BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 01/03/2010

COACHING ORGANIZZATIVO: ANDARE OLTRE I LIMITI DELLA FORMAZIONE (E DELLA CONSULENZA)

Parte seconda

di Davide Storni

Parte seconda

Ambiti di applicazione del coaching organizzativo
Il coaching organizzativo ha come obiettivo la soluzione di problemi di risultati organizzativi, ottenuta mediante un processo di cambiamento che richiede, come tutti i reali cambiamenti, un momento di apprendimento. In questo caso si tratta di apprendimento collettivo o condiviso; un gruppo di lavoro segue un percorso ben determinato che parte dal portare alla luce le cause dei risultati non in linea con le attese, per arrivare all’identificazione di possibili soluzioni.
Questo percorso si differenzia in base all’oggetto del lavoro di gruppo, pur essendo sempre un percorso di brainstorming strutturato. Operano direttamente su problemi operativi dovrà infatti essere in linea con la tipologia di problemi affrontati, dove si possono intravedere 3 macro aree: 1. analisi scenari e implementazione della strategia (applicazione modello Kaplan Norton); 2. eccellenza operativa (miglioramento dei processi e della qualità del servizio con Lean Six Sigma); 3. sviluppo organizzativo e dei modelli di gestione (organizzazione, governance). In tutte e 3 le situazioni si agirà anche sul processo di apprendimento, che rappresenta il meta-livello comune.
L’abbinamento a progetti Lean è naturale e molto efficace, in quanto Lean enfatizza la centralità del cliente e il coinvolgimento dei lavoratori come elementi centrali dell’intero metodo. Rispetto a certi approcci Lean che prediligono l’insegnamento di metodi e tecniche, il coaching organizzativo lavora maggiormente su aspetti quali il  coinvolgimento, la sensibilizzazione, il confronto, l’affiancamento, accompagnando il processo di apprendimento e favorendo una reale efficacia all’intero progetto.
Il coaching organizzativo si presta molto bene in tutti quei casi in cui sia prevedibile e/o auspicabile un significativo impatto culturale, ad esempio nel momento in cui si renda necessario far evolvere il modello di servizio dell’azienda o di un settore della stessa. E non si tratta solamente di miglioramento del servizio rispetto al cliente finale: anche internamente all’azienda esistono aree dove spesso la cultura tecnica prevarica la logica del servizio e mi riferisco in modo particolare ai Sistemi Informativi, che possono essere diventare leva strategica solo quando uniscono ad un’ottima competenza tecnica anche l’orientamento al servizio e al business, cosa non frequente in realtà. Altro interessante ambito di applicazione si trova nelle situazioni legate a transizioni strutturali di mercato, come quella che stiamo assistendo in questo momento nel mercato finanziario dove il modello basato su alchimie e giochi di prestigio finanziari, che nulla aveva a che fare con le reali esigenze dei clienti, sta lasciando il posto ad una maggior consapevolezza rispetto alla necessità di ritornare ad un modello economico forte, che riparta dal cliente e dalle finalità istituzionali degli enti finanziari (1). La riflessione necessaria per riconoscere il modello di servizio applicato e valutarne gli effetti sul cliente e in generale sugli stakeholders richiede apertura, condivisione, confronto, elementi che stanno alla base del lavoro di gruppo nell’ambito di un intervento di coaching organizzativo.

Come si struttura un intervento di coaching organizzativo
Il punto di partenza di un progetto di coaching organizzativo può essere, come abbiamo visto, un qualsiasi problema di perfomance o un obiettivo di miglioramento delle capacità dell’azienda, come ad esempio miglioramento del servizio al cliente nel settore finanziario, riduzione dei tempi di pagamento delle fatture passive, riduzione dello spreco e dei costi insiti nel ciclo passivo, miglioramento dell’efficacia di gruppi di lavoro aziendali.
Pur essendo un approccio piuttosto flessibile, vi sono alcuni elementi caratterizzanti che devono essere presenti:

  1. un gruppo di lavoro costituito da persone coinvolte operativamente sul processo che si andrà ad analizzare;
  2. trasparenza sugli obiettivi del progetto e sulle modalità di gestione dello stesso: questo elemento è fondamentale per ottenere un buon coinvolgimento da parte dei membri del gruppo di lavoro;
  3. la disponibilità ad accettare le proposte provenienti dal gruppo, che dovranno essere approvate, ma che devono trovare una giusta considerazione da parte della direzione;
  4. un chiaro obiettivo di miglioramento e un’altrettanto chiara identificazione dei limiti entro i quali il gruppo di può muovere;
  5. uno o più facilitatori che dovranno garantire la corretta applicazione del metodo ed in particolare creare le condizioni per un confronto costruttivo e affiancare le persone nella fase di  implementazione dei sotto-progetti di miglioramento individuati.

