POESIA COME COMUNICAZIONE D'IMPRESA
Perché
scrivere poesie sul mondo di lavoro, magari mentre si lavora?
Ecco il mio punto di vista.
Lavoravo
in una grande azienda. Ero responsabile del Servizio Organizzazione.
Duecento persone
–dirigenti, quadri, impiegati– dovevano adattarsi ad un nuovo
modo di lavorare. Avevamo
fatto formazione, avevamo lavorato in gruppo. Nuove procedure
erano state introdotte. Il vertice aziendale aveva spiegato
le ragioni del cambiamento. Le nuove attribuzioni di responsabilità
ed i nuovi obiettivi erano stati esplicitati con chiarezza. Eppure
la questione non veniva presa sul serio. Restavano sempre
resistenze difficili da sciogliere.Io
volevo ottenere il risultato, sapevo di poterci riuscire.
Ma cosa di più potevo fare.Mi
ero perso nei miei pensieri. Ora ricominciavo a vedere la
moquette verde, il pannello di fronte, il cielo vicino al
tramonto dietro la parete di cristallo, il rumore di sottofondo
delle voci che si sovrappongono e si rincorrono nel grande
open space.Mi
ricordo come fosse ora il momento in cui mi risvegliai di
improvviso, con in mente una strana soluzione: scrivere una
poesia. Allora fu una illuminazione, un incomprensibile urgente
bisogno. Non capivo bene il perché. Oggi, a tanti anni di
distanza, me ne sono fatto una qualche ragione. Posso dunque
provare a spiegare. Il
ricorso alla poesia, credo, ha una doppia, profonda ragione.
Il primo ordine di motivi riguarda i rapporti interpersonali ed interorganizzativi. Non si riesce ad essere chiari, incisivi, convincenti? I documenti che scriviamo vengono ignorati? Le parole usate in riunioni, le parole accuratamente scelte e presentate tramite Power Point non provocano nessun coinvolgimento, nessuna emozione? Possiamo sempre provare a comunicare in versi.
La poesia parla in forma breve, inattesa. Uno può rifiutarsi di leggere una disposizione operativa, può pensare ai fatti suoi durante l’incontro – ma se si troverà di fronte a quei contenuti espressi in versi…
Il secondo ordine di motivi ha a che fare con l'autostima e, potrei dire, la manutenzione della propria identità. La poesia, infatti, se è sempre gioco con gli altri, è anche, innanzitutto, un gioco con se stessi.
La situazione in cui mi trovo mi mette in difficoltà. Mette in dubbio la mia sicurezza in me stesso. Scrivere in versi è una riparazione del proprio orgoglio ferito. È una elaborazione, un procedimento teso a mettere ordine nei sentimenti. Un procedimento accurato, ma ha anche allo stesso tempo il vantaggio della rapidità e della immediatezza: insomma, una stenografia delle sensazioni.
Scrivendo poesie, dunque, mi avvicino alla tranquillità. Aiuto me stesso a capire dove sto sbagliando, ma anche trovo conferma dei miei talenti. Comprendo meglio cosa mi succede intorno, come funziona l’organizzazione nella quale mi trovo a lavorare. Trovo una via per muovermi oltre gli ostacoli.
Una via efficace, perché nessuno nega che la poesia abbia un senso. Ma onesta, perché la poesia lascia spazio al mistero, all’inspiegabile. Non pretende di dire tutto con chiarezza, parla per immagini, per metafore. Perciò è un linguaggio particolarmente adatto a rappresentare quel sistema complesso che è l’azienda, l’ambiente nel quale ci troviamo quotidianamente a lavorare.
Insomma: la poesia è l'estrema risorsa. Ciò che non può essere detto altrimenti può essere detto in versi.
Non vorrei però essere frainteso: la poesia non è la ricetta. Io mi diverto a giocare con le parole; mi piace scrivere. Per qualcuno di voi risulterà naturale giocare con altri mezzi: per esempio il disegno, o la musica. Ognuno potrà trovare un suo modo per portare alla luce l’immagine nascosta del mondo nel quale ci troviamo immersi ogni giorno, sul posto di lavoro. Un modo personale per comprendere meglio noi stessi, e per comunicare in modo nuovo con superiori, dipendenti e colleghi.
Per tutto questo penso che questo libretto sia un messaggio. Regalandolo riuscirete forse a dire con un gesto quello che non siete mai riusciti a far capire al vostro capo, ai vostri collaboratori, a quel tipo là che si illude di vivere su un altro pianeta.
La pagina che avete letto è l’Introduzione al libretto che ho pubblicato di recente. [1] Ma ora voglio portare avanti il ragionamento.
Poesia come abstract.
