BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 19/01/2004

ALEPH V° IL FANTALICO: UNA VOCE DAL FUTURO

di Francesco Zanotti

Non so esattamente da che momento del futuro venga. Certamente un futuro non lontanissimo, ma neanche così prossimo.

Dopo una lunga frequentazione, da mille indizi, mi sono convinto che abiti il 2332.

Ma di chi sto parlando? Di un fantalico che si chiama Aleph V°: l’ispiratore e il vero autore di queste pagine. Io ne sono solo editore ed un co-autore. Almeno così credo, anche se le ultime parole di Aleph mi fanno dubitare …

Ma forse è meglio andare con ordine e raccontare la storia dall’inizio.

Uno strano viaggio nel futuro

L’inizio della storia risale a circa due anni fa. Più o meno in questa stagione. Avevo appena iniziato una nuova vita: una nuova avventura imprenditoriale in una nuova terra. A 52 anni avevo accettato di ricominciare (non certo per la prima volta). Vedevo intorno a me sorpresa, come fossi un eroe un po’ incosciente con una psicologia più adatta ad un adolescente che ad un maturo signore. Ma a me questo ricominciare non mi pesava affatto. Anzi mi entusiasmava … ecco devo riconoscerlo: come un bambino con un nuovo giocattolo. “Incosciente” direbbe mia madre!

Più o meno in questa stagione, ma con un clima mite come si conviene ad un’isola che, allungandosi nel mediterraneo parallela allo stivale, arriva ad un respiro dall’Africa, me ne stavo seduto sulla porta della mia villetta a respirare il profumo della sera e del prato appena tagliato quando cominciò in me un turbinio incontrollato di passioni e pensieri.

Un tumultuoso affastellarsi di immagini confuse, ma dure, e di suoni martellanti che generavano una crescente angoscia. Lo sguardo cercava invano quiete in un cielo limpido e silente, dove le stelle erano davvero solo piccole stille di luce, e nella vita oramai quasi addormentata del piccolo villaggio dove era situata la mia villetta.

Mi sembrava davvero una situazione assurda: una tremenda angoscia dentro che cresceva quasi come intorno a me, dal cielo all’erba all’abbaiare dei cani al mondo, tutto si andava spegnendo nel silenzio di una notte in quella terra ad un respiro dall’Africa.

Ad un tratto accadde che le immagini ed i suoni si trasformarono in una storia. E capii che si trattava della storia del futuro. L’angoscia che era esplosa in me aveva ora una “fonte”, nota: era una mia reazione al correre per il futuro. Ma questa consapevolezza nulla poteva contro l’angoscia. Che se non si nutriva più dell’incertezza del mistero, era, però, vivificata dal colore della tragedia che dipingeva il futuro.

Sono stato trascinato a seguire questa storia. E ho visto svolgersi la tragedia del futuro. Ho visto in una carrellata velocissima il futuro che mi si dipanava davanti. Non intravedevo i singoli personaggi e i singoli eventi. Ma solo alcuni lampi che poi venivano tacitati dai lampi e dai suoni successivi ….

Non so quanto sia durata questa cavalcata nelle cose che dovranno accadere. So che è stata una cavalcata attraverso una spessa e cruda angoscia.

Una radura, un sentiero ed un castello

Ad un certo punto il mio correre per il tempo si fermò. E, sorprendentemente mi trovai ad ammirare una dolce radura con lo stesso profumo dell’isola in cui ero andato a vivere. E non stavo ammirando una immagine. Appoggiavo i piedi sull’erba di quella radura. Davanti a me cominciava un sentiero sterrato, vigilato da pochi alberi ai suoi lati che portava verso un promontorio. Feci la cosa più naturale: seguii il sentiero e arrivai, accompagnato dal diradarsi dell’erba e dall’apparire della roccia, alla cima di questo promontorio. Solo quando guardai giù vidi che era altissimo: cadeva su di un mare molto lontano, scuro e violento. Rischiarato solo da spume di onde.

