BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 31/07/2006

Riccardo Paterni

PASSIONE E ORGANIZZAZIONE. DIETRO LE QUINTE DELLA FORMULA 1

recensione di:
Jo Ramirez

Memoirs of a Racing Man

Haynes Group, 2006

Quaranta anni di Formula 1 vissuti e descritti con schiettezza e semplicità da un protagonista del ‘dietro le quinte’: Jo Ramirez, un messicano che ha iniziato la sua carriera di ragazzo-tuttofare e poi meccanico nei primi anni sessanta in Maserati per poi chiuderla in McLaren in un ruolo di gestione manageriale in pista nel 2001. Il libro, uscito pochi mesi fa, è sicuramente affascinante anche per i non appassionati di Formula 1 (spero che presto ne facciano una traduzione in Italiano) perché è stato pensato e scritto dalla prospettiva di un uomo abituato a lavorare con le mani, con le cose pratiche e concrete, ancor prima di lasciarsi trascinare dai romanticismi e dal glamour del mondo smaltato e spietato della Formula 1.

Un ‘dietro le quinte’ del tutto speciale

Da questo ‘dietro le quinte’ è coinvolgente apprezzare la sfaccettata complessità organizzativa, tecnica, umana, finanziaria difficilmente comprensibile dalle classiche due ore di Gran Premio davanti alla TV. Sono personaggi come Ramirez che hanno contribuito e stanno contribuendo, spesso in modo quasi totalmente anonimo e sconosciuto al grande pubblico, alle ‘eroiche’ vittorie dei Senna e degli Schumacher di turno. Da notare anche il fatto che Jo Ramirez in tutti quegli anni di carriera si è sempre distinto per correttezza, umanità e professionalità che lo hanno sempre reso amichevolmente ‘di casa’ anche presso team rivali. Nel mondo della Formula 1 di ‘piranha’ (così viene definito dai vari team manager attuali) questo è in se un risultato notevole che la dice lunga sulle doti di carattere e personalità di Jo. Carattere e personalità che si sono modellati rispetto a quaranta anni di cambiamento fino al punto in cui Jo si è reso conto che le cose erano troppo cambiate ed in una direzione troppo distante rispetto a valori sviluppati in decenni di professione; era dunque giunto il momento di smettere ritirandosi in una casa, che lui stesso a costruito subito dopo il ‘pensionamento’, nel sud della Spagna.

Quaranta anni

Quaranta anni sono molti, ma in termini di Formula 1, visto il passo di cambiamento tecnico, organizzativo e finanziario, equivalgono ad un periodo di tempo molto più lungo. Ramirez ha iniziato la sua carriera emigrando in Europa al seguito dell’amico Ricardo Rodriguez (giovanissimo pilota Ferrari) e subito si è dovuto confrontare con un problema pratico e concreto: ottenere un permesso di immigrazione e di lavoro. Per ottenerlo era necessario mostrare di avere un lavoro e passo passo Ramirez è riuscito (ancora ventenne) a convincere Maserati di farsi assumere e ha quindi ottenuto il permesso di immigrazione e lavoro in Italia. Da qui è iniziata la sua carriera che lo ha portato a lavorare per vari team italiani, inglesi, tedeschi e anche americani e ogni volta si è trovato a dover gestire lo stesso iter burocratico di immigrazione rispetto al paese dell’azienda che lo assumeva. Un esempio pioneristico di vero ‘cittadino globale’ in tempi in cui lo spostarsi in giro per il mondo era ancora più complesso e tedioso rispetto ad oggi. Ramirez è bravo nel trasmettere emozioni e sentimenti quotidiani di questo zingaresco percorso di vita professionale e personale che ha scelto.

Sangue, passione ed ego spropositati

Fa impressione riflettere sul fatto che nell’arco di trenta anni ha visto morire in pista oltre una dozzina di piloti ai quali era particolarmente vicino anche da un punto di vista umano (il primo è stato negli anni sessanta proprio l’amico Ricardo Rodriguez e l’ultimo Senna) e nonostante questo ha sempre trovato la forza ed il coraggio, o forse l’inerzia alimentata da una sfrenata passione, di continuare in questa sua professione. Passo passo il suo lavoro si è arricchito sempre più nelle competenze e responsabilità: dagli aspetti tecnici della meccanica si è passati a quelli dell’organizzazione e della logistica fino ad arrivare ai delicati aspetti di coaching individuale e gestione degli ego spropositati e spesso in manifesto attrito fra campionissimi (l’era Prost - Senna in McLaren è sicuramente emblematica per queste dinamiche).

