Pubblicato in data: 31/10/2005
|
Emma Rosenberg Colorni
PERCHE' NON SEI STATO TE STESSO?
Scheda di lettura
di:
Martin Buber, ll cammino dell'uomo, Edizione Qiqajon 1990 (conferenza 1947)
|
Nel mondo futuro non mi si chiederà "perché non sei stato Mosè", bensì "perché non sei stato te stesso", (mio: abbandonare la ricerca di ricette e per aderire ad un ruolo predefinito fingendo di essere 'accettabile' come qualcun altro).
Gli uomini sono ineguali per natura, non bisogna cercare di renderli uguali. In ciascuno c'è qualcosa di prezioso che non c'è in nessun altro.
Ciascuno è tenuto a sviluppare la propria unicità e irripetibilità, non a rifare ciò che un altro (fosse anche la persona più grande) ha fatto.
Sforzandosi di imitare qualcuno si perde di vista ciò a cui si è chiamati in quanto se stessi. Ciascuno ha accesso a D-o, un accesso diverso "che D-o è quello che può essere servito su un unico cammino?".
Ogni conflitto tra me e i miei simili deriva dal conflitto tra tre principi dell'essere: pensiero, parola e azione: non dico quello che penso e non faccio quello che dico (mio: che parte da 'non so quello che penso').
Il ritorno a se stessi è l'inizio del cammino dell'uomo:
- attenzione che non sia un ritorno sterile, che porta solo al tormento, alla disperazione e ad altre trappole
- è necessario abbandonare il mito della vita come accumulo di esperienze diverse che crea solo dilettantismo
- per scoprire ciò che è prezioso dentro di sé, è necessario cogliere il proprio desiderio fondamentale
- entrare in contatto attraverso la santificazione del legame che ci unisce agli esseri che incontriamo, godendone come benessere la bellezza. Qualsiasi atto naturale, se santificato, conduce a D-o
- se ci si è resi conto che la propria vita non è partecipe dell'esistenza autentica rivolgersi nel qui ed ora per ritornare a se stessi in silenziosa dedizione a quanto ci vive accanto, partecipare alla vita di ogni essere come essi partecipano alla nostra
- questa unificazione deve compiersi prima che l'uomo intraprenda un'opera eccezionale.
- N.B. l'ascesi non porta all'unificazione, può purificare, può concentrare, ma non può proteggere l'anima dalla propria contraddizione. L'anima è unificata solo se tutte le membra e tutte le forze lo sono anch'esse.
- ogni opera che compio con un'anima unificata agisce di rimando sulla mia anima nel senso di una nuova e più elevata unificazione, conduce ad un'unità più costate di quella precedente fino al punto di potersi affidare alla propria anima perché il suo grado di unità è così elevato che supera la propria contraddizione come per gioco.
- è necessario mantenere un vigilanza, una vigilanza serena, come nel gioco della dama:
- non è permesso fare due passi per volta
- si può andare solo avanti e non tornare indietro
- quando si è arrivati in alto si può andare dove si vuole
- cominciare da se stessi ma non finire con se stessi, prendersi come punto di partenza ma non come meta, conoscersi ma non preoccuparsi di sé.
(es: invece di tormentarti per le colpe commesse, rivolgi l'energia dell'autoaccusa all'azione che sei chiamato a esercitare sul mondo, non di te stesso, ma del mondo ti devi preoccupare).
- non sbirciare fuori da sé (=non invidiare il modo e il luogo altrui), non sbirciare dentro gli altri (rispettare il mistero dell'anima del suo simile), non pensare a se stessi (evitare di prendere se stessi come fine).
Uno dei punti principali su cui il cristianesimo si è distaccato dall'ebraismo consiste nel fatto che il cristianesimo assegna ad ogni uomo come scopo supremo la salvezza della propria anima.
Per l'ebraismo invece ogni anima umana è al servizio della creazione di D-o chiamata a diventare, in virtù dell'azione dell'uomo, il regno di D-o.
Parecchie religioni negano alla nostra esistenza sulla terra la qualità di vita autentica. Per alcune ciò che appare qui è un'illusione da cui dovremmo liberarci, per altre è un'anticamera da attraversare senza porvi molta attenzione.
Per l'ebraismo i due mondi sono in realtà uno solo, si sono solo separati, basta portare D-o nel mondo e tutto sarà appagato. D-o abita dove lo si lascia entrare.