Dal promontorio si slanciava un piccolo, ma solidissimo ponte che portava al più strano castello che avessi mai visto: il colore e l’apparenza erano di un castello medioevale. Ma era più slanciato verso l’alto con strutture che certamente non erano frutto dell’architettura medioevale. Attraversai il ponte ed arrivai davanti alla porta di questo edificio che non riuscivo a chiamare in altro modo se non “castello”. La porta si aprì come se fossi atteso, si chiuse appena fui entrato e fui letteralmente sollevato dal vento. Un vento che non avrebbe dovuto esserci all’interno di un edificio. Corsi per scale, saloni e corridoi verso l’alto fino a che non arrivai in cima alla torre più alta dove vi era la vita di Aleph V°

L’incontro con Aleph V°

Aleph V°: un signore più o meno della mia età, quella età in cui si che ha appena perso l’illusione dell’immortalità, ma ha acquistato la serenità di aver compreso il destino.

Mi sorrise, mi diede la mano e mi fece sedere davanti ad una vetrata immensa che guardava dalla parte opposta rispetto a quella che mi aveva visto arrivare.

E permetteva di guardare al di là del mare …

Monti altissimi, da perdersi sempre nel cielo.

Io ero ancora attore passivo dei miei sentimenti e non riuscivo a dire nulla, ma Aleph non mi lasciò soffrire il mio silenzio: cominciò lui a parlare. E la sua storia mi diede i dettagli delle immagini e dei suoni angosciosi che avevo sofferto…

Ecco il suo racconto.

“Caro Francesco ora sei in un tempo del futuro che non posso rivelarti. E’ un tempo in cui l’uomo ha cominciato a riprendere in mano il suo testino. E sta ricominciando a progettare il mondo.

Prima di allora vi sono stati tempi (secoli, anche se non molti, pensavo io) in cui l’uomo…. Ma fammi raccontare con ordine. Il dramma iniziò a costruirsi alla fine della società industriale. Sì quel periodo che voi chiamavate post- industriale, post-moderno senza accorgervi che questa incapacità di scegliere un nome specifico significava non capire.

In quel periodo cosa accadde? Che perdeste il senso del mondo che avete creato. E non riusciste a ricostruirlo.”

“Non ti sembra … ecco posso darti del tu vero?” chiesi prima di continuare nella domanda con la relazionalità un po’ barocca tipica della nostra lingua.

Aleph sorrise e disse “Certo! Almeno se vuoi costruire con me un dialogo intenso e personale”

Mi resi conto che le mie prime parole mi avevano fatto fare la figura dello sciocco e, con il desiderio di recuperare, continuai “Ecco … ma cosa vuol dire che avevamo peso il senso del mondo?”

Aleph rimase un attimo in silenzio e poi ricominciò con la sua voce forte e serena:

“Mi rendo conto che è difficile parlare tra secoli. Io sono portato a dare per conosciute troppe cose che tu, invece, non puoi conoscere. Scusami cercherò di essere più circostanziato. Spero di non sembrare troppo didascalico”

Mi venne la tentazione di interromperlo con qualche convenevolo tipico del nostro barocco relazionarci, ma per fortuna mi trattenni. E lui continuò.

Incapaci di gestire la nostra creatura

“La società industriale aveva dato all’uomo una capacità mai avuta prima di incidere nel mondo. Di trasformarlo a sua immagine e somiglianza. E l’uomo usò questa capacità e generò società che avevano caratteristiche completamente diverse rispetto alle società passate. Il problema fu che non riuscì a gestire queste società…”.

