BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 18/09/2006


Riccardo Paterni

LA CONCEZIONE 'MUSCOLARE' DELL'INTUITO

recensione (tramite colloquio con l'autore) di:
Gary Klein

Intelligenza intuitiva. Il vero segreto dei manager e degli imprenditori di successo

Guerini e Associati, 2006.

 Un metodo scientifico applicato in ‘campi estremi’

Quando si parla del concetto di ‘potenziale umano’ spesso si spendono tante belle parole e si articolano frasi ad effetto, senza però giungere ad approfondire aspetti pratici e concreti utili a comprendere, interpretare e utilizzare dette potenzialità nel quotidiano lavorativo e nella vita privata. Gary Klein da più di venti anni lavora come ‘chief scientist’ (capo ricercatore scientifico) della Klein Associates, di Columbus Ohio (USA) su temi di ricerca legati alle attività cognitive proprio allo scopo di comprenderle al meglio e facilitarne un utilizzo efficace. In questo modo il concetto di ‘potenziale umano’ inizia ad essere molto più pragmaticamente tangibile ed identificabile (in puro stile Made in USA) e soprattutto possiamo giungere a riconoscere metodi e strumenti efficaci per valorizzarlo concretamente. Tutto il lavoro di Klein sull’intuito, raccolto nel libro Intelligenza intuitiva. Il vero segreto dei manager e degli imprenditori di successosi basa appunto su questa prospettiva.

Per apprezzare al meglio la sostanza di quanto Klein ha scoperto ed elaborato, è utile chiarire cosa significhi il suo titolo professionale di ‘chief scientist’. Klein è uno psicologo che studia la cognizione: il modo il cui noi percepiamo, agiamo e reagiamo rispetto alla realtà con cui ci confrontiamo. Il metodo che lui usa è scientifico, basato su un rigore operativo che a molti di noi risulterebbe almeno almeno snervante da praticare (tale è la cura, la pazienza e la meticolosità nell’identificare e ponderare ogni singolo dettaglio e ogni singola possibile connessione fra eventi ed osservazioni), al tempo stesso, a differenza di suoi molti colleghi, ha scelto di farlo fuori dall’ambiente asettico del laboratorio, nei contesti concreti di vita reale; anzi Klein è uno dei precursori di questa metodologia di ricerca che negli USA si sta progressivamente diffondendo con il nome di Metacognition.Le basi di questa metodologia di lavoro e circostanze fortuite di vita (come lui non dimentica mai di sottolineare) hanno portato Klein ad avere l’opportunità di rapportare il suo lavoro ad ambiti lavorativi in cui si devono inevitabilmente prendere decisioni fondamentali (a volte anche decisioni che hanno un impatto di ‘vita o morte’) in tempi ridottissimi, in pochi minuti o addirittura pochi secondi; in questi contesti non c’è tempo per analizzare varie opzioni in modo conscio, si deve agire di intuito. Klein nel corso di questi anni ha osservato e studiato ‘sul campo’ il lavoro di persone che sono portate a decidere ed agire in questo modo quotidianamente: vigili del fuoco, marines e personale specializzato operante in reparti ospedalieri di pronto soccorso e cura intensiva; tutto questo gli ha fornito basi concrete di studio sulle quali ha elaborato la sua prospettiva sui fondamenti dell’intuito e su come potenziarlo.

Ho avuto modo di approfondire con Klein il suo lavoro in occasione di incontri di persona, scambi di e-mail e franche discussioni su Skype. Ne sono venute fuori varie considerazioni che a mio parere sono utili ad introdurre ed in alcuni casi espandere le osservazioni e pratiche che Gary ha articolato nel libro sopra citato.

