BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 28/06/2004

Daniele Altomare

COME AIUTARE A COMPRENDERE E RISOLVERE I PROPRI PROBLEMI

recensione di:
Edgar H. Schein
La consulenza di processo. Come costruire le relazioni d'aiuto e promuovere lo sviluppo organizzativo
Raffaello Cortina Editori [1]

Al centro del libro sta il tema della consulenza di processo, ovvero di come sia possibile aiutare meglio i clienti a comprendere e risolvere i propri problemi. Relazione è la parola chiave dell'intera opera. Schein chiarisce i principi fondamentali a cui deve essere ispirata una relazione d'aiuto. Essa deve essere capace di rappresentare un'opportunità di crescita professionale e personale per i singoli, deve  fornire soluzioni concrete e  vincere le resistenze e le difese sempre presenti nei momenti di cambiamento organizzativo. Schein evidenzia quanto sia importante come avvenga la relazione, più del che cosa si sia portato a termine. Propone dieci  principi generali, a cui ispirarsi nella impegnativa costruzione della relazione.

 

 

I “principi” essenza della consulenza di processo

 

1.      Cerca sempre di essere d'aiuto.

La consulenza consiste nel fornire aiuto. Ovviamente, quindi, se non ho intenzione di rendermi utile e d'impegnarmi in questo sforzo è improbabile che riesca a creare una relazione d'aiuto. Se possibile, ogni contatto dovrebbe essere visto in questa luce.

2.      Rimani sempre aderente alla realtà corrente

Non posso fornire aiuto se non conosco la realtà di quello che succede in me e nel sistema del cliente, pertanto ogni contatto con qualunque persona del sistema cliente dovrebbe fornire sia al cliente sia a me informazioni diagnostiche sullo stato attuale del sistema cliente e sulla relazione esistente tra il cliente e me.

3.      Riconosci la tua ignoranza

L'unica maniera in cui sia possibile scoprire la realtà intrinseca consiste nell'apprendere a distinguere quello che so da quello che presumo di sapere, e da quello che non so affatto. Non mi è possibile stabilire quale sia la realtà corrente se non entro in contatto con quello che ignoro circa la situazione, e non possiedo l'intelligenza di informarmene.

4.      Qualsiasi azione costituisce un intervento

Come ogni interazione rivela informazioni diagnostiche , allo stesso modo porta conseguenze sia al cliente sia a me. Devo quindi sentirmi responsabile di tutto quello che faccio e valutarne le conseguenze , per assicurarmi che corrispondano al mio proposito di creare una relazione d'aiuto.

5.      Problema e soluzione appartengono al cliente

È mio compito creare una relazione in cui il cliente abbia la possibilità di ricevere aiuto. Non è invece mio compito prendere esclusivamente sulle mie spalle i problemi del cliente, né offrire consigli e soluzioni per situazioni diverse da quella in cui vivo. La realtà è che solo il cliente deve vivere con le conseguenze del problema e della soluzione, quindi non mi è lecito sollevarlo da ogni responsabilità.

6.      Segui la corrente

Tutti i sistemi cliente sviluppano delle culture e tentano di proteggere la propria stabilità mantenendole in vigore. Tutti i clienti individuali sviluppano personalità e stili propri. Pertanto, dato che inizialmente ignoro quali siano queste realtà culturali e personali, devo scoprire le aree motivazionali del cliente e la sua disponibilità a cambiare, e incominciare a costruire su di esse.

7.      La scelta del tempo è fondamentale

Uno stesso intervento una volta funziona e un'altra fallisce. Devo pertanto mantenere costantemente un atteggiamento diagnostico e attendere il momento in cui il cliente appaia disposto a concedermi la sua attenzione.

8.      Sappi approfittare delle occasioni in maniera costruttiva avvalendoti di interventi di confronto

Tutti i sistemi-cliente hanno zone di instabilità e apertura in cui esiste la motivazione al cambiamento. Devo trovare e sfruttare ai miei fini le motivazioni e le forze culturali esistenti (seguire la corrente) e, al medesimo tempo, saper cogliere le occasioni di suggerire idee e scelte. La scelta di seguire la corrente deve essere bilanciata dalla disponibilità ad assumersi qualche rischio intervenendo.