Queste parole ebbero un effetto “catastrofico” (nel senso della teoria delle catastrofi) finalmente ripresi la padronanza di me. Fino da allora ero rimasto come intontito e seguivo il ragionamenti di Aleph senza domandarmi nulla. Ora mille domande si affacciavano alla mia mente: ma come sono arrivato qui? E qui dove? In che anno? E chi è questo Aleph  e mille altre. Accidenti mi stava capitando una cosa così straordinaria che la stavo vivendo come se fosse normale.

Aleph capì, non so come, questo mio turbinio di pensieri. Forse il linguaggio del corpo gli aveva rivelato il cambiamento nel mio livello di auto consapevolezza. Forse … be’ sì .. forse era telepate … Mi soffermai un attimo su questo pensiero, inquietato ed affascinato nello stesso tempo. E le domande della mia mente (soprattutto quest’ultima) non riuscirono a diventare suono.

E sentii la voce di Aleph che aveva ripreso a parlare: “Capisco il tuo turbamento. Io non so come reagirei se mi portassero via dal mio tempo. Ma placa un attimo tutte le domande che ti turbinano nella testa. Lasciale in silenzio. Lasciami rispondere dopo che ti ho, ecco sì insomma illustrato il problema. Meglio la sfida che ti proponiamo”.

La sua voce aveva la forza di placare il mondo. “Va bene ti ascolto”. E mentre dicevo queste parole mi chiedevo se le mie domande non gli fossero già chiare. Forse perché erano ovvie e forse perché le meno ovvie riusciva a .. leggerle..

Aleph non lasciò un attimo di silenzio tra il mio assenso e il suo ricominciare a parlare…

“Dicevo – continuò Aleph – che non avete saputo gestire le società che avete creato in un senso molto semplice. Avevate creato società molto dinamiche, in continuo cambiamento, che continuamente richiedevano nuovi uomini e nuove istituzioni. Società così intensamente percorse da vere e proprie tempeste di innovazione avrebbero potuto essere gestite solo da classi dirigenti capaci di ascoltare e portare a sintesi questo continuo fluire di idee, esigenze, immagini. Avrebbero potuto essere gestite da classi dirigenti capaci di gestire ecologie di conoscenze …. Capirai più tardi cosa significa questa espressione.

Classi dirigenti orientate al potere e non alla cultura

Invece le vostre classi dirigenti hanno cercato solo di difendere il loro potere sulle vecchie istituzioni. Hanno considerato le tempeste di innovazioni prima come stranezze da coccolare con spirito mecenatesco. Tipica è stata la sorte di quella rivoluzione culturale che è stata la metafora della complessità. Essa poteva fornire gli strumenti culturali per gestire tempeste di innovazioni. Invece è stata considerata una stranezza da convegni.

Ma poi queste tempeste di innovazioni sono diventate pressanti, sono diventate una precisa richiesta di nuove istituzioni economiche (imprese radicalmente nuove), sociali e politiche. Ed allora sono state percepite da classi dirigenti incapaci di controllarle come una minaccia al loro ruolo. Così sono state ignorate o peggio, combattute.

Le stranezze da convegni, cioè le innovazioni più profonde, cioè ancora le innovazioni culturali, sono state abbandonate. Soprattutto quella stranezza così strana come era la metafora della complessità che davvero avrebbe potuto diventare lo strumento per gestire la tempesta di innovazioni.

Le innovazioni sono diventate forze distruttive

Ma la tempesta di innovazioni diventò sempre più …. tempestosa. E le istituzioni della vostra epoca sono diventate i nemici da battere. E sono state battute. Voglio dire che la tempesta di innovazioni si è comportata come tutte le tempeste: ha distrutto istituzioni che, invece di diventare il luogo dove la forza dell’innovazione trovava un alveo nel quale diventare flusso di energia positiva, si sono poste come argini per frenarle.

Lo dico diversamente: ancora una volta l’uomo ha costretto la storia alla rivoluzione!”