Il top management deve essere garante di questi elementi, fornendo la direzione verso sui il gruppo dovrà muoversi e garantendo una adeguata sponsorship al progetto.
La fase preliminare del progetto prevede degli incontri con l’ente richiedente e con gli stakeholders di progetto (solitamente i responsabili delle strutture coinvolte e i principali clienti interni). E’ anche opportuno effettuare una prima rilevazione sul campo per poter valutare le condizioni operative in cui le persone successivamente coinvolte sul progetto stanno operando. In questa fase è sempre opportuno ricordare le parole di Taichi Ohno, padre del Toyota Production System, “go and see, ask why and show respect.”
La scelta delle persone da inserire nel gruppo è un elemento importante: dovranno essere persone direttamente coinvolte nel processo che si andrà ad indagare, sia esso un processo operativo o un processo di supporto (sviluppo software, elaborazione scenari, ciclo passivo, ecc.). La vicinanza con il problema permette una conoscenza più diretta e approfondita dello stesso; solitamente le persone che operano su una certa fase di un processo sono anche i più profondi conoscitori delle problematiche ad esso connesse e quindi possono offrire un valido contributo agli obiettivi del gruppo. E’ opportuno che tutti i settori coinvolti sul processo da analizzare siano coinvolti, così da avere una visione completa sul processo stesso. Devono inoltre essere individuati uno o più sponsor del progetto che individuino le risorse necessarie al buon funzionamento del progetto e che forniscano al gruppo le linee guida e le informazioni necessarie.
Una volta costituito il gruppo di lavoro alternerà delle sessioni di formazione con delle sessioni più operative che serviranno a definire lo stato attuale del processo o del modello organizzativo analizzato, le principali criticità e le possibili proposte di miglioramento. Vi sono varie tecniche di supporto a queste fasi di progetto fra cui il facilitatore può scegliere quelle più consone al suo stile o più adatte alla specifica realtà in cui si trova ad operare, come ad esempio G.R.O.W. (goals, reality, opportunities and way forward), o DMAIC (define, measure, analyze, improve, control).
Personalmente trovo più semplice utilizzare GROW per la gestione del gruppo, in quanto questo metodo nasce come strumento di brainstorming di gruppo e risulta facile dare ritmo comune e focalizzare l’attenzione delle persone usando questo percorso a 4 fasi.
Prima però di addentrarci nell’uso di GROW cerco sempre di anteporre l’ascolto del cliente (VOC). L’incontro diretto con i clienti (clienti veri in carne ed ossa, non studi di mercato) consente di focalizzare l’attenzione sull’output di processo invece che su problematiche interne o di settore. Le esigenze del cliente diventano poi elementi fondamentali per definire gli obiettivi del progetto (Goals).
Per l’analisi della situazione attuale (Reality) si possono utilizzare vari strumenti (numerici, visuali; mappe di processo, diagrammi cause-effetto, analisi statistiche, ….) a seconda dell’oggetto sul quale il gruppo sta lavorando.
Una volta individuate possibili proposte (Options) è importante poter valorizzare i miglioramenti previsti e sviluppare un nuovo modello di processo e/o un nuovo modello organizzativo. La misurazione dei potenziali benefici (riduzione dello spreco, tempi di processo e di ciclo, costi della non qualità, …) è fondamentale per la successiva valutFreccia a destra: VOC  ascolto del cliente  Freccia a destra: GROWFreccia a destra: Piano delle azioni (progetti)azione delle strade da intraprendere (Way forward) che dovrà essere discussa con i committenti interni al fine di ottenere le risorse necessarie all’implementazione delle proposte. Questa misurazione è inoltre fondamentale per “chiudere il cerchio” rispetto al tema iniziale, ovvero alla necessità di dimostrare l’utilità di formazione e organizzazione per il business.
Prima della decisione sulla via da intraprendere può essere opportuno sviluppare sperimentazioni limitate, in modo da raccogliere dati sul miglioramento effettivo realizzabile.
Ultimo passo, una volta definite le proposte da sottoporre al top management, è la costruzione di una matrice che lega obiettivi, metriche di misurazione e progetti (Piano delle azioni) che serve per valutare pianificare le azioni di implementazione e per controllarne l’avanzamento.
L’insieme di proposte, risultati delle sperimentazioni e possibile piano delle azioni viene sottoposto all’approvazione degli sponsor di progetto e/o della direzione generale.

