BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 23/02/2004

IL FUNERALE

di Gianfrancesco Prandato

Maria, si chiamava cosi' perche' sua madre era una persona religiosa. Era la piu' vecchie di tre; erano un fratello e due sorelle.
Lo aveva seguito lei suo fratello, era stata per lui quasi una madre.
Anna, la sorella era irrecuperabile, totalmente irrecuperabile. Sana buona, con due bei marmocchi, ma totalmente persa, con troppe parole e senza nulla da dire. Maria la vedeva una volta al mese, per I nipotini, le facevano tenerezza, ma alla fine erano anche loro come la madre, noiosi.
Roberto, invece, era diverso, ma se ne era andato.
Era un ragazzo particolare, a 14 anni aveva cominciato a fumare, non solo sigarette. A 15 era andata a "salvarlo". Era successo una sera d'inverno, Roberto era stato preso da un vicino mentre stava rubando nel suo garage. Lo aveva pestato, pestato piu' che picchiato. Due dei suoi denti appena spuntati erano gia' rotti. Doveva essergli grato, se l'era cavata solo con una bella "lezione". Cosi' Maria, lo aveva salvato dal vicino, che aveva omesso la denuncia e dalla madre fingendo un incidente domestico, dai suoi amici, perche' da quella sera gli aveva dedicato tutto il suo tempo libero, e li aveva sostituiti. Roberto era diventato il suo accompagnatore musicale, se la cavava con la chitarra, ma il meglio di se' lo dava con le tastiere, in particolare l'organo elettronico, che dava quel suono un po' retro'. Erano diventati gli "Scooby Brothers" in onore al suo cartone animato preferito.
Lo aveva salvato, ma non da se stesso. Era andato dritto in una curva, a piu' di 150 all'ora con la sua Monster.
Un suicidio, lo aveva pensato subito. Era contenta cosi', in fondo un suicidio era una scelta, un modo di chiudere la vita, come un'altro. Non le sembrava di avere perso tempo, cercando di aiutarlo, in fondo aveva vissuto meglio, erano passati 8 anni dal giorno del garage, solo aveva perso un amico, oltre che un fratello. Avrebbe dovuto andare ai concerti da sola.
Per tutti era stata una tragedia, una inspiegabile tragedia. Non per lei.

Il funerale si tenne sotto una grande pioggia, pochi arrivarono al cimitero e le lacrime di sua madre di sciolsero nelle gocce che le scivolavano sul volto. L'unica cosa che le restava era la consolazione della religione. Roberto era "andato" altrove, dicevano. Sua madre si era confidata con lei: non era sicura che fosse in paradiso. Aveva smesso di frequentare la chiesa da adolescente e non si era neanche cresimato. Una conversione all' ultimo secondo, quando aveva visto la fine vicina, questa era la sua speranza.


"Condoglianze, le mie piu' sentite condoglianze"

Era il ritornello che sentiva da ogni collega. Sempre uguale, con delle variazioni minime. C'era chi si sentiva male perche' Roberto era giovane, chi sapeva che la moto era una cosa pericolosa, chi invece pensava avesse bevuto o fosse drogato. Non apertamente, nessuno direbbe una cosa cosi', apertamente, si capiva.

"Si sa' da dove veniva? Con chi era stato, un malore, sicuramente un malore."

Maria ascoltava, ascoltava, le piacevano di piu' quelli che facevano condoglianze formali e non erano minimamente interessati all' accaduto. Non riusciva a commuoversi, altro segno inaspettato.

Strana.Era la parola che le veniva associata di piu'.
Il motivo era la dissonanza tra la sua bellezza la sua eta' e il fatto che era sola. Le tre cose non stavano insiema nella vita comune. Alla sua eta' non c'erano storie conosciute che le venivano attribuite.

Avevano provato in tanti, ma senza successo.I piu' bravi erano arrivati a un film e a una pizza. Nessuno aveva passato il caffe'.
Alcuni dei perdenti avevano insinuato che fosse amante del suo sesso. A lei non importava, non lo trovava offensivo. Era una cosa che li faceva sentire meglio, perche' negarla.