Quando un documentalista classifica un documento, aggiunge al testo un abstract. Poche righe sintetiche, frutto di una lettura del documento spesso rapida, trasversale, fondata su una attenzione selettiva. Spesso nell’abstract si elidono preposizioni, parti di frasi: tutte quelle parti del discorso che –se si ha l’obiettivo di un rapido, sintetico avvicinamento al tema– possono essere considerate ridondanti. Non a caso, sono le parti del discorso che gli stessi motori di ricerca non considerano: viene insegnato loro che non contengono informazioni, e che quindi possono essere ignorate.
Ecco, si può dire che la ‘poesia’ è un ‘abstract’: tracce essenziali, magari lacunose ma indicative, da cui si evince la natura del discorso, il suo contenuto probabile.
Perché naturalmente, al di là dell’abstract, e della stessa poesia, resta il mistero: il testo, il mondo, non sono completamene disvelati. Resta – anzi: viene aperto– spazio per l’immaginazione, per il sogno, per le capacità inferenziali. Il mondo deve essere scoperto. La scoperta è un viaggio che non può prescindere dall’atteggiamento personale, dal soggettivo modo di vedere.
Ma l’abstract, e la poesia, hanno aperto la strada.
Poesia come concept.
Il ‘briefing’ è la riunione tesa a trasferire obiettivi, e linee di azione conseguenti. C’è il briefing che precede la missione militare. Ma c’è anche il briefing inteso come incontro nel quale il cliente descrive all’agenzia, i risultati attesi da una campagna pubblicitaria. E c’è il briefing inteso come incontro nel quale il committente trasferisce a istituto i risultati attesi da una ricerca.
Nel briefing è in gioco, da entrambe le parti, da parte di chi descrive gli obiettivi e da parte di chi li riceve e se ne fa carico, è in gioco la capacità di descrivere i contenuti nei suoi aspetti essenziali, inderogabili. Descrivere i contenuti evitando ogni fraintendimento.
Sta a chi riceve il messaggio mostrare di averne compreso l’essenza. Il briefing è stato ricevuto se l’agenzia pubblicitaria e l’istituto di ricerca sono in grado di esprimere l’obiettivo attraverso le poche necessarie e sufficienti. Questo è il ‘concept’. Restituendo al committente il suo articolato discorso ridotto a ‘concept’ mi metto in gioco: mostro in maniera inequivocabile cosa ho capito.
Dunque si può dire che la ‘poesia’ è ‘concept’.
Esercizi poetici sull’immagine d’impresa
Utilizzando senza paura la poesia, possiamo allenarci a scrivere ‘concept’ e ‘abstract’. E a rovescio, credetemi, anche senza saperlo, scrivendo ‘concept’ e ‘abstract’ ci avviciniamo alla poesia.
Cosa c’è il più nella poesia? C’è una dimensione di gioco, di abbandono, di accettazione del caso, del testo ‘come viene’. E c’è in più il punto di vista personale, il ricordo.
Inoltre, dalla poesia ci aspetta una qualche emozioni. Dall’abstract e dal concepì, potremmo pensare, no. Ma è un errore. Un briefing non è efficace se non trasferisce emozioni. Un concept non è buono se non contiene emozioni. E se il documentalista non prova una qualche emozione leggendo, scriverà un pessimo abstract.
Insomma, tutto questo per dirvi che facendo corsi su temi apparentemente tecnici e lontani dalla poesia come la ‘scrittura efficace’, o il ‘business writing’ – mi sono reso conto che l’esercizio consistente nello scrivere poesie è particolarmente utile – strettamente mirato allo scopo. Aiuta a migliorare la nostra capacità di scrivere in modo sintetico ed efficace. Se poi, scrivendo in poesia la nostra immagine dell’azienda per la quale lavoriamo, o l’immagine di una azienda che conosciamo come clienti, se poi racchiudendo in pochi versi un’immagine aziendale accade anche che mettiamo in gioco nostre emozioni e nostri vissuti, piaceri e soddisfazioni e insoddisfazioni, ben venga.
Provate dunque a scrivere una poesia sulla vostra azienda, o su una azienda che conoscete da clienti, da fornitori, da lontani consumat ori.
Per dare l’idea, vi propongo qui questi miei versi
AUTOGRILL
Come archi di trionfo
lungo
Le autostrade
del ricordo
L’Italia da
ragazzo come sogno
Di moderno
mondo emergente a quattroruote
Si snodano
oggi percorsi
incellofanati
fra la folla di tondi
come palle
prosciutti al pepe.
[1] Francesco Varanini, L’irresistibile ascesa del Direttore Marketing cresciuto alla scuola del largo consumo, Guerini e Associati, 2003.