BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 29/10/2001

L'ORO E L'IMMONDIZIA (NEI SISTEMI INFORMATIVI)

di Francesco Varanini

Un consueto e quasi indiscusso luogo comune relativo alla filosofia dei sistemi informativi suona così: 'garbage in - garbage out'. Potremmo tradurre: 'immondizia dentro - immondizia fuori'.
Il sistema informativo, cioè, ci appare in grado di restituirci, magari diversamente organizzate, solo le informazioni che vi sono state immesse. Di fronte alla delusione dell'utente per la carenza di informazioni per lui rilevanti, questa è ancora oggi una abbastanza comune, risposta dello specialista, dello sviluppatore. Risposta del tipo: 'non venitemi a dire che l'output è insignificante'. Andatelo semmai a raccontare a chi ha chiesto di realizzare la base dati, a chi ha caricato le informazioni. L'onere, la responsabilità di conoscere le informazioni conservate ricade insomma sul committente. Solo lui sa 'cosa è stato messo dentro', e quindi 'cosa potrà essere tirato fuori'. Tutto questo appare scontato - come potrebbe essere altrimenti? Come potrebbe essere possibile pensare che il sistema informativo crei valore, sia in grado di trasformare cattive informazioni in buone informazioni?
Eppure il luogo comune può essere facilmente smontato. Tutto quanto affermato nel capoverso precedente è falso.
In effetti, a prescindere dalla qualità delle informazioni immesse, si può affermare che, di per sé, una base dati crea valore. Infatti il luogo comune informatico cozza con un dato di fatto già ben noto ai primi studiosi di cibernetica (si pensi a Gregory Bateson). Ciò che conta non sono le singole informazioni, che sono commodities, oggetti scarsamente significanti, probabilmente identici o simili a enne altri oggetti presenti in altri basi dati. Ciò che conta sono le connessioni, i nuovi percorsi di senso che vengono alla luce concatenando in modo nuovo e innovativo le informazioni.
Si può dunque affermare che fonte del valore non sono le informazioni inizialmente immesse, fonte del valore sono le connessione tra oggetto e oggetto, informazione e informazione.
Del resto, cosa è un DBMS se non appunto un 'motore di connessioni'? Questo è vero per ogni classe di Data Base, è vero per ogni base dati strutturata. Ed è a maggior misura vero per i Data Base appoggiati su DBMS relazionali ed ad oggetti. E ancor più per le basi dati distribuite. Ed ancor più se si pensa a Internet come sconfinato data base distribuito.
Ciò non significa ignorare il fatto che le singole basi dati -molte basi dati- hanno scopi limitati e definiti a priori, sono parte di procedure caratterizzate da output predefiniti. Si può però oggi partire dal dato di fatto che, sempre, la singola base dati non conta di per sé. Ciò che conta, e che è fonte di valore, è sempre l'architettura complessiva, il sistema delle transazioni, il middleware, la possibilità comunque presente di integrare applicazioni e quindi condividere informazioni. I sistemi informativi,oggi, non possono essere visti come sistemi chiusi: sono sempre e comunque sistemi aperti e complessi.
Non è dato di sapere a priori con esattezza la ricchezza che un sistema informativo sarà in grado di generare. Ma è certo che esiste una ricchezza latente, ricchezza che si manifesta solo se si va al di là, se non ci si limita ad utilizzare il sistema solo per chiedere di vedersi restituite le informazioni che si sa già che il sistema potrà restituire.
La vera ricchezza del sistema, le nuove connessioni che il sistema è in grado di generare, appaiono come un fenomeno non-lineare: causa e effetto non sono proporzionali; il tutto è più (o meno)
della somma delle parti
Non diciamo che la macchina possa fare qualcosa che non sa fare l'uomo (senza sottovalutarle, non illudiamoci troppo a proposito delle risorse di software del tipo 'reti neurali', o di altre forme di intelligenza artificiale). Diciamo però che la parte più significativa e ricca del lavoro umano non si estrinseca nella capacità di raccogliere o di selezionare le informazioni da immettere, ma nell'utilizzo della base dati, di ogni base dati, come fonte potenziale di nuove connessioni.
Ora, se committente e progettista, di fronte ad un nuovo sistema informativo dai implementare,
Se il progettista ragionano nella logica 'immondizia dentro immondizia fuori' si preoccuperanno di costruire una architettura fondata su un 'ordine' astrattamente 'perfetto'- che magari garantirà tempi di risposta ottimizzati ove si utilizzi la base dati solo per le query (le richieste di informazioni) previste a priori. Magro vantaggio, inutile ottimizzazione, se si pensa che in realtà la vera fonte di ricchezza sta in interrogazioni estemporanee, o interrogazioni incrociate su questo e su altri data base contemporaneamente.
Se invece nel progettare ci si arrende al disordine e alla complessità si avranno architetture a strati, sofisticate e complesse e tendenzialmente lente.
Dobbiamo domandarci: all'utente evoluto, al knowledge worker, al decision maker, interessa avere a disposizione un sistema veloce come una scheggia ma chiuso? Crediamo gli interessi di più un sistema che è anche magari ridondante e 'rumoroso', ma è in grado di fornire informazioni ricche e sempre nuove.
Perché appunto, a saperci fare, dall'immondizia si può trarre oro.

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