9.      Tutto è fonte di dati: gli errori sono inevitabili – fanne occasione di apprendimento

Per quanto osservi con scrupolo i principi qui esposti, potrò sempre dire e fare cose capaci di produrre nel cliente reazioni inaspettate e indesiderabili. Devo imparare da esse evitando a ogni costo resistenze, vergogna o sensi di colpa. Non potrò mai conoscere la realtà del cliente così bene da evitare errori, ma ognuno di essi provoca reazioni da cui posso imparare a migliorare questa conoscenza.

10.  In caso di dubbio, condividi il problema, parlane con qualcuno.

Mi trovo spesso nella situazione di non sapere che cosa fare, quale tipo di intervenendo potrebbe essere adatto. È spesso utile, in situazioni di questo genere, condividere il problema con il cliente e decidere insieme a lui il da farsi.

 

Definire la consulenza di processo

Uno degli obiettivi della consulenza di processo (in breve PC), è di coinvolgere il cliente nella fase di diagnosi e di soluzione dei problemi; la partecipazione all'intero processo è finalizzata a consegnare al cliente gli strumenti per imparare a vedere e risolvere i problemi da solo. In questo modo si sviluppa la capacità del cliente di imparare ad imparare.

Schein propone diversi modelli di consulenza. È compito del consulente capire quando occorre passare da un modello ad un altro al fine di scegliere il procedimento cooperativo più appropriato alla situazione contingente.

Quando qualcuno ha bisogno d'aiuto e lo chiede si instaura una complicata dinamica. Infatti le due parti si trovano in una situazione sbilanciata, con il consulente più in  alto rispetto al cliente. Sono frequenti ad esempio reazioni di risentimento, dipendenza, tranfert da parte del cliente,  oppure di consigli prematuri, di rifiuto di dar corso alla relazione da parte del consulente, ecc. Occorre  raggiungere pertanto una situazione psicologica nella quale ognuna delle parti dia e riceva più o meno quello che si aspetta. Bisogna negoziare il ruolo e la posizione implicita di ciascuno mediante  un  colloquio che permetta di capire i propri stereotipi iniziali e di generare reciproca accettazione e sostegno.

Proprio nell'intento di porre  in primo piano il cliente, si inserisce  il processo di ricerca attiva. L'autore evidenzia tre diversi livelli: la ricerca di base, che si concentra unicamente sulla storia del cliente; la ricerca diagnostica, che si occupa dei sentimenti, pone domande diagnostiche e riferite ad azioni ed infine la ricerca di confronto, che si occupa delle ipotesi del consulente sulla situazione. Dare al cliente l'impressione di essere in grado di capire meglio il problema è l'essenza di questo processo di ripristino del suo prestigio.

A questo punto è importante introdurre il concetto di cliente. La filosofia PC rimane sempre la stessa –cercare di dare aiuto–. Ma una identificazione del cliente, il più possibile precisa: caratteristiche distintive, ruolo, aspettative, aiuta il consulente ad impostare tattiche e strategie, che dovranno essere differenti da caso a caso. Infatti a seconda del tipo di cliente cambia il concetto dell'aiuto. 

Ecco in breve le categorie distintive proposte da Schein: clienti iniziali o di contatto, clienti intermedi, clienti primari, clienti involontari, clienti finali ed infine  clienti non interessati. Dove i clienti possono essere singole persone o gruppi di.

Il consulente deve anche immaginare una diversa classificazione dei ruoli del cliente secondo la natura del problema che si sta affrontando. A questo proposito Schein distingue sette livelli: individuale,  interpersonale, di gruppo, intergruppo, organizzativo, interorganizzativo, grandi sistemi.

