BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 16/10/2006

Luisa Pogliana

Confini di vetro

recensione di:
Francesca Prandstraller, Per amore per lavoro. Storie di donne espatriate.
Guerini e Associati
, 2006

Espatrio.

Scopriamo con questo libro, in uscita a fine ottobre , un tema effettivamente poco trattato in Italia, che va sotto il nome di espatrio: il trasferimento all’estero per ragioni di lavoro di una persona, e della sua famiglia, soprattutto del partner.In particolare vediamo cosa succede quando è una donna a diventare manager internazionale,o quando una donnaaccetta una sorta di espatrio forzato per seguire il marito trasferito all’estero. Donne che espatriano per lavoro, o per amore. Ecco spiegata la promessa del titolo.

Il sottotitolo indica la scelta metodologica con cui l’autrice, accanto ad un’analisi delle teorie di management esistenti a questo proposito, ha sviluppato una sua ricerca: facendo raccontare direttamente ad un gruppo di donne italiane la propria esperienza di espatrio, di un tipo o dell’altro. Questi racconti e riflessioni confermano i problemi già percorsi negli studi esaminati, lasciando affiorare una cosa in più molto importante: la testimonianza di come i problemi razionalizzati negli studi di management siano fatti di grande fatica, difficoltà, e anche dolore nella vita reale di chi li vive e li affronta, spesso in grande solitudine e carenza di strumenti. Anche quando si pensa di trovarsi di fronte a situazioni privilegiate.

Il tema dell’espatrio, con tutto ciò che comporta, è pressoché ignorato dagli studi manageriali italiani, mentre èmolto presente in quelli internazionali, come si vede dalla notevole bibliografia esaminata dall’autrice. Questo non stupisce: finora si è trattato di un fenomeno limitato, e lo è ancora quando si tratta di donne chiamate a coprire unruolo professionale in un altro paese. Soprattutto in Italia, dove le donne a livelli alti di carriera costituiscono quello striminzito fenomeno che continuiamo a vedere.

Dunque la prima reazione alla proposta di questo argomento potrebbe essere di ritenerlo di scarsa rilevanzaa causa della sua limitata dimensione.Ma credo che il libro sia interessante non solo per chi si trova effettivamente coinvolto nella situazione specifica dell’espatrio, ma perchél’analisi dei problemi che la caratterizzano implica aspetti di portata più generale.

Innanzitutto è facile pensare che, soprattutto in prospettiva,il management delle risorse umane internazionali sia un problema non più eccezionale per le aziende:il continuo sviluppo dell’economia ‘globalizzata’, per usare un termine riassuntivo corrente, rende questo fenomeno tendenzialmente sempre più esteso.Inoltre, per quanto riguarda le aziende sul territorio italiano, non si tratta solo dell’espatrio dal nostro paese, ma anche del fenomeno inverso,cioè di chi da altri paesi viene inviato qui a coprire ruoli rilevanti, con difficoltà che possono incidere sull’efficacia della loro attività. Conoscerle può aiutare ad ottenere i risultati attesi, evitare fallimenti anche parziali, cioè costi per l’azienda.

Transculturalità

Uno deitemi centrali affrontatinel libro è uno dei problemi più importanti in queste situazioni, quellodella transculturalità, dell’adattamento culturale eambientale ad un paese diverso. Operazione per nulla facile e superficiale, che riguarda sia questioni di management interculturale, sia la vita privata del/della manager e dei suoi famigliari. Da un lato, dunque,doversi rapportare persone e business in un diverso contesto economico, e con diversi codici valoriali e comunicativi che costituiscono una difficoltà aggiuntiva. Dall’altro, riorganizzare la vita privata e quotidiana, personale e famigliare, in tutti gli aspetti -pratici, di relazione e sociali- (compresi i lati di cui meno si tende a parlare, per esempio gli squilibri che possono determinarsi nel rapporto di coppia).

Trovo questo uno dei passaggi meglio sviluppati nel libro, che ci porta a conoscere problemi a prima vista inaspettati, come il reverse culture shock, ovvero il riadattamento al proprio ambiente al momento del rientro. Momento che può non essere affatto un bel ritorno a casa, se all’estero ci si è abituati a situazioni migliori che ora si perdono,a volte non trovando in cambio –per quanto incredibile possa sembrare- un’adeguata valorizzazione dell’esperienza professionale e personale maturata all’estero.

