BLOOM! frammenti di organizzazione

Nicola Gaiarin

recensione a:
Platone è meglio del Prozac
Lou Marinoff
Piemme, Casale Monferrato 2001

 

D'accordo, è fin troppo facile sparare a zero su un libro con un titolo come Platone è meglio del Prozac, che sfodera una fascetta con la frase magica: "Best Seller in 16 paesi". Siamo in un periodo di riflusso new age, e ci sentiamo tutti un po' orfani dell'urinoterapia di Eleonora Brigliadori. Perciò ben vengano libri che presentano ricette universali e rimedi buoni per tutte le occasioni. Ma c'è un limite a tutto, e Lou Marinoff in certi passaggi rivela una faccia tosta davvero sconcertante.

Per cercare di dare una chance a questo libro è bene chiarire alcune cose. In Germania e negli Stati Uniti la consulenza filosofica viene praticata già da alcuni anni, e sta prendendo piede anche nel nostro paese. Si tratta di una forma di consulenza diretta a individui e gruppi che, nel tentativo di distinguersi da approcci di tipo psicologico o psicoanalitico, vuole liberare il disagio personale dall'idea di patologia. Non tutti i problemi e le difficoltà sono malattie, e anzi, le resistenze al cambiamento o le difficoltà di relazione possono rivelarsi indizi preziosi per una ridefinizione del rapporto tra l'individuo e il mondo circostante. La consulenza filosofica dovrebbe consentire una presa di coscienza rispetto a questa progressiva "risintonizzazione" tra interno ed esterno del soggetto. Il counselor si propone allora come intermediario, traghettatore, filtro teorico che permette al cliente di articolare in forma concettuale i propri problemi e il proprio modo di considerare le situazioni difficili.

Se il punto fosse questo, la faccenda potrebbe pure risultare interessante. Utilizzare la grande memoria testuale del pensiero (occidentale e orientale) per creare delle mappe o delle bussole concettuali può rappresentare un tentativo ambizioso per tradurre in una pratica "concreta" idee che spesso odorano di muffa. Il problema, però, riguarda le modalità con cui viene effettuata questa traduzione. Marinoff suddivide il suo libro in una serie di capitoli agili e di rapida consultazione, ma dietro titoli accattivanti e molto "pratici" come "Nuovi impieghi di antica sapienza", "Alla ricerca di un rapporto", "Quando il lavoro non funziona", si nasconde la trappola della new age rispolverata.

Assistiamo sbigottiti alla rapida sfilata di luoghi comuni mascherati da filosofi. L' I Ching, perla della saggezza cinese, diventa un manuale della brava sposa che deve badare ala casa e rispettare il marito; Aristotele viene liofilizzato e ridotto, nel modo più banale, all'elogio dell' aurea mediocritas (evitare gli eccessi, mettere in tutte le cose un po' di questo e un po' di quello, ecc.); il temibile Hobbes, teorizzatore del Leviatano e della natura ferina dell'uomo, diventa il filosofo del "diamoci una regolata". Al punto che Marinoff sintetizza l'apporto del pensatore inglese con una frase memorabile: "Tutto ciò che è necessario sapere, lo abbiamo già appreso all'asilo: fare a turno e condividere". Così, tra la scoperta di un Nietzsche teorico dell'empowerment e quella di un Confucio da biscotto della felicità, alla fine anche il lettore bendisposto scorre il libro di Marinoff alla ricerca di qualche affermazione strampalata.

Si chiarisce in questo modo l'idea di consulenza filosofica che ha in mente Marinoff: tirare fuori, all'occorrenza, un paio di aforismi completamente decontestualizzati per rifilarli a persone in crisi. Anche se, con un lampo di onestà, l'autore invita a considerare le sue pagine come argomento per discussioni da cocktail: un'immagine molto americana, da film di Woody Allen o da libro di Jay McInerney, che fa venire in mente un gruppo di newyorkesi in crisi impegnati a discutere del senso della vita tra un bloody mary e l'altro. Il libro finisce sul più bello, proprio mentre l'autore vanta l'utilità del counseling filosofico per aziende ed organizzazioni, con una strepitosa accelerazione finale che lascia cadere ogni ritegno per diventare pura e semplice pubblicità. Oltre tutto con quella forma di cattivo gusto che consiste nella sistematica svalutazione del concorrente (Marinoff non smette mai di proporre il suo metodo in alternativa alla consulenza psicologica, arrivando quasi a propugnare una vera e propria cacciata degli psicologi dalle aziende per lasciare spazio ai counselor filosofici).

A rendere simpatico, nonostante tutto, questo Platone è meglio del Prozac è comunque l'aria da imbonitore televisivo o da ciarlatano del Far West che Marinoff assume ogni tanto: "Organizzo workshops dedicati all'integrità etica e al valore morale, che contribuiscono ad alleviare o a prevenire conflitti che sorgano all'interno della forza lavoro, ai quali siano sottese questioni etniche e disparità sessuali". Insomma, si fa strada un'impressione irresistibile: nonostante le buone intenzioni, l'autore ci presenta l'ennesimo rimedio universale, il ritrovato definitivo in grado di ridare felicità ed equilibrio all'azienda e all'umanità (con un tocco di politically correct, che non guasta mai). Ma c'è davvero qualcuno disposto a credergli?

Una domanda sorge spontanea: per dire tutte le banalità di cui è infarcito il libro occorreva proprio ricorrere alla filosofia? Meglio guardarsi un buon film di Allen degli anni settanta per trovare l'equivalente nevrotico, divertente e - soprattutto - intelligente del consulente filosofico.

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