 

Riconoscere le forze e i processi latenti

Una delle funzioni più importanti della PC consiste nel rendere visibile quel che è nascosto. Infatti molte delle forze che contribuiscono all'andamento di una relazione sono latenti e molto difficili da decifrare. Ad esempio taluni assunti culturali condizionano inconsapevolmente il nostro modo di pensare.  Il primo passo da compiere è creare le condizioni per imparare a vedere, iniziando proprio dal capire cosa succede nella mente, in particolare nella propria. Occorre una buona capacità di introspezione, disponibilità di tempo per la riflessione e l'analisi e l'uso di strumenti teorici dei processi intrapsichici. L'autore  presenta a questo scopo  il ciclo ORGI, acronimo che sta per: osservare, reagire emotivamente a quello che abbiamo osservato, analizzare, elaborare ed esprimere giudizi basati su osservazioni e sentimenti (G) e agire concretamente alla scopo di produrre eventi – intervenire (I).

Altra categoria di forze latenti,  riguarda le regole culturali d'interazione nelle dinamiche “faccia a faccia”. Quando le persone comunicano in una situazione faccia a faccia sono molteplici i significati indirizzati attraverso canali e scopi diversi. Comunicare soddisfa varie funzioni, quali ottenere il soddisfacimento dei propri bisogni, capire gli altri, ottenere vantaggi ecc.. Ognuna di queste funzioni richiede che il linguaggio utilizzato sia compreso da coloro che partecipano alla situazione; si sono create così  impercettibili reti di regole (le buone maniere, l'etichetta, il tatto), che governano le relazioni faccia a faccia e che in qualche modo ci rendono la vita sicura. Inconsapevolmente sin da piccoli  impariamo quali sono i comportamenti più appropriati e corrispondenti nei diversi scenari. Il concetto di ciò che è utile è determinato anche da queste regole ed è per questa ragione che il consulente deve conoscere bene la cultura nella quale opera. Riconoscere queste regole significa preservare il valore  che il cliente ha di sé e quindi favorire il processo d'aiuto quale strumento efficace di apprendimento.,

 

Intervenire al servizio dell'apprendimento

Il processo di apprendimento del cliente avviene attraverso due grandi categorie di interventi: il feedback attivo e gli interventi sui processi.

Per spiegare ed introdurre il concetto di feedback attivo è utile  fare ricors al  modello “Johari Window”, che concepisce una persona come formata da parti diverse. Il modello ci aiuta ad analizzare le dinamiche e la complessità che ognuno mette in gioco nella costruzione della propria immagine. È frequente ad esempio occultare  gran parte delle nostre reazioni per sostenere l'immagine che vogliamo esibire agli altri.

Il feedback attivo consiste in una violazione di queste regole. Infatti, per rendere possibile l'apprendimento dobbiamo conoscere qualcosa di più sul nostro inconscio, al fine di avviare un processo mirato ad acquistare maggiore coerenza, ad ampliare il nostro io, a familiarizzare con sentimenti e reazioni che avevamo negato.

Due persone intenzionate a scambiarsi dei feedback  attivi devono prima di tutto trovare il modo di trascurare le regole culturali del lavoro di costruzione dell'immagine, e rendere possibile  e sicura la rivelazione di cose che ordinariamente sono nascoste.

Di seguito sono riportati i principi e le linee giuda del feedback attivo.

·        Il fornitore ed il destinatario del feedback devono essere d'accordo sugli obiettivi del destinatario

·        Il fornitore del feedback deve esprimere con chiarezza la descrizione del comportamento in esame e il relativo giudizio

·        Il fornitore di feedback deve essere concreto e specifico

·        Fornitore e destinatario devono avere motivazioni costruttive

·        Non evitare un feedback negativo quando è necessario

·        Il fornitore di feedback dovrebbe fare riferimento alla proprie osservazioni e sensazioni e ai propri criteri di giudizio

·        Il feedback dovrebbe essere fornito quando destinatario e fornitori sono pronti.

 

Lavoro di gruppo

Dalla relazione  a due si passa alle riunioni e ai gruppi di lavoro. Schein,  per facilitare l'attività di osservazione e di intervento del consulente, propone un modello semplificato dei processi interni al gruppo, distinguendo tre questioni fondamentali: la gestione dei confini del gruppo, l'adempimento del compito, la gestione interpersonale del gruppo.

 

Adempimento del compito. Per raggiungere il risultato, il gruppo deve essere consapevole che è necessario avviare un certo numero di azioni: iniziare, informarsi, fornire informazioni, chiede l'opinione di altri, fornire la propria opinione, chiarire, elaborare, riepilogare, controllare il grado di uniformità delle opinioni.