Carriere femminili

Il secondo tema centrale del libro, i problemi specifici delle donne nell’esperienza dell’espatrio, si presta ancora di più a considerazioni di carattere generale sulle carriere femminili. E’ molto interessante, infatti, l’analisi delle pratiche discriminatorie che ostacolano la scelta di una donna per un incarico internazionale, dato che, per buona parte, sono le stesse che ostacolano le carriere femminili in genere. Ci ritroviamo insomma di fronte ad una serie di fenomeni ben noti,anche dove si può presupporre che ci siano condizioni di partenza più favorevoli, trattandosi di donne già a buoni livelli di carriera. E invece nel libro si documenta come anche le donne inviate all’estero sono destinate ricoprire più spesso ruoli di middle manager egli uomini quelli di top manager, che alle donne si affidano più spesso posizioni di staff e agliuomini di line, che le donne sono svantaggiate nella selezione per questi incarichi a causa di pregiudizi di genere (in questo caso declinati in modo specifico: dubbi sulla loro disponibilità, motivazione e capacità di muoversi all’estero), che le scelte per questi incarichi vengono fatte in modo informale e in particolare nei network dei dirigenti uomini, che queste opportunità agli uomini vengono offerte mentre le donne devono candidarsi ed essere molto attive nella loro richiesta per riuscire ad essere selezionate, che i meccanismi della discriminazione si attuano sempre in modo tacito e non visibile.Esiste un dunque anche un glass border, definizione giustamente valorizzata dall’autrice, un ‘confine di vetro’ che sembra funzionare proprio con le modalità del ‘soffitto di vetro’.

Con qualche sorpresa. C’è infatti un altro aspetto che mostra come anche in questa situazione specifica si trovi conferma di fenomeni generali.Tutti, probabilmente, siamo portati a pensare che un incarico all’estero sia un incarico importante, appetibile. Eppure il libro smentisce questa assunzione automatica, e ci mostra che non sempre la proposta arriva a premiare un’ottima prestazione. Spesso, invece, si tratta di un “castello vuoto”, cioè di una posizione offerta ad una donna perché già rifiutata dagli uomini, in quanto non abbastanza remunerativa in termini di soldi, status, potenzialità. Come al tempo in cui le maestre sostituirono i maestri perché, con l’evoluzione del sistema scolastico, il ruolo non era più abbastanza prestigioso.

Dual career

Anchela parte del libro dedicata agli spouse ci permette riflessioni sulle carriere femminili, quando affronta il problema della dual career, la situazione in cui entrambe le persone di una coppia stanno seguendo una loro carriera: una situazione che sta assumendo un’importanza crescente, ed è già considerata come fattore critico dalle multinazionali. Il trasferimento all’estero può determinare un blocco nella carriera del coniuge, ma appare ovvio che sia la donna a rinunciare, perché è comunque radicata l’idea che spetti all’uomo il ruolo principale di lavorare e guadagnare (e, aggiungerei, forse anche per il fatto che a parità di condizioni gli uomini continuano a guadagnare più delle donne: appare dunque razionale, a questo punto, che si sacrifichi la posizione meno remunerativa per la vita famigliare). Se poi è la donna che avanza in questa direzione di carriera, si farà più carico di figli e famiglia di quanto non farebbe un uomo, avrà molti sensi di colpa e poco aiuto dal marito (come, più o meno, tutte le donne che lavorano).

Dunque in questo libro troviamo molti aspetti nuovi, che pure vanno a collocarsi dentro aconsapevolezze consolidate.

Forse si può ancora aggiungere un’osservazione. Questo libro non nasce solo da un interesse professionale, accademico, ma anche, come racconta Prandstraller nella premessa,dall’aver vissuto personalmente un’esperienza di espatrio, che le ha dato opportunità e privilegi, ma anche scelte di vita e problemi molto dolorosi. Scrivere il libro sembra essere stato un efficace modo di elaborare quegli aspetti, e forse, grazie a questo ragionare su un problema partendo dal suo problema, di farne anche una tappa significativa nella ripresa di un iter professionale che quella scelta aveva tagliato. Come una ferita.

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