Spunti di riflessione

Colpisce il fatto che da un punto di vista umano e organizzativo il mondo della Formula 1 è ancora più estremo rispetto a quanto si possa pensare guardando le corse in TV o assistendo ai Gran Premi dal vivo. Idee, sogni, talenti, risorse vengono tutti mischiati e centrifugati con un ritmo sempre più frenetico e incalzante. Ciò che tecnicamente funziona oggi è obsoleto e inutile domani; l’impegno finanziario che pochi anni fa permetteva di avere risorse per primeggiare oggi non è più sufficiente nemmeno per fare la comparsa. Si arriva a rendersi conto di tutto questo quando si riesce a maturare una prospettiva storica sull’evoluzione della Formula 1 come appunto Ramirez ci aiuta a fare.

Dal gruppo valorizzato del ‘boscaiolo’ alle procedure della Corporation

Negli anni settanta Tyrrel ha vinto per due volte il campionato del mondo grazie ad un gruppo di lavoro di una ventina di persone che davano tutto se stessi, in vari ruoli approssimativamente definiti e organizzati, (Ramirez era appunto in uno di questi ruoli) per permettere al talento di Jackie Stewart di dare il meglio di se. Non importava se la sede dell’azienda, dai piazzali infangati e dai capannoni scialbi, richiamava apertamente alle origini di ‘boscaiolo’ del suo fondatore. Ken Tyrrel teneva alla soddisfazione professionale di tutto il gruppo di lavoro e lo dimostrava tangibilmente nel modo in cui si comportava oltre che in ciò che diceva. Negli anni settanta era ancora possibile raggiungere la vetta della Formula 1 in questo modo: poche persone, appassionatissime e di talento, pronte in ogni momento a sporcarsi le mani in un vero lavoro di squadra.

A quella sfuocata immagine di piazzali infangati, si contrappone quella molto più nitida e attualissima della sede asettica, faraonica e multitecnologica della McLaren. All’agguerrito piccolo gruppo di tecnici, meccanici e personale amministrativo, si è sostituita una struttura di centinaia di persone con ruoli estremamente specializzati. Allo spirito di lavoro di squadra concentrato sul risolvere i problemi emergenti nella maniera più pratica e diretta possibile, si sono sostituite le procedure della corporation (si perché ormai è passato il tempo dei Ken Tyrrel e le corporation, come ad esempio la Mercedes nel caso della McLaren, hanno di fatto il controllo dei teams) procedure che a chi come Ramirez il mondo delle corse lo conosce veramente paiono “senza senso e senz’anima”. Quando Ramirez si è reso conto che queste erano ormai le dinamiche del suo mondo e ha anche constatato che certe procedure erano ormai fuori controllo anche dal vertice aziendale (anche il boss McLaren Ron Dennis non ha più voce in capitolo sul tema nonostante si renda conto di alcune assurdità) ha semplicemente constatato che i cambiamenti erano troppi e troppo sostanziosi per continuare ad adeguarsi.

Il sottile equilibrio che fa vincere oggi

In fondo i Gran Premi durano ancora più o meno due ore come lo facevano trenta o quaranta anni fa; le monoposto sono si più veloci (e soprattutto molto più sicure) ma fondamentalmente continuano a sfidare le medesime leggi della fisica come un tempo. In fondo è ancora una sfrenata passione che rasenta l’incoscienza ad alimentare la sete di velocità e di primato dei piloti. Eppure tutto il meccanismo che ‘dietro le quinte’ rende tutto questo possibile si è ormai radicalmente trasformato in una direzione marcatamente asettica, spersonalizzata e spersonalizzante. Alla luce di questa considerazione è forse possibile anche comprendere perchè dispieghi enormi di risorse da parte di aziende come la Honda o la Toyota paiono non bastare per vincere; quando organizzazione, competenze e specializzazioni si fanno estreme si corre il rischio di perdere la passione vera che da sempre ha alimentato questo sport-spettacolo e che fondamentalmente continua a fare la differenza fra il vincere ed il semplice partecipare.

Passione e organizzazione: sottile fragile equilibrio

Jo Ramirez non è assolutamente il tipo nostalgico che riflette sul classico “si stava meglio quando si stava peggio”, Da persona pragmatica quale è, si limita a constatare che il cambiamento è sempre e comunque presente e ci si può solo adattare al contesto, se si vuole, o uscirne completamente come lui ha fatto. In quanto a noi, appassionati di Formula 1 o semplici distratti spettatori, dovremmo iniziare ad avere una comprensione più ampia e approfondita su ciò che comporta vincere Gran Premi e campionati del mondo.

Ormai è il saper mantenere un sottile fragile equilibrio fra coinvolgente passione individuale e spersonalizzata sterile organizzazione a fare la vera differenza; Jo Ramirez in questo libro ce lo fa comprendere.

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