BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 1/10/2007

Riccardo Paterni

SCEGLIERE DI ESSERE PICCOLI PER ESSERE GRANDI

recensione di:
Bo Burlingham

Small Giants. Companies That Choose To Be Great Instead Of Big

Portfolio, 2005; Paperback - Updated, Penguin, 2007

“Piccoli Giganti che hanno scelto di restare piccoli per essere grandi”, a cosa si riferisce il titolo di questo libro? Ad uno studio approfondito di alcune aziende americane piccole e medie (dai 10 a poche centinaia di dipendenti) che hanno scelto di non crescere come dimensione per sviluppare e mantenere livelli di eccellenza nei prodotti e nei servizi che offrono. L’autore del libro e dello studio è l’editore della rivista Inc.Magazine che negli USA è la più diffusa e autorevole proprio nel contesto delle piccole e medie aziende.
Si tratta di un lavoro che ha suscitato molto interesse non solo perché fondamentalmente anche l’economia americana si basa molto su aziende di questo tipo, ma anche perché ha articolato bene le valide ragioni per contenere la crescita aziendale allo scopo di esprimere il meglio del proprio potenziale; e questo, qua negli USA dove da sempre Big è sinonimo di successo e potere nell’immaginario collettivo, ha portato molti imprenditori e manager a riflettere.

“Noi siamo piccoli e vinceremo”. Ma senza crescere troppo
A mio parere questo studio è particolarmente significativo anche per il contesto italiano perché offre spunti pratici, di vita vissuta, su come sviluppare l’eccellenza, la qualità, nei prodotti e nei servizi anche nelle nostre aziende, anche e soprattutto quelle piccole e medie. Il punto è questo: dobbiamo renderci conto che spesso non importa essere grandi nelle dimensioni per lavorare bene e raggiungere il successo; questo libro dimostra che l’ingrediente chiave non è la dimensione ma la consapevolezza e l’arte di saper utilizzare al meglio le risorse che si hanno e soprattutto di aprirsi in modo autentico e costruttivo verso l’esterno tenendo presente anche altri obiettivi oltre a quelli finanziari.
L’autore chiarisce quali siano stati i tre criteri che lo hanno portato a identificare e studiare quattordici aziende medio-piccole:

  1. aziende in cui la proprietà, pur avendo l’opportunità di crescere dimensionalmente, magari anche quotarsi in borsa o venire assorbite da grandi Corporation, non lo hanno fatto per precisa scelta gestionale;
  2. aziende che sono ammirate e viste come modello nei rispettivi settori di appartenenza, in altre parole aziende che hanno il rispetto da parte anche dei critici più severi: i loro concorrenti;
  3. aziende che sono state riconosciute per i livelli di eccellenza raggiunti anche da entità totalmente indipendenti ed esterne rispetto al settore di appartenenza.

Sono criteri che mirano a cogliere un’essenza di vera autenticità e genuinità gestionale; la dimensione etica e la prospettiva a lungo termine, costruita su reputazione e risultati, sono visti come elementi chiave da approfondire e comprendere nella loro natura e negli elementi che contribuiscono a formarli.

Sette caratteristiche chiave
Complessivamente l’autore ha identificato sette caratteristiche di gestione che accomunano queste aziende.

  1. Gli imprenditori fin dall’inizio hanno dato un indirizzo preciso di identità aziendale non tanto osservando quello che facevano i concorrenti ma definendo in modo determinato e articolato quale doveva essere l’essenza dell’azienda, la sua anima, la sua personalità, indipendentemente dalle pratiche e dalle idee caratterizzanti il settore in cui operava.
  2. Gli stessi imprenditori hanno saputo resistere a vari tipi di pressioni e consigli dall’esterno per far progredire l’azienda rendendola più conforme rispetto agli standard del settore. Questo ha comportato periodi difficili di incertezza e crisi di identità, il difficile e laborioso percorso fuori da questi periodi ha aiutato gli imprenditori a conoscere meglio se stessi e dare ancora più forza e determinazione al loro lavoro.
  3. Ciascuna delle aziende protagoniste dello studio ha saputo sviluppare una relazione molto forte con la comunità in cui risiede, una relazione che non si limita semplicemente a contribuire in senso materiale al benessere della comunità, il rapporto si è sviluppato ed evoluto in un senso di identificazione e complicità costruttiva fra azienda e comunità, si sono sviluppati valori comuni al punto tale che alcune di queste aziende hanno consapevolmente scelto (limitando la loro crescita) di non trasferire la loro sede consapevoli che l'operare in una comunità diversa avrebbe avuto delle ripercussioni negative sulle dinamiche di atmosfera all’interno e all’esterno dell’azienda stessa.
  4. La dimensione umana, una dimensione autentica non retorica o puramente utilitaristica, è considerata quotidianamente un aspetto chiave nel rapporto sia con clienti che con fornitori, sono le interazioni del quotidiano che danno continuamente opportunità di dimostrare nei fatti la cura di questo aspetto.
  5. In ciascuna di queste aziende è palpabile un senso di comunità in cui l'organizzazione dimostra di avere cura non solo dei bisogni materiali delle persone che vi lavorano ma anche di quelli di creatività e continuo apprendimento, quelli emotivi e anche spirituali intesi come senso di energia e vitalità interiore, questo senso di comunità e di appartenenza sviluppa un senso di orgoglio nel lavoro svolto, orgoglio che viene trasmesso in modo naturale nelle interazioni con clienti, fornitori e con la società esterna in genere.
  6. Da un punto di vista strutturale/organizzativo ciascuna azienda ha sviluppato in modo creativo dei modelli di organizzazione estremamente funzionali in senso operativo che contemporaneamente supportano e alimentano gli aspetti di cui ai punti precedenti.
  7. La presenza di un profondo senso di passione e contagioso attaccamento emotivo per il tipo di attività trasmesso dall’imprenditore a tutte le persone che lavorano in azienda e a sua volta da queste a tutte le entità esterne (clienti, fornitori, società).