Nel lavoro era brava e apprezzata. Non le sfuggiva nulla, sorridente, professionale, colta e flunte in inglese, era una segretaria di direzione ideale. Alta e castana, una figura slanciata era quello che si dice una bella presentazione. Il suo modo di parlare era chiaro scandito e lento, ma la voce, era la voce la cosa che la rendeva straordinaria. Era una voce particolare. Normalmente aveva un tono di verde e di blu', ma poteva assumere altre sfumature. La voce ha un colore, lo diceva sempre Roberto. La sua era forte, chiara, quasi fosse scolpita, come per magia, nell'aria. Le sue parole restavano per un attimo sospese, non svanivano. Come quando le grandi interpreti, cantano un pezzo, sentito centinaia di volte e gli danno nuova vita, le parole di tutti I giorni rivivevano, uscendo dalla sua bocca. Come Annie Lennox, Mahalia Jackson o Sarah Vaughan, dava nuovo colore al suono della lingua.

Un giorno Poletti, il suo capo, le chiese:
"Perche' ha scelto questo lavoro?, perche' Maria e' evidente che lei lo ha scelto, lo sa che lei potrebbe fare molto di piu?, ha anche una laurea, anche se e' in lettere, penso che potrebbe fare di piu, lo dico contro il mio interesse, ma e' cosi'"
Maria lo guardo' e rispose calma:
"Io voglio fare questo lavoro, non voglio fare un lavoro diverso. Posso cambiare capo, azienda, ma questo lavoro e' tutto quello che voglio fare. Mi piace."
E aggiunse:
"Anche la mia laurea mi piace, anche se e' in Lettere."

Poletti era contento a meta'; non era lui il motivo della soddisfazione di Maria; era il lavoro, ma non temeva di perderla. Maria, era invidiata da quasi tutta l'azienda, faceva parte del suo prestigio.

Il mistero comunque restava, Maria restava una persona strana, senza aspirazioni, con una voglia di emergere e di vivere, tutta sua, ma era brava.
La giornata fini' come sempre lunga e, specie nel tardo pomeriggio, sprecata. C'era qualcosa di insano, in quel restare al lavoro fino a tardi, Maria pensava che la gente perdesse tempo, meeting, relazioni, conversazioni. Sapeva che quella era l'ora in cui doveva stare piu' attenta. Verso sera era il momento degli inviti, soprattutto tra le sei e mezzo e le otto.
Lo aveva notato sin dall'inizio, era come se il ciclo ormonale dei maschi fosse tarato su quell'intervallo. La chiamava la fascia del testosterone, era come una mutazione di attitudine, la fascia oraria in cui diventavano gentili. Forse, mah! La sua strategia era semplice, si riempiva la scrivania di carte e ascoltava I messaggi in segreteria telefonica, insomma era molto impegnata.

La settimana del funerale non ce ne fu' bisogno, aveva un motivo per uscire presto e soprattutto poteva accampare una scusa alle persone che le ronzavano intorno.

Cercava di aiutare sua madre, le preparava da mangiare, le faceva la spesa, si era perfino fermata a cena da lei.
Di piu' non poteva. Le faceva pena. Aveva perso un figlio di cui non sapeva praticamente nulla, quasi un estraneo, ma il dolore era vero. Era come disperarsi per la morte di uno sconosciuto, ma tant'era, forse questi erano quelli che chiamavano legami di sangue. Forse era per quello che anche lei cercava di aiutarla, in fondo sua madre era una estranea anche per lei.
Dopo cena, nonostante il dolore per la scomparsa di Roberto, la televisione del salotto si accese

"Mi aiuta a non pensare."
questo e' quello con cui si giustifico' sua madre.

Strano legame questo tra il pensiero e il dolore. Maria pensava esattamente l'opposto, il dolore va pensato, coltivato, aiuta a capire che siamo vivi, non si puo' cacciare, si puo' solo converci.

Dopo pochi minuti, Maria ando' nello studio, si sedette al tavolo di lavoro che era stato di suo padre, di fronte alla grande specchiera, orgoglio invece della famiglia materna, e apri' la scatola con I telegrammi. Bisognava rispondere con un biglietto, l'educazione aveva una sua regola anche di fronte alla morte.

SENTITE CONDOGLIANZE, era il piu' gettonato; seguivano delle variazioni; come VI SIAMO VICINI, o VI PENSIAMO. Non ci pensate, nostra madre non vuole, disse a se' stessa e si scopri' nello specchio mentre sorrideva.

