BLOOM! frammenti di organizzazione

Nicola Gaiarin

recensione di:
Sidney Perkowitz
Teoria del Cappuccino.
Garzanti, Milano 2001

LA SCIENZA DELLA SCHIUMA

In principio era la schiuma. Oppure no, perché la schiuma non può mai venire prima: appare sempre dopo, generata dalla combinazione di elementi diversi, come uno stato precario e indefinito della materia. Effimera, momentanea, sul punto di scoppiare come una bolla di sapone oppure indistruttibile, quasi eterna come un imballaggio di polistirolo o una vaschetta per hamburger, la schiuma si trova dappertutto, si insinua in ogni campo del sapere, pronta a gonfiarsi e a farsi avanti per reclamare lo spazio che le spetta. Sidney Perkowitz, studioso americano che si occupa di fisica della materia, ha dedicato un saggio appassionante e divertente alle innumerevoli forme che assume questa schiuma universale (Universal Foam, come recita il titolo originale di questa Teoria del cappuccino).

La schiuma, infatti, è davvero universale e la incontriamo continuamente, a volte senza nemmeno accorgercene. Il pane e la panna montata, la schiuma da barba e le uova montate a neve, la birra e il cappuccino sono forme di schiuma. E poi le ossa, con la loro struttura porosa, le spugne, il sughero e la pietra pomice: schiume o pseudo-schiume naturali apprezzate per le loro qualità abrasive o isolanti. Sono tutti aggregati di goccioline piene d’aria in un materiale solido o liquido. Troviamo le schiume utili, salvavita, come quelle degli estintori o degli immensi tappeti di bolle stesi sulle piste degli aeroporti per permettere atterraggi d’emergenza. Oppure gli ammassi nocivi, che sembrano creature di un film dell’orrore: le schiume scure e velenose che infestavano il Pigeon River, nella Carolina del Nord, ricoprendolo con uno strato inquinante di trenta centimetri, e ancora le terribili bolle di gas sottocutanee che caratterizzano la forma più grave di cancrena, quella gassosa. Ci sono poi schiume del futuro, setacci fantascientifici lanciati nello spazio per rastrellare particelle di materia, come il sofisticatissimo aerogel, che sta viaggiando a bordo della sonda Stardust nel tentativo di catturare e trattenere qualche frammento della cometa Wild-2.

La storia delle schiume è lunga e gloriosa. Fin dai tempi del fisico belga Joseph Antoine Plateau, il padre delle leggi che ancora oggi costituiscono le basi della schiumologia, la scienza delle bolle conta numerosi specialisti, tutti accomunati da una certa attrazione per gli aspetti insoliti e bizzarri della realtà. Incontriamo così Charles Vernon Boys – scienziato e mago delle bolle di sapone – che vediamo scoccare in aria una freccia intinta nel quarzo fuso per poi studiarne i filamenti solidificati, oppure l’equipe della Exxon che, nel 1991, sparò una sonda ottica (un raggio laser blu) attraverso un campione di schiuma da barba Gillette per effettuare la prima spettrografia a diffusione d’onda su una materia del genere. All’origine di questo interesse stanno senza dubbio gli innumerevoli usi pratici della schiuma. Senza risalire all’abate benedettino Dom Pierre Pérignon e alle bollicine dello Champagne, possiamo pensare alla diffusione delle schiume solide di sintesi, come la plastica espansa, che in una miriade di geometrie diverse vengono sfruttate per la loro versatilità. Leggere e straordinariamente isolanti, vengono utilizzate negli imballaggi più comuni ma anche per costruire i caratteristici serbatoi a pallottola degli Shuttle. Anche se poi si possono verificare spiacevoli inconvenienti quando, ad esempio, un picchio in amore scambia il serbatoio per un albero, riempiendolo di buchi e provocando un danno da due milioni di dollari.

Perkowitz suggerisce anche la possibilità di creare una vera e propria estetica delle schiume, che con la loro duttilità rivelano una straordinaria capacità metamorfica. Così in questo libro possiamo incontrare La grande onda di Hokusai, la cui cresta bianca viene fissata dal disegno un attimo prima di dissolversi, accanto al kitsch plastificato degli attaccapanni a forma di cactus in schiuma di poliuretano. Perché il rapporto dell’uomo con la schiuma non è governato solo dall’interesse, ma presenta molti aspetti legati al gusto e al piacere dei sensi. Come ben sanno gli appassionati della birra, dalle dimensioni e dalla consistenza del colletto di schiuma dipende il piacere di una buona bevuta. Non è solo una questione visiva, perché lo strato di schiuma, afflosciandosi, libera una certa quantità dell’aroma intrappolato dalle bollicine offrendo all’olfatto un’anticipazione del sapore della birra, in un preciso gioco di seduzione sensoriale.

Con la sua instabilità la schiuma offre un modello per la nostra epoca. Non a caso l’automa cellulare concepito negli anni quaranta da John von Neumann e Stanislaw Ulam richiama la complessità dello sviluppo di una schiuma. L’idea alla base del progetto era quella di un automa capace di autoriprodursi – sulla scia dei sistemi biologici – e quindi di riparare da sé i propri guasti. Lo sviluppo di questo organismo artificiale era ispirato alle interazioni cellulari che determinano il comportamento di tessuti e organi. Come dice Perkowitz, si trattava di produrre "una schiuma matematica e astratta da esplorare alla ricerca di nuove conoscenze". L’automa cellulare era stato concepito come una schiuma virtuale di questo tipo: un sistema provvisto di una capacità di calcolo tale da permettere una reale interazione con l’ambiente esterno. Una direzione simile hanno poi intrapreso le ricerche sull’intelligenza artificiale, con il tentativo di costruire macchine in grado di "pensare" come esseri umani attraverso la simulazione della rete neuronale. Gli studi sulla schiuma consentono di individuare un modello cellulare sufficientemente complesso da riuscire ad imitare i processi cognitivi ma abbastanza semplice da poter essere manipolato. Il panorama offerto da questa applicazione del modello "a bolle" alla realtà biologica è quello di una complessità schiumosa, creata dall’interazione di elementi diversi continuamente ricombinati: una schiuma frattale infinitamente complessa eppure ancora descrivibile in termini rigorosi. Forse si tratta di un paradigma applicabile a vari campi d’indagine per trovare le leggi che regolano il funzionamento dei processi decisionali o della riproduzione dei virus. Stiamo passando dalla rete alla schiuma?

Il nostro pianeta viene plasmato dalle schiume naturali dei mari e dei vulcani, in un incessante processo di creazione e distruzione delle forme. Il magma, schiuma di vulcano che, raffreddandosi, origina la pomice, si incontra con le creste di spuma degli oceani influenzando le variazioni climatiche del pianeta. Ma la schiuma non manca nemmeno intorno alla terra. Perkowitz parla infatti di bolle cosmiche, forme schiumose che compongono le galassie e dentro le quali stanno in sospensione i pianeti, come le bolle di grassi che, sospese nell’acqua, formano il latte. In questo universo-schiuma un osservatore interstellare assisterebbe perciò a una immensa attività schiumogena: una specie di frenetica schiumogonia che coinvolge tutti i piani e gli stati della materia. Dalle configurazioni del brodo cellulare ai mari spumosi delle fluttuazioni quantistiche primordiali Perkowitz riscrive una strana storia del mondo attraverso le progressive modificazioni della schiuma. Alla fine, ci troviamo di fronte a una realtà ribollente e soffice, che sembra uscire dritta dalle Cosmicomiche di Italo Calvino: da qui in giù, dice Perkowitz, parafrasando una storiella indiana, sono tutte bolle.

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