Il processo relativo alla soluzione dei problemi, avviene attraverso due cicli fondamentali, quello che precede la  decisione o azione, e quello che la segue.

Il primo ciclo prevede la formulazione del problema, la generazione di proposte operative, la previsione di conseguenze per le soluzioni o i controlli proposti e termina con la decisione di passare all'azione.

I metodi attraverso il quale diviene presa la decisione possono essere diversi. È importante che il gruppo si renda conto dell'esistenza di differenti metodi e impari a scegliere quello più adatto al compito di cui si sta occupando.

Il secondo ciclo prevede la pianificazione dell'azione, alcuni passi operativi, la  valutazione dei risultati dei passi operativi. Accade spesso che la valutazione dei passi operativi riporta indietro al primo ciclo per una ridefinizione del problema.

Ognuna delle fasi indicate presenta trappole e difficoltà. Il consulente può essere d'aiuto sottolineando le possibili conseguenze per le future azioni del gruppo.

Gestione interpersonale del gruppo. È possibile dividere questo processo in due grandi categorie; il modo in cui il gruppo si crea ed il modo in cui il gruppo cresce e sviluppa i propri modelli di relazione interna.

Ad esempio è rilevante il modo in cui avviene l'ingresso dei membri. L'ingresso provoca problemi interpersonali, specie di tipo emozionale: impone scelte di ruolo, modifiche nella distribuzione del potere e dell'influenza. Il grado di accettazione e la costruzione di familiarità sono problemi che vanno in ogni caso affrontati.

Il gruppo ha successivamente bisogno di essere rafforzato al fine di sviluppare livelli superiori d'attività. Occorre impegno per migliorare o, non di rado, restaurare relazioni danneggiate.

Tra le funzioni principali di rafforzamento citiamo: l'armonizzazione, il compromesso, il sostegno, l'incoraggiamento, la diagnosi, la definizione di criteri di giudizio, l'espressione del giudizio. Mentre il gruppo lavora, impara a collaborare: elabora assunti comuni, genera la propria “cultura”. Il consulente dovrebbe intervenire nei fatti interpersonali del gruppo,solo in presenza di chiare prove di situazioni che mettono in dubbio l'efficienza del gruppo e la disponibilità del gruppo stesso ad affrontare (da solo) le questioni che lo riguardano.

Il dialogo,è lo strumento attraverso il quale il gruppo può raggiungere un grado di consapevolezza e creatività superiore, grazie alla creazione di una serie di significati condivisi e di un  processo di pensiero comune.

Il dialogo, infatti, è una forma di comunicazione che rende possibile la creazione di un clima adatto ad un migliore apprendimento. A  volte risulta  l'unica via per la soluzione dei conflitti interpersonali derivanti da assunti impliciti differenti. Il dialogo inizia con l'ascolto di se stessi e si basa sul presupposto che solo se prenderemo maggiore coscienza del nostro processo cogitativo potremo meglio apprezzare la comprensione, riuscendo a costruire (con gli altri) un modo comune d'intendere.

È utile che il consulente ed il cliente analizzino la natura della loro comunicazione, al fine di capire meglio le dinamiche della conversazione e migliorarne la tecnica.

Schein ci parla anche degli argomenti squisitamente pratici che il consulente, nel proprio lavoro, deve comunque affrontare. Pensiamo al primo  contatto con il cliente; all'avvio della relazione, alla scelta ed alla costruzione del setting più appropriato, all'individuazione del  metodo di lavoro più consono ai principi e valori della PC.

Sebbene anche questi aspetti siano importanti, tuttavia il principale  obiettivo del libro rimane aiutare il consulente ad  imparare a vedere la situazione in termini di relazione in cui sia possibile dare aiuto. Insomma, gli argomenti illustrati  nel libro sono principalmente orientati a sviluppare nel consulente capacità e  attitudini mentali necessarie a costruire e mantenere un'efficace relazione d'aiuto.            



[1] Edgar H. Schein, Process Consultation Revisited. Building the Helping Relationship, Addison-Wesley, 1998.

 

Pagina precedente

Indice delle recensioni