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Pubblicato in data: 22/06/2001

BEST & WORST PRACTICES

Simputer: il personal computer per tutti

di Francesco Varanini

Simputer: un personal computer simple, inexpensive and multilingual il cui lancio ha luogo non in California, o a Seattle, ma a Bangalore. Un computer portatile che costa duecento dollari, che ha uno schermo a cristalli liquidi sensibile ai comandi, che funziona con tre normalissime batterie, quelle che servono per una radio o un registratore. Un computer che è privo di fronzoli e di complicazioni, è semplice da usare, eppure è dotato di tutto quello che serve, incluso il collegamento a Internet.

Con la tecnologia attualmente disponibile, non si tratta di un miracolo. Solo di una scelta non conveniente per i players che dominano il mercato dell’hardware e del software. Perciò l’idea trova realizzazione in India, a Bangalore, la capitale della tecnologia hindù.

Si sa che l’India è uno dei principali produttori mondiali di software: l’alto livello di istruzione di mano d’opera intellettuale a basso costo si sovrappone a una cultura orientata al ragionamento simbolico. Tuttavia la grandissima maggioranza della popolazione, per ragioni economiche, non ha accesso all’informatica.

L’India, per questa sua situazione, mostra in forma estremizzata la situazione che affligge i paesi del Terzo Mondo. Persone capaci impossibilitate a prendere parte alla grande rivoluzione che sta cambiando il modo di produrre e mettere in circolazione le conoscenze. L’uso diffuso del computer potrebbe permettere di saltare la tradizionale fase dell’alfabetizzazione: insegnare a leggere e scrivere a tutti non è un problema di difficile soluzione. La vera causa dell’analfabetismo –inteso in senso lato come lontananza dalla conoscenza che potrebbe essere utile alle persone– sta nel fatto che la vita di ogni giorno può essere felicemente vissuta senza leggere e scrivere; e nell’assenza di libri e giornali da leggere, libri e giornali vissuti come interessanti, utili per la vita quotidiana. Un analfabeta non sarebbe più tale se avesse a disposizione un computer: apprenderebbe facilmente a usare lo strumento perché si renderebbe conto che lo strumento gli serve veramente.

Il computer è una sorta di protesi, di aggiunta, di espansione delle nostre facoltà. Pensiamo, anche nei nostri mercati evoluti, quanti potenziali utenti vorrebbero avere a disposizione un simile attrezzo, semplice e perché no non costoso. Al posto dei computer che ci sono imposti da Microsoft e Intel (ma anche il Macintosh non è poi tanto differente): macchine inutilmente costose, superpotenti, ma che consumano la loro capacità di calcolo per semplificare il proprio funzionamento, per rendere meno disagevole l’utilizzo di un software inutilmente complicato, malamente progettato.

Idee condivise da molti, e trasformate, forse, in realtà da Vinay L.Deshpande, studi a Stanford, trentennale esperienza nella progettazione di hardware e software, Chairman, CEO, e fondatore della Encore Software di Bangalore, e leader del Simputer Trust (www.simputer.org), organizzazione senza scopo di lucro che si pone come obiettivo la diffusione di massa, a livello planetario, dell’Information Technology.

Il Simputer, che appare come una via di mezzo tra un computer tascabile e un personal computer portatile, si basa sull’uso di software open source. Si sa che il costo dell’hardware è basso. Ma l’hardware resta inutile potenzialità senza il software, innanzitutto il sistema operativo, il programma che permette alla macchina di funzionare. Windows, il sistema operativo Microsoft che domina il mercato, è proprietà intellettuale rigidamente difesa. Per poter fare funzionare un personal computer si deve in sostanza ‘chiedere un permesso’ (costoso) a Microsoft.

Il dominio di Windows, oggi, non è più assoluto: si va affermando in alternativa, con il progetto GNU e con Linux, l’idea del software open source – una idea ormai sposata anche dall’IBM. Se il codice è aperto, non proprietario, tutti potranno utilizzare il software senza pagare licenze, e soprattutto si affermerà un interesse condiviso a semplificare e migliorare i programmi.

Non si può chiedere a Microsoft e Intel e Compaq e Dell, i dominatori del mercato del personal computer, di fare violenza sulla propria natura e sulla propria filosofia di business. Da loro non potrà mai arrivare ‘il computer per le masse’. La nuova business idea, capace di rispondere a un bisogno universalmente diffuso, può emergere solo dalla periferia del mondo. Dall’incontro tra una significativa discontinuità tecnologica e culturale –l’open source in luogo del software proprietario–, un enorme mercato potenziale –India, e aggiungiamo i mercati asiatici, africani, latinoamericani solo marginalmente toccati dalla diffusione del personal computer–, e l’orientamento all’innovazione di un manager e imprenditore illuminato.

E’ impossibile ora prevedere quella che sarà la diffusione del Simputer. Ma è importante notare il risultato già raggiunto: l’aver mostrato che le formidabili potenzialità dell’informatica possono essere usate altrimenti. Al posto delle complicate e costose macchine che usiamo, potrebbero stare altri più semplici ed amichevoli attrezzi.

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