BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 06/11/2006

Riccardo Paterni

PENSIERO SISTEMICO, LEGGI DELLA NATURA E SISTEMA PRODUTTIVO

recensione di:
William McDonough & Michael Braungart

Cradle to Cradle. Remaking the Way We Make Things

North Point Press, 2002.

 

Cosa succede quando due menti aperte e creative di notevole esperienza professionale e di ricerca applicata (rispettivamente nel campo dell’architettura e della chimica) uniscono forze e idee per mettere in discussione i fondamenti del sistema produttivo ed economico globale?
Succede che ci aiutano a percepire le reali dinamiche di questo sistema in un modo schietto, profondo e convincente che ci porta a riflettere sul nostro lavoro e sul nostro ruolo di consumatori aiutandoci ad attivare il cervello in modo critico piuttosto che comportarci semplicemente da impegnatissimi e anonimi ingranaggi passivi del sistema stesso (ingranaggi che magari continuano a cigolare e lamentarsi ma finiscono sempre per continuare a girare secondo le regole del sistema...).

Questo libro è appunto il frutto del lavoro e delle riflessioni di William McDonough (architetto) e Michael Braungart (chimico). Il titolo del libro “Cradle to Cradle. Remaking the Way We Make Things” (“Dalla culla alla culla. Riprogettare il modo in cui produciamo le cose”) la dice tutta sulla sua tesi di base : produrre in modo che qualsiasi cosa giunta al termine del suo utilizzo costituisca la base per lo sviluppo di qualcosa di nuovo in una logica di flusso che si contrappone al modello “Cradle to Grave” (“Dalla Culla alla Tomba”) che contraddistingue non solo larga parte di prodotti che utilizziamo ma anche larga parte del modo di pensare e della logica produttiva alla base delle attività economiche: la cosa importante è sviluppare e produrre, senza curarsi più di tanto del dopo, di cosa avviene una volta che la fattura di vendita è stata emessa.


Il pensiero lineare vs il pensiero sistemico (ovvero la vecchia rivoluzione industriale vs quella oggi possibile)

Gli autori mettono in evidenza come il sistema produttivo ed economico attuale sia essenzialmente lo stesso rispetto a quello sviluppato dalla rivoluzione industriale di più di duecento anni fa. Si, va bene, ci sono stati grossi sviluppi tecnologici e organizzativi, ma fondamentalmente la logica produttiva si continua a sviluppare attorno ad un modo di pensare lineare che identifica inputs (materie prime e risorse) che vengono trasformati in outputs (prodotti e servizi). Ciò che questo alimenta è la dinamica “Dalla Culla alla Tomba” che non prevede “by design” (in fase progettuale) elementi ciclici di autoalimentazione del sistema stesso (sul modello “Dalla Culla alla Culla”).

Viene messo in evidenza che questo avviene in quanto l’originale rivoluzione industriale non si è mai sviluppata “by design”; piuttosto è stato un progressivo e casuale accumulo di idee, pratiche e tecnologie a generarne nel corso del tempo il "progresso". Il fatto è che oggi avremmo le conoscenze di natura tecnica, scientifica e sociale per progettare meglio l’intero sistema ma troppo spesso continuiamo semplicemente ad alimentare quello vecchio. E’ questo che fondamentalmente genera tutti i problemi di sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale del mondo produttivo: la rivoluzione industriale si è sviluppata attorno al concetto dell’utilizzo estremo delle risorse naturali e umane, risorse che erano percepite come abbondanti e praticamente inestinguibili. Da anni ormai ci siamo resi conto che dette risorse non sono inestinguibili ma il modello produttivo essenzialmente non ha subito variazioni anzi spesso applica forzature per contenere gli inevitabili incrementi nei costi di approvvigionamento ed utilizzo di dette risorse.

