BLOOM! frammenti di organizzazione

Domenico Multari

recensione di:
Antonello Di Mascio; Theo Delia-Russell
E- Finance. Strategie e valutazione delle imprese finanziarie on line
Il Sole 24 Ore Libri

 

Innanzitutto si evidenzia un ritardo dell’Europa rispetto agli Stati Uniti, un ritardo storico e per certi aspetti fisiologico determinato da una diversa struttura sociale e ambientale.

La diffusione di Internet ha fatto sì che i problemi legati all’offerta dei servizi on line e alla crescente importanza della tecnologia nella relazione con la clientela siano diventati da tema di frontiera, un argomento al centro dell’interesse degli operatori, delle istituzioni e dell’intera società.

Il volume analizza:

-le nuove frontiere dell’e-finance;

-le numerose opportunità offerte agli operatori finanziari dal mutato scenario; -le minacce che esso comporta a causa delle pressioni esercitate da nuovi competitors specializzati nei finanziamenti on line e negli investimenti sul web.

Gli Autori esaminano l’impatto di Internet e della nuova tecnologia digitale, sull’economia reale e più specificatamente:

la nuova cultura manageriale

l’innovazione del prodotto

il ruolo centrale assunto dal cliente.

Settori che l’impatto telematico apre a nuovi scenari competitivi e, conseguentemente, a nuove metodologie di valutazione delle aziende finanziarie on line; valutazioni necessarie per poter comprendere il fenomeno borsistico degli ultimi mesi.

Alla luce di questi nuovi strumenti, l’informazione tecnologica sarà l’arbitro assoluto della crescita o meno delle aziende: Internet è visto, infatti come un vortice che determinerà, secondo i due autori, un cambiamento strutturale specialmente nel settore finanziario e in particolar modo in quello bancario, assicurativo e di asset management.

I nuovi approcci di analisi e valutazione proposti dagli autori, aiutano a capire il valore delle opzioni insite nelle scelte strategiche che le Società potranno effettuare per cogliere le opportunità offerte dal mercato.

Considerazioni

Noto che le tecnologie cambiano violentemente e repentinamente mentre, dal mio punto di vista, le menti cambiano molto ma molto lentamente.

Gli Americani, a proposito, parlano di "great digital divide", il grande divisorio digitale che tende a separare i lavoratori in due schiere: chi sa utilizzare e approfittare delle tecnologie, e chi no.

Com’è scritto nel libro, è vero che Internet aumenta la non fidelizzazione dei clienti ma, di conseguenza, aumenta anche enormemente il valore del brand, ovvero l’acquisto slegato da una analisi tecnica (che spesso non si è in grado di fare).

Negli ultimi anni questo aspetto è stato molto offuscato da tutti i nuovi competitori che sono entrati; sono convinto però che il valore del brand, cioè la capacità del marchio di essere sinonimo di fiducia, consistenza, accuratezza, servizio, lealtà, tornerà ad essere un fattore dominante.

In definitiva si naviga a bassissimi costi, contattando con facilità nuove realtà per scegliere, poi, un marchio che ispiri fiducia.

Per definizione i marchi non si impongono via Internet; nascono da ben altre consistenze storiche e sociali!

Un altro elemento di riflessione su cui voglio focalizzare il mio interesse è la complessità dell’offerta.

La tecnologia ed Internet, come esposto nel libro, fanno esplodere questo aspetto, rendendo sempre più complesso e sofisticato il prodotto. Un prodotto che si arricchisce di servizi, di accessori, di promesse, al punto che l’utente medio sta arrivando al limite della capacità di comprensione.

Si pensi ai conti correnti delle banche: quanti sono gli utenti che hanno capito quanti e quali garanzie ci sono all’interno?

L’offerta è talmente ricca che pochissimi vanno a controllare un libretto di istruzioni dal contenuto enciclopedico: e i servizi bancari sono tra i più semplici!

Sono immaginabili, di conseguenza, le complessità relative ai prodotti venduti dagli operatori di asset management o agli altri prodotti finanziari...!

Tuttavia più aumenta la complessità del prodotto, più si crea un divario tra il fornitore e l’acquirente.

Penso che questo fatto porterà ad una delega di fiducia poiché, fatta eccezione dei pochi che "navigano" frequentemente, ai più è difficile seguire tutto ciò che internet offre.

Torneremo, quindi, a delegare fidandoci di qualcuno, come ciascuno di noi fa nel momento in cui si rivolge ad un prodotto anche merceologico quotidiano, come una polizza assicurativa diversa da quella che si conosce bene; o come quando, pur essendo magari appassionati di vini, si chiede a un esperto di farsi indicare l’annata buona. Con questo voglio dire che c’è un fattore che dobbiamo attentamente considerare, soprattutto in epoche di grandi cambiamenti: il fattore costituito dalla persona, dalla risorsa umana.

In questo periodo stiamo assistendo agli assestamenti della borsa mondiale con correzioni molto forti specie quando viene ventilata una recessione negli USA; un problema complesso che va oltre la capacità media dell’investitore normale che dalle stesse articolate informazioni è travolto anziché agevolato.

In questi frangenti un marchio o un nome che veicolano fiducia diventano nell’intermediazione, appigli irrinunciabili.

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