BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 28/01/2008

Riccardo Paterni

COULD YOU CHANGE WHEN CHANGE MATTERS MOST? O SI CAMBIA O SI MUORE

recensione di:
Alan Deutschman

Change or Die: The Three Keys to Change at Work and in Life, Collins

Collins; Reprint edition (December 26, 2007)

O si cambia o si muore. Cambiare le proprie abitudini, i propri riferimenti è una cosa relativamente facile da concettualizzare; tremendamente difficile da mettere in pratica. Il giornalista Alan Deutschman (autore di questo libro recentissimo libro e corrispondente della rivista Fastcompany) ha voluto approfondire l’argomento dopo aver partecipato ad una conferenza internazionale di cardiologi dove si evidenziava che su 10 casi di sopravvivenza a infarti solo 1 effettivamente giungeva a cambiare abitudini alimentari e di vita come suggerito dai medici. Gli altri 9 finivano per ricadere nelle solite abitudini e avere nuovi infarti molto spesso fino a conseguenze estreme.
Eppure Deutschman si è trovato ad intervistare varie persone che hanno affrontato cambiamenti importanti nella loro vita e nelle loro aziende. IBM come caso su tutti, da aziende produttrice di International Business Machines a società globale di consulenza organizzativa. Deutschman ha analizzato tre contesti in cui il cambiamento si è effettivamente manifestato: quello di quel 10 % di cardiopatici; quello di soggetti criminali riabilitati; quello di lavoratori con atteggiamenti ‘ribelli’ e privi di cooperazione divenuti esempio modello di produttività.

La forza della speranza e del metodo sopra quella della paura e dei fatti
Tre sono i fattori che Deutshman ha riconosciuto come comuni a tutti questi contesti (e sono fattori supportati da vari recenti studi e ricerche in campo neurologico); sono fattori che mettono in evidenza le ragioni per cui il cambiamento spinto (o guidato) dai classici due fattori (fatti e paura) non si concretizzi, o se questo avviene, è un cambiamento destinato a durare per un breve periodo di tempo vinto progressivamente dal riemergere delle vecchie abitudini. Ecco i tre fattori comportamentali la cui presenza assicura l’adattamento ad un cambiamento duraturo:

Primo fattore al cambiamento: RELATE (relazionarsi) formare una nuova relazione con una persona o una comunità che ispira e sostiene la speranza.

Secondo fattore al cambiamento: REPEAT (ripetersi) questa nuova relazione aiuta a mettere imparare, mettere in pratica con costanza e metodo abitudini e capacità di cui si ha bisogno nel nuovo contesto in cui ci troviamo.

Terzo fattore al cambiamento: REFRAME (ricontestualizzarsi) questa nuova relazione aiuta a pensare in un modo nuovo rispetto alle dinamiche della propria situazione, del contesto in cui si vive.

 

Un caso aziendale concreto
Vediamo questi concetti applicati al contesto di uno stabilimento produttivo General Motors a Fremont in California acquisito negli anni ottanta dalla Toyota. La natura delle relazioni industriali nello stabilimento gestito da GM era di puro conflitto fra forza lavoro (supportata dal sindacato) e management. La produttività era considerata molto bassa e l’atteggiamento manageriale di fronte a questo era di mettere in evidenza i dati a sindacati e lavoratori e minacciare di sostituire la forza lavoro con robot. Questo tipo di presa di posizione non ebbe successo; provocò solo il risultato di inasprire le relazioni industriali ad un punto tale che la vendita dello stabilimento si rivelo inevitabile. Di fronte alla nuova proprietà Toyota i lavoratori si mostrarono subito sulla difensiva pronti a continuare lo scontro con il management. Furono sorpresi nel realizzare che Toyota non cercava lo scontro ma il dialogo, un dialogo volto a formare i lavoratori sui metodi operativi dell’azienda giapponese volti ad incrementare produttività e contemporaneamente a creare e sviluppare un reale senso di partecipazione e soddisfazione professionale nella forza lavoro.

RELATE. Toyota creò di fatto una nuova rapporto con i lavoratori facendoli appartenere a ristrette squadre di lavoro capeggiate da colleghi. Il senso di speranza nel futuro fu alimentato anche dal fatto di far visitare ai capi squadra gli stabilimenti in Giappone perché potessero vedere con i loro occhi il funzionamento ed il successo dei sistemi produttivi che intendevano implementare.

REPEAT. Toyota formò la forza lavoro sulle competenze necessarie alle nuove metodologie produttive dando a ciascun lavoratore l’opportunità di fare pratica, apprendere dove poteva migliorare e come poteva farlo, fino al punto di indurre in ciascun lavoratore un reale senso di professionalità.

REFRAME. Quando i lavoratori si resero conto (nel concreto del quotidiano) che la Toyota con tutto questo li stava trattando veramente come membri di una ‘grande famiglia’ (dando loro rispetto unitamente ad un senso di responsabilità) effettivamente si sentirono parte di questa famiglia. L’epoca degli attriti con il management era finita, quella della cooperazione appena iniziata. Produttività e soddisfazione professionale dei lavoratori si mostrarono in progressiva crescita.

Pillole di psicologia
Deutschman approfondisce la natura delle dinamiche psicologiche di ciascuna fase di cambiamento facendo riferimento ad una serie di fondamenti psicologici come ad esempio: l’importanza di rendersi conto quando stiamo semplicemente proteggendo il nostro ego e questo non ci permette di percepire propriamente le dinamiche della realtà che ci coinvolge; l’importanza di un senso di appartenenza, di comunità, nello stimolare il cambiamento; l’importanza di concretizzare con comportamenti ed azioni ripetute le dinamiche del cambiamento; la ‘plasticità’ strutturale del nostro cervello che fondamentalmente è sempre pronto ad apprendere e ‘modellarsi’ a nuove idee ed esperienze se soltanto siamo effettivamente convinti e motivati e consapevoli di fare questo e un senso di speranza per un futuro migliore rappresenta il fulcro di tutta questa dinamica.

E allora?
Un libro che non solo fa riflettere, ma da spunti concreti di azione e cambiamento invitando al classico “provare per credere”. Sarebbe interessante provare a rapportare le dinamiche delle nostre aziende a queste considerazioni. Quale è la forza che alimenta idee e azioni in azienda: la paura o la speranza? c'è veramente un senso di appartenenza e spirito di gruppo o 'ognuno è per se'? La formazione, quella vera, quella sulla base della quale è possibile riscontrare cambiamento, progresso realea distanza di mesi o anni, deve fare leva su aspetti di concretezza e coerenza indissolubilmente legati al quotidiano lavorativo. O si cambia o si muore... la morale é che finché continuiamo a gestire noi stessi e le nostre aziende guidati da un senso di paura per il futuro, difficilmente sapremo essere protagonisti del cambiamento che inevitabilmente vedremo svilupparsi attorno a noi. Dalla paura alla speranza per un futuro migliore. Non si tratta di retorica, ma di scienza e consapevolezza applicata. A noi la scelta se utilizzare o meno queste informazioni e agire (mettendo da parte scetticismi e polemiche a cui siamo tanto affezionati ma conducono in una sola direzione: lo stallo e quindi l’inevitabile regresso).

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