Il pensiero lineare della rivoluzione industriale non solo non prevede elementi di autoalimentazione delle risorse ma si basa anche sul concetto di una produzione di massa in cui “one size fits all” (c’è uno standard, una misura standardizzata, che va bene per tutti). Il pensiero sistemico invece sviluppa il modello produttivo in un flusso ciclico alimentato non in modo lineare ma bensì a rete in cui risorse e prodotti interagiscono nel sistema da più direzioni tenendo conto dei vari fattori di impatto contestuale (fattori ambientali, tecnologici, sociali) del sistema stesso. Da qui nascono le potenzialità di effettiva personalizzazione di prodotti e servizi rispetto alle necessità dell’utente finale non più caratterizzato come elemento “standard”. Ciò che rende il libro interessante è il fatto che gli autori non si limitano ad articolare queste riflessioni di carattere concettuale, bensì le supportano con fatti ed esperienze pratiche che loro stessi hanno avuto.

 

Fare tesoro delle “leggi della natura”: il concetto di “rifiuto materiale” non esiste

Gli autori mettono in evidenza come l’applicazione del pensiero sistemico rispecchi appieno alcune “leggi della natura” che fino ad oggi abbiamo cercato di ignorare o semplificare all’estremo. Ad esempio in natura non esiste il concetto di “rifiuto materiale”, ciò che è rappresenta un rifiuto materiale per un organismo diviene una fonte di sostentamento per un altro organismo. Schietto e significativo quanto scrivono al riguardo “If humans are truly going to prosper we will have to imitate nature’s higly effective ‘cradle-to-cradle’ system of nutrient flow and metabolism, in which the very concept of waste does not exist. To eliminate che concept of waste means to design things - products, packaging, and systems - from the very beginning on the understanding that waste does not exist”. In altre parole McDonough e Braungart sottolineano come il trarre spunto dalle dinamiche di vita della natura possa concretamente stimolare il nostro pensiero ad utilizzare al meglio le conoscenze tecnologiche e scientifiche che abbiamo sviluppato. L’aspetto fondamentale è fare questo non come un elemento aggiuntivo ed opzionale da inserire al termine del sistema produttivo, ma bensì utilizzare questo tipo di pensiero fin dall’inizio “by design” nella fase progettuale. Niente in natura è dato al caso e niente dovrebbe essere dato al caso rispetto a quanto da noi prodotto.


Fare tesoro delle “leggi della natura”: il concetto di efficacia è molto più significativo di quello di efficienza

Gli autori continuano a prendere spunto dall’osservare la natura (anche riguardo ad elementi facilmente accessibili e osservabili da tutti come ad esempio le dinamiche sistemiche legate alla vita di un albero di ciliegie) per fare chiarezza sulla reale rilevanza dei concetti di efficacia ed efficienza rispetto al progresso di un sistema produttivo. Spesso il mondo industriale ed economico evidenzia l’importanza dell’efficienza: ridurre i tempi produttivi, massimizzare l’utilizzo delle risorse. Ma il valore reale di questo tipo di efficienza è intrinseco alla natura del sistema che stiamo osservando; in altre parole possiamo anche essere efficientissimi nel fare qualcosa, ma siamo sicuri che ciò rappresenti veramente la cosa migliore da fare? Ragionare in termini di efficienza è importante e utilissimo, ma prima ancora di fare questo dobbiamo porci delle domande rispetto all’efficacia di ciò che stiamo per svolgere. Andremo ad incontrare gli obiettivi che ci siamo posti? Questi obiettivi tengono conto degli impatti di sistema che le nostre azioni andranno a generare? Proprio rispetto agli impatti di sistema, i contributi positivi superano quelli negativi? Spesso la natura pare inefficiente nella gestione delle proprie risorse ma al tempo stesso tende ad essere estremamente efficace nel far funzionare al meglio in modo integrato tutti i vari componenti del suo sistema ecologico. La riflessione non è per niente banale, anzi nella sua vera essenza riguarda il lavoro di tutti noi portandoci ad evitare di continuare a lavorare “a testa bassa” in modo “efficiente” e chiederci un po’ più spesso: “a cosa serve ciò che sto facendo? sto contribuendo a migliorare il sistema di cui faccio parte?”. Gli autori osservano che troppo spesso miriamo ciecamente agli obiettivi dell’efficienza senza renderci conto che le nostre azioni sono tutt’altro che efficaci e nel far questo contribuiamo ad alimentare un modo di pensare che ci porta a ridurre le nostre capacità di immaginare e creare. Ancora una volta è evidente il contrasto fra il modello di pensiero lineare (unico obiettivo l’efficienza) con quello sistemico (l’efficienza é importante, ma prima di considerarla rendiamoci bene conto dell’efficacia di ciò che stiamo facendo).