Fin qui siamo rimasti a livello operativo, ovvero al livello di analisi del problema di performance assegnato al gruppo. Esiste però anche il meta-livello relativo al sistema di relazione interno al gruppo e del processo di apprendimento, che deve essere adeguatamente presidiato per la miglior efficacia del gruppo stesso.
Qui possono essere utilizzate diverse tecniche specifiche di interventi di team building: fra le varie possibili, io solitamente mi rifaccio alle tecniche di empowerment e self-empowerment (2) e alla teoria U (3). A seconda della composizione del gruppo e dell’evoluzione del percorso di apprendimento potrà essere utile/necessario individuare specifiche aree di approfondimento al fine di ridurre potenziali tensioni, migliorare il livello di comunicazione, stimolare l’emergere di nuove idee.
Nel coaching organizzativo l’obiettivo del lavoro svolto sul meta-livello consiste nel facilitare il lavoro di gruppo (condivisione delle cause, produzione di nuove idee) e ridurre la latente resistenza al cambiamento. Il coinvolgimento e la partecipazione permettono di liberare energia solitamente repressa o incanalata verso altri obiettivi extra-lavorativi. Ho conosciuto molte persone che sul lavoro si limitano ad un contributo minimale, per poi scoprire che al di fuori dell’ambito lavorativo gestiscono realtà complesse quali un gruppo jazz, una corale (4), o associazioni con varie finalità. Questa energia rappresenta la differenza fra eseguire un compito con coscienza (e il minimo di sforzo possibile) ed essere proattivi e generativi.
L’altro elemento fondamentale per il buon funzionamento del gruppo è il processo di apprendimento, ovvero le modalità che ogni membro del gruppo adotta per assimilare nozioni (ascolto, letture, confronto) e imparare dall’esperienza (prove ed errori, sperimentazione). Quest’ultima parte è spesso lasciata un po’ al caso, come se fosse cosa spontanea e naturale. Ciò è vero solo in parte, infatti la maggior parte delle persone non adotta un processo strutturato di apprendimento e raramente è in grado di lavorare per migliorarlo. Per lo più quando di parla di studio e apprendimento ci si riferisce all’assimilazione di nozioni ovvero a quella limitata frazione dell’apprendimento legata all’esperienza scolastica. Ma per una persona l’apprendimento più importante è dato dall’esperienza o dalla sperimentazione, che poi è esperienza in vitro. Ma quante volte in azienda ci si sofferma sulle “lezioni apprese” o ci si occupa di diffondere una esperienza positiva? Il biasimo, la ricerca del colpevole, l’invito esplicito o implicito a “stare al proprio posto”  sono comportamenti assai diffusi nelle grandi organizzazioni burocratiche e rappresentano altrettanti blocchi al manifestarsi del processo di sviluppo e condivisione della conoscenza, che invece si fondano sull’accettazione dell’errore e sulla sua valorizzazione. L’apprendimento si sviluppa in un percorso per prove ed errori, quando però gli errori vengano utilizzati come fonte di nuova conoscenza.

La complessità di un intervento di coaching organizzativo risiede proprio nel lavorare contemporaneamente su queste tre dimensioni (miglioramento operativo, coinvolgimento, processo di apprendimento), tenendo insieme competenze solitamente relegate a specialisti settoriali, che spesso appartengono a diverse aree aziendali (Formazione, Organizzazione, Sviluppo, …). Chiameremo “funzionamento del gruppo” l’insieme delle azioni volte a favorire il coinvolgimento, consentire un corretto confronto all’interno del gruppo, permettere il manifestarsi di un processo di apprendimento reale e strutturato.
E’ proprio grazie a questa “pluralità” che si riesce ad affrontare i progetti in modo più ampio, con un approccio sistemico che consenta di “vedere da più punti di vista” i problemi e quindi offra più opportunità di comprensione dei fenomeni personal-socio-tecnici insiti in qualsiasi cambiamento organizzativo.
La complessità derivante dall’interagire di elementi personali, sociali e tecnici si somma alla complessità di gestire contemporaneamente livello operativo (miglioramento del processo) e meta-livello cognitivo (processo di apprendimento). Per dominare questo livello di complessità e valorizzarla senza operare riduzioni semplificatrici e banalizzanti, è auspicabile che ogni intervento di coaching organizzativo sia pianificato e gestito da persone con competenze diverse e complementari, ovvero da un team di facilitatori che possano operare su più dimensioni e a più livelli contemporaneamente. La composizione ottimale da me sperimentata consiste in un team composto da due persone di cui una con competenze psicologico-sociali ed una con competenze più orientate agli aspetti organizzativi e maggior vicinanza ai problemi del business. Un team di facilitatori così formato è in grado di osservare efficacemente sia il livello operativo, sia quello che abbiamo chiamato di funzionamento del gruppo.

Conclusioni
L’efficacia di un intervento di coaching organizzativo è duplice in quanto permette di operare per il raggiungimento di una miglior efficacia/efficienza operativa, trasmettendo know-how organizzativo ai membri del gruppo in modo che possano a loro volta diffondere nell’organizzazione le tecniche apprese. Inoltre opera anche sulla consapevolezza delle persone aumentandone la capacità di leggere dinamiche relazionali, di gestire il proprio processo di apprendimento e di interagire con maggior efficacia con i colleghi. Questo a condizione di gestire l’intervento con un adeguato mix di competenze che consentano di tenere insieme prospettive diverse.


1 - un amico mi diceva poco tempo fa che “stiamo tornando a fare banca, come si faceva 15 anni fa, ponendo attenzione agli indici industriali e al cliente.”

2 - per un approfondimento sul self empowement rimando alle diverse opere pubblicate da Massimo Bruscaglioni fra le quali ricordo M. B. e S. Gheno,  “Il gusto del potere. empowerment di persone e azienda” , Franco Angeli

3 - vedi “Theory U, Leading from the Future as it emerges” di Otto Scharmer, che potete trovare su www.presencing.com

4 - sto parlando di casi reali, da me incontrati

Pagina precedente

Indice dei contributi