Confesso che rimasi attonito. Le domande che mi sembravano così urgenti (ma come sono arrivato qui? E qui dove? In che anno? E chi è questo Aleph) mi sembravano dettagli. Il mio pensiero correva disperatamente a cercare nelle immagini che avevo nella mente del nostro tempo i segni per contestare il futuro che Aleph mi stava raccontando sarebbe accaduto. Ma non li trovavo: anzi più cercavo più trovavo conferme: il futuro prospettato da Aleph mi sembrava l’unico possibile … Non  riuscivo a spiaccicare parola.

Ancora una volta Aleph aveva capito

Una proposta “indecente”

La voce di Aleph riprese: “Certo capisco la tua sorpresa. Il tuo sgomento. Ma sappi che non sei venuto nel futuro per vivere angosce. Sei qui perché il futuro può essere cambiato. Vedi il mio obiettivo è quello di sparire nella notte dei tempi….”

Aleph capì che il suo dire peggiorava ad ogni parola il mio sbigottimento ed arrivò senza frapporre ulteriore indugio alla proposta: “Il futuro può davvero essere cambiato. E noi che abbiamo chiara la storia che ci ha generati vogliamo che sia cambiato. Naturalmente non possiamo agire direttamente. Ed allora abbiamo scelto una via che, ragionevolmente, ci sembra possa funzionare: lasciami chiamare questa via la via della conoscenza. Abbiamo scelto una persona nel tuo tempo (sì tu sei quella persona) alla quale rivelare, innanzitutto, la storia delle cose che accadranno. E poi la conoscenza necessaria per costruire una nuova classe dirigente che sappia nutrirsi di tempeste di innovazioni. Che non sia abbarbicata al modo che esiste, ma sia orientata a costruire il nuovo mondo che la forza delle innovazioni rende possibile.

Noi vogliamo che questa persona, forte di questa consapevolezza e conoscenza, provi a costruire un futuro diverso. Se questa persona (sempre tu) ci riuscirà lo capirà da un segnale inequivocabile: io, noi non ci saremo più! Saremo banalmente stati eliminati dalla storia! Perché sarà stato cambiato il pezzetto di storia che ci ha generati.”

Il primo episodio: il presente lavoro

Aleph fece un attimo di silenzio, ma subito dopo riprese: “Mi rendo conto di tutte le domande che ti frullano per la testa, ma per ora non posso risponderti. Anche perché il tempo che ci è concesso per questo primo incontro sta per scadere. Non posso neanche raccontarti nel dettaglio tutto il nostro progetto. Posso solo proporti il primo passo. Quando “tornerai” ti troverai sul computer tre documenti. Essi trattano un tema che ti potrà sembrare molto specifico. Essi trattano del modo in cui è possibile avviare processi di creazione sociale di conoscenza all’interno di organizzazioni complesse. Voi chiamavate questi processi: formazione.

So che i tuoi interessi e la tua storia professionale non si sono mai limitati alla formazione. Che ti sei sempre considerato, soprattutto, un esperto di strategia. Che certamente questa tua “sensazione” è stata legittimata da esperienze e conoscenze. Ma qualche tempi dimentica tutto questo e buttati sulla formazione

Comincia guardando profondamente questi due documenti.

Il primo (fare formazione: uno sguardo dall’alto) è una analisi critica della vostra attuale visione del fare formazione. Il secondo (fare formazione: uno sguardo dal di dentro) è una analisi .. lasciamo dire criticissima degli “strumenti” che usavate per fare formazione.

Questi primi due documenti sono stati scritti in un futuro molto prossimo al tuo da un anonimo ingegnere della conoscenza .. ah no! Voi lo chiamavate “consulente di direzione”

Il terzo documento (fare formazione: uno sguardo nel profondo) invece descrive come avvengono i processi di creazione sociale di conoscenza che voi chiamavate “processi di apprendimento”. Nel documento questa nomenclatura è stata rispettata. Questo terzo documento è stato scritto da Aleph I°, il primo fantalico!