Due fattori guida: identità e autenticità
Le storie di imprenditori narrate nel libro sono molto coinvolgenti: le tante lotte per portare in superficie “l’idea vincente”, i dubbi e le incertezze su come gestire il successo di quell’idea, problemi finanziari, sacrifici familiari; sono storie allo stesso tempo uniche irripetibili e comuni nella loro essenza. Storie che sono caratterizzate da due fattori guida: identità e autenticità.
L’identità si riferisce al fatto di ‘guardarsi allo specchio’ per riconoscere e articolare al meglio la propria essenza: “cosa facciamo?” “perché lo facciamo?” “che cosa caratterizza veramente ciò che facciamo?” “cosa ci rende veramente unici? perché?” “come possiamo mantenere queste caratteristiche e al contempo raggiungere necessarie economie di scala?”. Le risposte a queste domande non sono mai ne semplici ne scontate.
Tipicamente l’imprenditore (o gli imprenditori) hanno cercato di rispondere da soli e poi passo passo hanno coinvolto l’azienda nel suo complesso nel farlo articolando al meglio il tipo di visione e valori che realmente caratterizzano l’azienda e la rendono unica. Strettamente legato al fattore identità é anche quello dell’autenticità, ovvero della dimostrata capacità di curare e mantenere un senso di coerenza e affidabilità allo scopo di sviluppare delle vere e proprie “connessioni emozionali” con i propri collaboratori, con clienti (collaboratori e clienti sono messi sullo stesso piano di rispetto, considerazione e cura del loro potenziale di sviluppo) con fornitori e con tutte le entità esterne in genere.
Nel bene e nel male, nelle difficoltà e nei successi, la vita di queste aziende è caratterizzata da questo profondo senso di schiettezza e trasparenza anche quando schiettezza e trasparenza non contribuiscono in senso positivo allo sviluppo del business avendo a che fare con concorrenti o fornitori opportunisti.
Questo senso di identità e autenticità sono stati conquistati con consapevolezza, con lunghi anni di lavoro e sacrificio; il tutto è stato inspirato da un tipo di visione legato a “rendere il mondo un posto migliore” attraverso il proprio lavoro, in modo diretto o indiretto.
Per far questo è indispensabile evolversi, sperimentare, mettersi continuamente in discussione affinando il proprio senso di identità e mai tradendo l’autenticità che fa da collante emozionale con collaboratori, clienti e fornitori. Collante che stimola un forte e autentico senso di appartenenza all’azienda da parte di collaboratori e che stimola un sano e costruttivo senso di complicità con clienti e fornitori nel risolvere problemi ed innovare.

Qualche riflessione
In Italia ci troviamo spesso a discutere del fatto che abbiamo moltissime medie e soprattutto piccole, piccolissime aziende che sono carenti di risorse per confrontarsi in modo attivo e dinamico con il mercato moderno. La dimensione aziendale è vista in se come un ostacolo “by default”.
Questo libro ci aiuta a comprendere che ancor prima di fossilizzarci su questo tipo di polemiche dovremmo imparare a trarre il meglio da ciò che abbiamo; identità e autenticità non richiedono grossi investimenti finanziari per essere articolate, sviluppate e dimostrate, richiedono un forte senso di imprenditorialità vera, lungimirante e che miri in concreto, anche nel suo piccolo, “a rendere il mondo migliore”. Solo in questo modo si possono sviluppare le “connessioni emotive” con collaboratori, clienti e fornitori che permettono all’azienda, pur piccola che sia, di aprirsi con un’anima, con personalità e carattere al mondo esterno. Ed è da questo tipo di apertura e complicità che aziende medie e piccole possono raggiungere e rinnovare un reale senso di eccellenza in ciò che fanno.
Concetti sono relativamente semplici da capire, più difficili da articolare, richiedono un senso di visione, determinazione e disciplina; questi sono tutti aspetti che nemmeno i più ingenti capitali di grandi multinazionali possono comperare (e le recenti cronache sulle problematiche vicissitudini di corporation globali lo dimostrano). Per tutto questo, come il titolo del libro evidenzia, è tutta una questione di consapevole scelta.

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