 

“L’intuito è esperienza tradotta in azione” - il segreto è tutto nella ‘traduzione’

Nel libro Gary chiarisce dalle primissime pagine che il suo punto di vista sull’intuito è puramente scientifico: si mettono da parte ‘magie’, doni di natura, sesti sensi di vario tipo e così via... o meglio, si analizzano gli effetti di tutte queste ‘capacità’ andandone a rintracciare la radice tangibile e concreta legata al nostro comportamento e tutto ciò che si sviluppa dalla stessa. Questa è la scienza cognitiva. Il libro mi è subito piaciuto proprio per questa sua pragmaticità e praticità che se da un lato spegne il glamour di ‘poteri unici e soprannaturali’, dall’altro alimenta la sostanza del potenziare concretamente certe nostre capacità andandone a scoprire la loro reale natura.

Uno dei primi aspetti che Klein ha identificato nei suoi progetti di osservazione e ricerca è che chi prende decisioni d’intuito spesso non si rende nemmeno conto di aver deciso qualcosa, l’azione è immediata e senza esitazione. Gary sottolinea “L’esperienza in questi frangenti è sicuramente un fattore fondamentale, ma non è sufficiente! La cosa interessante è che professionisti abituati ad utilizzare l’intuito nel loro lavoro quotidiano spesso non si rendono nemmeno conto di farlo e per questo motivo nemmeno riescono a identificare cosa li abbia portati a fare determinate scelte. In realtà, con il nostro lavoro di ricerca, siamo riusciti ad identificare con loro la natura e lo scopo dei vari processi mentali di selezione, processi rapidissimi, che li portano ad agire. Questi processi mentali si basano sul sensemaking che loro danno a tanti piccoli indizi e particolarità legati alla situazione con cui si confrontano. L’esperienza è fondamentale perché consente di accumulare, e successivamente riconoscere, questi indizi; al tempo stesso l’esperienza non è sufficiente perché questi indizi devono essere interpretati dal sensemaking allo scopo che siano veramente utili e ci permettano di agire al meglio” . Il sensemaking è una parola in gergo tecnico che inizia ormai ad essere piuttosto comune anche in Italiano, significa ‘dare un senso’, ‘interpretare’; da questo nasce la definizione di Klein “l’intuito è esperienza tradotta in azione”.

Action script è il termine tecnico che identifica la connessione fra l’interpretazione del contesto e la successiva immediata azione. Più esperienze abbiamo in un determinato campo, più siamo portati a riconoscere rapidamente (il più delle volte a livello inconscio) quegli indizi, quelle particolarità che ci portano ad inquadrare la situazione (sensemaking) e a scegliere il tipo di action script che riteniamo più adatto. Questa è l’essenza del collegamento fra intuito ed esperienza; da notare che questo processo di selezione di action script avviene rapidamente e a livello inconscio. E’ chiaro però che scomponendo le dinamiche dell’intuito in questo modo è possibile lavorare sul riconoscimento e sull’utilizzo dei singoli fattori in causa e questo rafforza la nostra capacità selettiva di action script una volta che ci troviamo in situazioni che ne richiedono l’impiego.

Ecco come togliamo l’alone di ‘magia’ all’intuito e lo portiamo su aspetti pragmatici di percezione e comportamento. Il fattore chiave consiste nel saper riconoscere, analizzare e soprattutto interpretare le nostre esperienze. Questa constatazione mi fa riflettere su quanta approssimazione e superficialità faccia parte di tante piccole e grandi scelte ed esperienze che avvengono in azienda; tutto questo sicuramente non contribuisce a rafforzare le nostre capacità di sensemaking e nemmeno la nostra attitudine ad esercitare l’intuito.

Approfondisco con Klein sul fattore esperienza: “OK Gary, l’esperienza ed il relativo sensemaking sono i fattori chiave. Ma contano soltanto le esperienze che viviamo in prima persona o possiamo beneficiare anche delle esperienze altrui? e se si, come?” Gary è rapido nel rispondere “Le esperienze degli altri possono essere rilevanti tanto quanto le nostre, se non di più. Questi sono alcuni modi per rafforzare le nostre capacità di valutazione ed azione: ascoltare persone che descrivono come hanno gestito situazioni di scelte difficili; fare loro domande al termine dei loro racconti per approfondire la natura degli indizi chiave che li hanno influenzati; condividere con loro i dubbi e le scelte che noi stessi cerchiamo di gestire per avere una loro opinione interpretativa, questa attività può essere particolarmente utile quando abbiamo la fortuna di interagire con persone veramente esperte nel campo in causa.”