Ti propongo di aggiungere un quarto documento di proposta scritto da te. Un documento che, partendo dalle osservazioni critiche sulla vostra visione del fare formazione e sugli strumenti che usavate per fare formazione e forte della visione dei processi di apprendimento costruita da Aleph I°, arrivi a definire una nuova via per fare formazione.

Assembla con passione e creatività i quattro documenti in un volume e …  poi vedremo.

Un attimo di silenzio per riordinare le idee e stavo cominciando a parlare quando Aleph V°, il castello, la radura e il mare, tutto scomparve. E io mi ritrovai nella mia sdraia in quel villaggio sereno e silente di quella isola ad un respiro dall’Africa.

Valeva la pena di accettare la sfida

Il primo pensiero fu che tutte le mie domande erano rimaste senza risposta. Anzi alla fine del discorrere di Aleph le mie domande sono diventate una valanga. Ma non mi arrovellai per cercare risposte: su tutte le domande prevalse la curiosità. E il desiderio di verifica: è se fosse stato tutto un sogno cullato da quell’isola di sogno?

Corsi al computer e trovai i tre documenti!

Li lessi e rimasi sconvolto: mi presentavano una visione assolutamente sorprendente del”fare formazione” degli strumenti per “fare formazione”.

Ma soprattutto descrivevano la vera identità dei processi di apprendimento in un modo che davvero non avevo mai sentito.

Cosa fare? Non mi sono chiesto se accettare o meno il “compito”che Aleph mi aveva affidato: era troppo il desiderio di rendere pubblici i contenuti di quei documenti. Pensai subito a come svolgere questo compito. Anche perché non era un compito meramente esecutivo: il capitolo conclusivo dovevo scriverlo io.

Decisi di cominciare una attività di ricerca per capire se questi documenti sembravano a me così sconvolgenti a causa della mia ignoranza. O se erano sconvolgenti per lo stato dell’arte della conoscenza dei nostri giorni.

Il mio lavoro di ricerca mi confermò che la mia impressione era corretta: davvero mi era stata regalata misteriosamente una conoscenza che oggi è di assoluta novità. Al lavoro di ricerca fece seguire il lavoro di costruzione della proposta. E i due anni volarono.

Ieri

Alla fine dell’estate sono riuscito a concludere una prima bozza del mio lavoro. Ho cercato di riformulare i pezzi dell’anonimo consulente di direzione del nostro prossimo futuro e di Aleph I° come se fossero scritti da nostri contemporanei.

Non sono riuscito a tacere la storia di Aleph e Il risultato è qui …

Certamente non è perfetto. Ma non posso non dire di essere soddisfatto. Anche perché esso ha una sua strana e misteriosa unitarietà. Ancora più sorprendente perché è stata scritta non solo da mani diverse, ma da mani che vivono in tempi diversi.

Una avvertenza editoriale: i diversi contributi hanno un editing diverso. Ecco sono i pezzi originali che sono diversi. E io non mi sono sentito di omogeneizzarli.

Chissà cosa ne penserà Aleph?

Ecco, ma questa è una domanda sciocca! Se questo lavoro, come è molto probabile, non è sufficiente per cambiare il futuro, allora Aleph lo conosce già. Anzi forse mi ha scelto proprio perché ho scritto questo lavoro ..

Se questo lavoro è, invece, per qualche strano volere del destino, sufficiente a cambiare il futuro non vi sarà mai occasione di conoscere l’opinione di una fantalico che non sarà mai esistito nella nostra storia se non per il breve spazio e di tempo di dare a me questi documenti e chiedermi di sintetizzarli creativamente in un volume.

E poi: ma cosa ne devo fare di questo volume? Aleph mi ha lasciato con un misterioso vedremo che, “sommato” a tutti i misteri di questa storia, mi ha generato una curiosa e serena voglia di futuro. Meglio di una curiosa e serena voglia di costruire un nuovo futuro..

 

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