Fare tesoro delle “leggi della natura”: la diversità non è un ostacolo o una barriera ad un salutare sviluppo del sistema, bensì ne rappresenta una ricchezza

Altro spunto dalla natura rilevante evidenziato da McDonough e Braungart è quello relativo al tema scottante della diversità. Il pensiero lineare padre della rivoluzione industriale ci porta a vedere la diversità come una barriera al progresso del sistema perché rappresenta una complicazione rispetto agli elementi di standardizzazione (sia in termini di input - risorse, che di output - prodotti) a cui miriamo per massimizzare l’efficienza delle nostre azioni. In realtà, ancora una volta la natura insegna, il valorizzare la diversità rappresenta una fonte di ricchezza in quanto ci aiuta ad integrare concretamente quanto noi utilizziamo e produciamo alle caratteristiche “locali” del contesto in cui svolgiamo la nostra attività. “Industries that respect diversity engage with local material and energy flows, and with local social, cultural, and economic forces, instead of viewing themselves as autonomous entities, unconnected to the culture or landscape around them”. Anche in questo caso gli autori rapportano il concetto a pratiche concrete che evidenziano come ad esempio sia possibile fare leva sulle caratteristiche di diversità di un determinato prodotto avendo cura che l’imballaggio sia personalizzato rispetto a fattori sociali e culturali locali senza peraltro variare le caratteristiche di integrità di contenuto del prodotto stesso. E’ anche interessante riportare un’affermazione degli autori che a mio parere rappresenta un principio fondamentale per uno stile manageriale sistemico propriamente calato nelle complesse dinamiche della realtà attuale “Eco-effective design demands a coherent set of principles based on nature’s laws and the opportunity for constant diversity of expression” (La progettazione efficace da un punto di vista ecologico richiede la coerente applicazione di un insieme di principi basati su leggi naturali e continue opportunità di espressione di diversità).


Un nuovo modello di sviluppo bilanciato: Economia, Equità, Ecologia

McDonough e Braungart propongono un nuovo modello si progettazione, sviluppo e gestione che loro stessi hanno utilizzato in progetti di costruzione o rifacimento di strutture industriali e residenziali (fra cui il rifacimento dello storico stabilimento Ford di River Rouge nel Michigan; la progettazione ed implementazione di sistemi ecologici di approvvigionamento e distribuzione di energia in alcuni grattacieli di Chicago; la progettazione ed implementazione di ambienti di lavoro integrati rispetto alle fonti di energia naturale - luce e calore - presso lo stabilimento produttivo della Herman Miller - storica produttrice Statunitense di strutture e mobili per uffici).

Il modello si sviluppa in modo tridimensionale su tre parametri integrati: Economia (intesa come resa economica del progetto; da notare che gli autori vedono nelle attività produttive non una minaccia ma bensì un’opportunità di progresso ecologico una volta che la progettazione è alimentata dal pensiero sistemico ispirato alla natura in sostituzione al tradizionale pensiero lineare); Equità (intesa come fonte di considerazione rispetto e valorizzazione dei fattori produttivi - soprattutto quelli umani - interessati dal progetto); Ecologia (intesa come elemento da considerare riguardo all’impatto - nel breve, medio e lungo termine - del progetto rispetto al contesto ambientale in cui lo stesso sarà inserito). Gli autori hanno sviluppato una interessante modalità di utilizzo di questo modello che a loro parere consente un reale e redditizio utilizzo lungimirante delle risorse produttive che si intendono utilizzare; lungimiranza che non è possibile raggiungere utilizzando semplicemente il fattore Economico come elemento guida decisionale e progettuale.

Nel leggere questo libro inevitabilmente sono stato influenzato dal background culturale e formativo della mia professione. Background che mi rende molto più a mio agio con le dinamiche organizzative rispetto a quelle della natura. Devo ammettere che è stato interessantissimo riscontrare come i due campi presentino marcati paralleli di gestione e sviluppo. Il lavoro di McDonough e Braungart da vita, scorrevolezza e “accesso anche per i non addetti ai lavori” a questa fondamentale connessione. Ulteriori approfondimenti sono disponibili sul loro sito (http://www.mbdc.com). 

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