L’intuito e la saggezza; radici comuni

Quindi, riassumendo: varie esperienze in un determinato contesto rafforzano la nostra capacità di utilizzare l’intuito in quanto aumentano la gamma di indizi e particolarità che siamo pronti a percepire ed action script che siamo pronti ad utilizzare. Mi è venuto spontaneo collegare il tutto alla tesi centrale del libro di Goldberg Elkhonon, Il paradosso della saggezza. Come la mente diventa più forte quando invecchia.

Detta tesi evidenzia come la saggezza sia determinata dalla nostra capacità di accumulare un’ampia gamma di modelli mentali generata dalle nostre esperienze; più ampia è questa gamma, maggiore è la possibilità di adottare scelte sagge. Con l’avanzare dell’età il cervello fisiologicamente diminuisce le sue capacità ricettive, al tempo stesso è proprio l’età e l’esperienza che ci ha permesso (potenzialmente) di accumulare quelle esperienze che hanno arricchito i nostri modelli mentali e quindi la nostra capacità di saggezza. Il collegamento fra le ‘fonti’ della saggezza e le ‘fonti’ dell’intuito non è casuale. Elkhonon (un esperto in neuroscienza, una scienza che ha progredito moltissimo nel corso degli ultimi anni e che studia le dinamiche e interazioni del nostro sistema nervoso con il cervello) e Klein sono arrivati a conclusioni molto simili negli aspetti ‘meccanici’ di base proprio perché sia per l’intuito che per la saggezza dipendono dall’efficace gestione di potenzialità fisiologiche che fanno parte del nostro cervello e del nostro sistema nervoso dal quale dipendono le percezioni. Non a caso sia Elkhonon che Klein parlano di esercizi ‘muscolari’ (nel senso esercizi ripetuti e perfezionati con la pratica) per potenziare rispettivamente le nostre capacità di saggezza e di intuito. Ho fatto notare la cosa a Klein che non conosceva il lavoro di Elkhonon e anche lui ha concordato che questo parallelo concettuale non è casuale ma bensì legato agli stessi fondamenti di base.

In entrambi i casi l’aspetto chiave è la gamma di modelli mentali che si hanno a disposizione. Sicuramente gli esperti in un determinato campo hanno una gamma più ampia di modelli da cui attingere e fanno questo in modo più immediato e diretto, esercitando le loro capacità di intuito. Ma attenzione, anche gli esperti non sono infallibili e ciò dipende dal fatto che gli schemi mentali che formiamo con l’esperienza e il sensemaking rischiano di essere non del tutto accurati e precisi in quanto selezionati da ‘filtri mentali’ (ferme assunzioni e convinzioni) che ci creiamo e che ci impediscono di percepire appieno le vere dinamiche e connessioni della realtà. In questo senso i modelli mentali mostrano la loro debolezza. Una debolezza che peraltro può essere arginata con una giusta dose di umiltà che ci porti a rivedere la situazione in una maniera meno istintiva e più analitica. Infatti, anche Klein suggerisce nel prendere decisioni di partire sempre dall’aspetto intuitivo integrandolo poi con quello analitico (valutare consapevolmente varie opzioni, analisi di dati numerici) per mettere alla prova la consistenza dei modelli mentali che hanno generato la nostra decisione intuitiva ed eventualmente rettificarla.

