spiegare a un adrenalinico che il mondo non è necessariamente fatto allo stesso modo.


1 - La Parte prima è: Le mie 'Letture per il manager', Prima puntata, www.bloom.it/prandato14.htm

2 - Thomas Bernhard, Alte Meister, 1985; trad. it. Antichi maestri, Adelphi, 1992.

3 - Gianfrancesco Turano, Catenaccio!, Dario Flaccovio, 2006 (vedi anche http://www.bloom.it/rec_prandato7.htm).

4 - Gian Paolo Prandstraller, L’uomo senza certezze e le sue qualità, Laterza, terza edizione: 1993.

5 - Michel Onfray, Traité d’athéologie, Paris, Grasset, 2005; trad. it Trattato di ateologia, Fazi, 2005

6 -Richard Dawkins, The god delusion, Houghton, 2006.; trad. it L'illusione di Dio. Le ragioni per non credere, Mondadori, settembre 2007.

7 -Lester C. Thurow, Generating Inequality, New York: Basic Books, 1975; trad. it. Alle origini dell'ineguaglianza. I meccanismi della distribuzione del reddito nell'economia statunitense, Vita e pensiero, 1981.

8 - Steven D. Levitt e Steven J. Dubner, Freakonomics, Penguin, London, 2006.

9 - Ivan Goncharov, Oblomov, 1859, disponbile in italiano in diverse traduzioni presso Einaudi, Garzanti, Rizzoli, Frassinelli.

10 - Italo Svevo, La coscienza di Zeno, 1923.

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