PARTECIPIAMO VOSTRO DOLORE, sembrava proprio una frase fuori moda, come lo era mandare un telegramma. Era datato anche scrivere omettendo le parole corte o gli articoli, con quel modo sgrammaticato tipico dei telegrammi, tipico dei funerali.

Un giorno forse le condoglianza si faranno per email penso', meno costoso e piu' civile.

Non ci poteva fare niente, catalogava e rispondeva a quelli che, visti tutti insieme, erano messaggi di una banalita' sconcertante.
Rispondeva, non lo faceva per se', ma per sua madre sapeva che, anche se non riusciva a staccarsi dalla TV, in cuor suo ci teneva a fare le cose con educazione.

A lei non pesava, era abituata a questo dal suo lavoro. I memo e le comunicazioni dell' ufficio li sciveva lei, con precisione e bella forma come diceva il suo capo. Correggeva anche, con discrezione, quelli del suo capo; specie le parole in inglese non erano il suo forte.

Un poco piu' interessante era il "Libro". Sua madre aveva voluto un funerale religioso ed era consuetudine mettere un libro davanti alla chiesa, in cui la gente che partecipa segna la sua presenza e manifestava il suo dolore alla famiglia con brevi frasi e l'indirizzo. Quest'ultimo serve per essere ringraziati. Spesso si raccoglieva anche una offerta.
Il libro era grosso, ma scritto solo per poche pagine. Era stato tenuto per troppo tempo fuori dalla chiesa e si era bagnato. Le pagine erano macchiate d'acqua.

"Da qualche tempo anche la pioggia macchia"
penso' ad alta voce.

Aveva finito di rispondere ai telegrammi, si alzo' ed ando' a vedere come stava sua madre. Si era addormenttata, mentre la televisione mostrava degli spezzoni di un nuovo sceneggiato dal titolo improbabilmente spagnoleggiante.

Rientro' nello studio e comincio' a leggere il librone.

Era curioso, come le persone difronte a un foglio bianco avessero un diverso approccio. Si vedevano le firme di chi non sapeva cosa scrivere o se, scrivere qualcosa. Altri aggiungevano piccole frasi, di circostanza, ma definitivamente la qualita' era diversa e la varieta' degli scritti piu' elevata. Tra I soliti PARTECIPIAMO, VI SIAMO VICINI, VI PENSIAMO, c'erano alcune note di colore.

MI MANCHERA', aveva scritto un suo amico un certo Enrico;

UNA VITA SPEZZATA TROPPO PRESTO, SENZA DARGLI MODO DI ESPRIMERSI, aveva scritto un amico di famiglia, che sapeva del suo piccolo passato da fuorilegge, e poi Maria lesse qualcosa di totalmente inaspettato.

Era scritto in corsivo, con una grafia minuta. Le cose importanti non occorre urlarle, solo una cosa era strana era in inglese e non era scritta per ricevere un biglietto di ringraziamento era scritta per lui, solo per lui.

Diceva:

Caro Roberto,
everyone is traying to get to the bar,
name of the bar,
the bar is call heaven:
oh heaven, heaven is a place,
a place with nothing,
there is a party,
everyone is there,
when this party is over,
it will start again,
would not any different,
it will be exactly the same.

ciao Mario

Non era un inglese perfetto. Ma era qualcosa che la colpiva, era…
La canzone dei Talking Heads, "heaven", erano delle strofe di "heaven" che lei e Roberto avevano cantato tante volte insieme.
Non era perfetta, era quasi riscritta a memoria, o come se l'avesse trascritta mentre la ascoltava. Ma certo, era la versione tratta dal concerto acustico "Stop Making Sense". Il titolo che suonava come; smettiamola di crederci, di prenderci sul serio, di fare tendenza, di essere l'avanguardia del rock.
Era una canzone che amavano entrambi, era la prima che avevano suonato in pubblico insieme.

Cosa ci faceva quella canzone nel libro delle presenze del funerale?
Cosa ci faceva heaven, il paradiso, al funerale di un ateo, come suo fratello?
E soprattutto chi veniva al funerale ascoltando I Talking Heads nelle cuffie?


Solo una persona, che gli voleva bene, poteva fare questo.
Allora il paradiso esisteva davvero.
Maria pianse. Era la prima volta dalla morte di Roberto.

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