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Nicola Gaiarin

Le porte della formazione

recensione a:
Counseling e formazione: percorsi di helping in educazione
di Alessandro Rinaldi
Kappa Vu, Udine 2001

 

Arriva sempre il momento, per chi si occupa di formazione, di aprire la porta ed entrare in aula. Di solito si tratta di trasmettere messaggi, condividere un'esperienza, offrire conoscenze. Ma, soprattutto, ci si trova ad utilizzare un metodo per ottenere i risultati prefissi. Questo libro parla di una cosa completamente diversa: ci sono molte entrate ed uscite, ma in fondo quella che conta meno è proprio la porta dell'aula. Attenzione, però: al centro della riflessione non ci sono astrazioni ma l'esperienza concreta del formatore. Alessandro Rinaldi in aula ci va da parecchi anni, e per questo sa bene che lo spazio in cui si gioca la partita decisiva è un altro: a lui interessa mettere in evidenza quello spazio virtuale che si crea nell'incontro tra formatore e allievo.


Per questo nel percorso di Rinaldi la porta dell'aula passa in secondo piano. In fondo, sembra dirci l'autore, in aula ci siamo sempre o non ci entriamo mai. Chi crede che per intraprendere un percorso di apprendimento sia sufficiente definire rigidamente un contesto di lavoro, molto probabilmente è già fuori strada. Troppo spesso si confonde la formazione con i contenuti trasmessi, e si pensa che apprendere sia qualcosa di molto simile all'accumulo di oggetti in un magazzino. Un percorso formativo definisce un'esperienza molto diversa dalla semplice giustapposizione di contenuti e metodo di insegnamento. Quello che conta è il processo, vale a dire la strutturazione dinamica di uno spazio di apprendimento. La porta che interessa a Rinaldi, allora, è quella della mente del formatore e dell'allievo. Il problema è che non ci sono maniglie e, forse, non esiste nemmeno il luogo in cui si vorrebbe entrare. Apprendere vuole dire operare una serie di ristrutturazioni e ridefinizioni dello spazio cognitivo. Il luogo, in un certo senso, si crea nel corso del processo. Noi non immagazziniamo contenuti, ma impariamo a ordinare esperienze in uno spazio che costruiamo nel momento stesso in cui iniziamo l'esplorazione.

La sfida del libro consiste nel tentativo di entrare nella "scatola nera" della formazione. Per fare questo, Rinaldi opera una serie di approssimazioni progressive al centro della questione. Il punto di partenza è l'ipotesi di una consulenza di processo centrata sull'esperienza di ricezione dell'allievo. La scatola nera, in questo caso, è quello spazio virtuale che si crea quando, ricevendo un messaggio, iniziamo a interpretarlo. È necessario essere in due per iniziare ad apprendere, ma è anche sufficiente essere in due per iniziare a fraintendere. Il formatore come consulente di processo deve prestare attenzione al momento della ricezione per evitare che la comunicazione si inceppi nel groviglio dei fraintendimenti. Occorre passare dal malinteso all'interpretazione e dal blocco concettuale alla moltiplicazione delle prospettive. Al centro del processo formativo non ci sono oggetti o nozioni, ma relazioni: per questo motivo occorre prolungare l'elaborazione individuale dell'apprendimento in un modello di intervento più ampio e strutturato.

Per apprendere, ci suggerisce Rinaldi, occorre moltiplicare i contesti. Non è sufficiente incontrare altri punti di vista, ma è necessario elaborare una strategia di lavoro basata sull'arricchimento intersoggettivo dell'esperienza formativa. L'entrata successiva, in questa direzione, è rappresentata dal cooperative learning. Fare formazione vuole dire anche incontrare persone diverse ed aiutarle a condividere un percorso. Rinaldi insiste sul valore aggiunto della condivisione, che permette di moltiplicare le aperture e le connessioni del soggetto con l'esterno. Si tratta, parafrasando Gregory Bateson, di un approccio "ecologico" alla formazione. La conoscenza condivisa crea un ampio circuito che pone in relazione gli individui con l'ambiente circostante: contenitore formativo e contenitore sociale entrano in relazione determinando un arricchimento reciproco. Perciò potremmo dire che l'apprendimento cooperativo è una prospettiva di tipo sistemico: gli individui, interagendo, formano un tessuto di esperienza molto più ricco delle singole parti che lo compongono.

Dalla porta dell'aula siamo passati alla scatola nera della mente, per poi arrivare alla definizione di uno spazio cognitivo moltiplicato e interconnesso. Sempre più entrate, potremmo dire, e sempre meno maniglie a cui aggrapparsi. Anche le competenze del formatore devono di conseguenza moltiplicarsi. Il modello di intervento descritto minuziosamente da Rinaldi si propone di sottolineare questa nuova idea di formatore "complesso": occorre essere disposti all'ascolto e all'empatia, accogliere il valore irripetibile dell'esperienza degli individui, accompagnare in modo non invasivo il processo di ristrutturazione cognitiva di chi apprende. Soprattutto, occorre saper gestire gruppi di lavoro, spostando l'accento dall'aspetto competitivo dell'apprendimento alla valorizzazione del rapporto cooperativo.

La mappa concettuale proposta dall'autore si può leggere in molti modi. È in primo luogo un modello di intervento di grande rilevanza strategica; è la revisione di un buon numero di presupposti pratici e teorici nel campo dei percorsi pedagogici e formativi. Ma è soprattutto un diario di viaggio: l'entrata nella scatola nera della formazione costringe il formatore stesso a mettersi in gioco e a fare i conti con il proprio percorso esperienziale. Rinaldi ha un background fuori del comune, perché in questi anni si è mosso tra gli Stati Uniti, l'Italia e l'India. La sua geografia personale è molto ricca e stratificata, e senza dubbio l'originalità della proposta deriva dal tentativo di coniugare esperienze "sul campo" molto diverse. Quando parla di arricchimento delle competenze ha in mente un legame molto stretto tra dimensioni a prima vista inconciliabili, che si potrebbero sintetizzare in una serie di coppie terminologiche: lavoro di gruppo e concentrazione individuale; concretezza dell'azione formativa e nucleo contemplativo del soggetto; razionalità ed emotività; esterno ed interno. Le entrate, come abbiamo visto, si moltiplicano, ma la proposta di Rinaldi è molto più sottile: l'ecologia, in un certo senso, comincia dall'interno, e il soggetto deve entrare in sintonia in primo luogo con la propria esperienza.

Al termine di un percorso molto denso e pluridimensionale il formatore rientra in aula. Rinaldi apre la porta e, letteralmente, mette in scena una serie di esperimenti formativi descritti con grande precisione. Gli ultimi capitoli affrontano la complessità delle situazioni educative proponendo altre mappe e altri modelli. La formazione diventa spazio di performance e di simulazione. Le scatole nere sono sempre di più, e forse assomigliano a scatole cinesi: contesti comunicativi che si inseriscono l'uno nell'altro, come nella Chinese box simulation descritta alla fine del libro. Ormai, però, le nuove entrate non sorprendono: l'autore rimette le maniglie alle porte e propone in dettaglio il proprio diario di viaggio. Il libro stesso sembra farsi da parte per rinviare allo spazio difficile e affascinante della pratica. Rinaldi ritorna in aula e, in attesa di proporre altre strategie di lavoro, ci offre il suo libro come resoconto di un itinerario che non si è ancora concluso. In fondo, sembra dirci, l'esperienza che conta davvero è quella che non abbiamo ancora fatto.

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