La concezione ‘muscolare’ dell’intuito alimenta il vero apprendimento

Le dinamiche ‘muscolari’ dell’intuito (imparare ad arricchirsi dalle esperienze con la pratica e la verifica del sensemaking) ci portano all’esercizio del vero apprendimento: l’apprendimento che non è semplicemente nozionistico ma bensì si basa sul confronto diretto con gli aspetti pratici e concreti della realtà. Klein sottolinea “C’è un significativo rapporto di reciprocità fra intuito e apprendimento. L’intuito è sicuramente basato sull’apprendimento: sull’aprirsi a nuove esperienze cercando di comprenderle e assimilarle. L’apprendimento a sua volta è alimentato dall’intuito che ci può indirizzare ad approfondire aspetti o particolarità che altrimenti avremmo trascurato. Le nostre capacità di intuito ci possono infatti portare ad integrare modelli mentali che per loro natura sono modulari e che ci consentono quindi di dare un nuovo indirizzo all’eccessiva linearità del nostro apprendimento.” Messa così la cosa mi sembra un po’ intricata... “Gary, cosa intendi per eccessiva linearità del nostro apprendimento?” “Semplicemente che sempre più spesso per imparare veramente bisogna rendersi conto di dover disimparare, di dover uscire da rigidi schemi logici che spingono il nostro pensiero in un’unica direzione; l’intuito ci può appunto aiutare in questo soprattutto quando ci abituiamo a svilupparlo in modo appropriato”.

Continuo a essere perplesso sulla cosa e spingo Gary a ‘scendere’ su aspetti più pratici: “Facciamo un esempio”. “Bene, consideriamo il feedback che riceviamo sotto forma di imprevisto o problema con il quale ci dobbiamo confrontare. Le percezioni e la logica ci portano subito ad identificare quali siano i sintomi del problema, ma spesso le cause vere dello stesso sono più complesse e restano nascoste. Finché non usciamo dalla linearità di pensiero che ci porta a vedere solo i sintomi del problema, non riusciremo mai a risolverlo veramente e di conseguenza finiremo per non apprendere niente di nuovo. In questi casi l’intuito ci può fornire spunti chiave per individuare le cause vere del problema.”

Beh, non è semplicissimo ragionare in modo pratico con un ‘chief scientist’, devo ammetterlo; in ogni modo la sua considerazione mi fa ricordare vari Case Studies che sono presenti nel libro e che narrano appunto di problemi aziendali risolti in questo modo; fondamentalmente gli esperti spesso riescono a risolvere problemi proprio perché grazie al loro intuito arrivano alle cause vere del problema riuscendo a percepire qualcosa che magari altri ‘avevano sotto il naso’ ma che non riuscivano a vedere proprio per quella ‘linearità di apprendimento’ e conseguentemente, linearità di risoluzione problemi, di cui parla Gary.

 

Il concetto di intuito posto su un piano organizzativo: dare forza al potenziale umano e riconsiderare sotto nuova luce la vera valenza di procedure e tecnologie di gestione

L’intuito su un piano aziendale. Nel corso degli ultimi anni anche in Italia si è sempre più parlato di cambiamento, di aziende che devono innovare ed innovarsi, a mio parere l’intuito ha un ruolo chiave in tutto questo. Timidamente provo ad approfondire la cosa con Gary facendo riferimento alle pratiche quotidiane di un’azienda brasiliana che radica il successo su basi molto insolite... “Ricardo Semler è il visionario proprietario della Semco, un’azienda brasiliana che ha pratiche molto innovative nel modo in cui il potere decisionale è stato decentrato verso operai ed impiegati allo scopo di stimolare il pieno utilizzo dei loro talenti e delle loro passioni. Semler definisce l’intuito come ‘il carburante che permette alle persone in Semco di catturare ed utilizzare il meglio dalle loro esperienze e conoscenze’. Cosa ne pensi di questa affermazione e cosa ne pensi dell’importanza dell’utilizzo dell’intuito a qualsiasi livello organizzativo, come parte integrante della cultura aziendale?”.

Gary all’inizio resta un po’ meravigliato “Intuito a livello organizzativo. Riccardo, è un tema emergente su cui stai lavorando? Non ne ho ancora sentito parlare da nessun collega... Beh, devo dirti che da un lato penso che il concetto di intuito non significhi molto a livello organizzativo; dall’altro lato penso che la maggior parte delle aziende non abbiano un buon sistema per raggiungere decisioni e quindi lo facciano per intuito... In realtà, la considerazione che fai e che fa anche Semler ha sempre più senso man mano che ci penso... Si, sono concorde con l’affermazione di Semler ma voglio sviluppare meglio l’argomento. Dobbiamo fare chiarezza su cosa intendiamo per ‘conoscenza’. Spesso utilizziamo la parola ‘conoscenza’ a significare fatti, regole e altre forme esplicite del sapere. Queste sicuramente rappresentano una parte importante della conoscenza, ma trascurano l’aspetto fondamentale della conoscenza tacita, quella che non è espressa esplicitamente: capacità percettive, un senso di familiarità con alcune situazioni o problematiche o modelli mentali riferiti a come certe cose funzionano veramente. Spesso l’intuito è considerato come qualcosa di misterioso perché si rapporta proprio a questo tipo di conoscenza che, per definizione, non è facile da articolare. Non vorrei che nel riflettere sull’affermazione di Semler si possa pensare che per stimolare l’intuito a livello aziendale basti mettere assieme un sistema di gestione della conoscenza esplicita e dichiarata finendo per trascurare laconoscenza tacita che invece è così critica al successo”.

Faccio notare a Gary che in realtà molte aziende cercano sempre più di organizzarsi al meglio con procedure e sistemi tecnologici di gestione ultrasofisticati volti a rafforzare il più possibile il livello di conoscenza esplicita. Gary replica deciso “Si, ci sono varie ricerche e studi fatti su questa ‘cultura delle procedure’. Il fatto è che abbiamo sicuramente bisogno di alcune procedure come linee guida, ma nella pratica non sono mai sufficienti a gestire propriamente le situazioni, le procedure non riusciranno mai a sostituire l’efficacia della conoscenza tacita legata alla vera professionalità individuale, professionalità che proprio grazie all’intuito può confrontarsi con cambiamenti, variabili ed eventi che nemmeno le procedure stesse potevano prevedere. Di fatto le procedure spesso rappresentano un ostacolo appunto perché le situazioni cambiano e le aziende cambiano. In questo modo le procedure e tutti i sistemi volti a contenere e controllare la conoscenza finiscono per rallentare il progresso invece di facilitarlo.”

Esercitarsi con metodo per fare veramente leva sulle proprie potenzialità (a livello individuale e organizzativo)

Il ‘potenziale umano’: Klein nel suo libro offre spunti chiari non solo per comprenderlo ma anche per svilupparlo; la sua prospettiva sull’intuito rappresenta effettivamente un argomento di sostanza per farlo non solo concettualmente ma anche in senso di esercizio pratico. Tutto il lavoro che Gary ha sviluppato osservando ed interagendo con ‘contesti estremi’ è validissimo anche per quando riguarda gli ambiti strategici e operativi aziendali. Anzi, a mio parere, sono proprio i dinamici ambiti aziendali odierni che per natura non solo offrono ‘terreni fertili’ per l’applicazione di dette potenzialità, ma ne richiedono un pronto e costante impiego.

In questo senso la prospettiva di esercizio ‘muscolare’ del libro offre molti spunti concreti e attuabili. Spunti che se pratichiamo sia a livello individuale che organizzativo daranno ben presto luogo ad un positivo impatto sulle capacità individuali e organizzative di osservazione e decisione rispetto ai cambiamenti che sempre più fanno e faranno parte delle nostre vite dentro e fuori l’azienda. Noteremo anche che l’intuito diverrà un nostro utile strumento di decisione e azione che impareremo a utilizzare in modo bilanciato facilitando in noi un vero e rigenerante processo di apprendimento.


Goldberg Elkhonon, Il paradosso della saggezza. Come la mente diventa più forte quando il cervello invecchia, Ponte alle Grazie, 2005.

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