BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 21/05/2000

L'AMICO AMERICANO, numero 3
Gli americani e l'inglese

di Gianfrancesco Prandato

Nell’ ultimo numero di Wired, c’e’ un articolo sul boom delle traduzioni globali dal titolo “Hello, world”. In cui si ricorda ai lettori che il 75% del mondo non parla inglese. La cosa più interessante è la parte su un traduttore vocale  che pare siano vicini a sviluppare che potrebbe eliminare I problemi di comunicazione linguistica   nel mondo, in “talking to strangers” vi si trovano delle interessanti spiegazioni su come e’ disegnato l’ algoritmo di questo software che deve eliminare le barriere di lingua per creare un mercato veramente senza confini , planetario.

  Mi viene in mente il film di Tim Burton “Mars Attack” parodia della fantascienza anni 50. Ai marziani dall’ aspetto  terribile, appena scesi dall’ astronave, viene data la parola e un improbabile macchina traduce il discorso del  capo dei marziani. La frase esce dalla macchina con gracchiante “veniamo in pace”, dopodiché, apparentemente motivata  dal volo di una colomba pacifista, si   scatena una terribile carneficina a colpi di raggi laser.

 Il problema che si pongono gli americani con l’ avvento dell’ economia globale è come comunicare per vendere di più. Inizialmente pensavano che, essendo  Windows lo standard  dei software, ed essendo in  inglese, si sarebbe imposta la loro amata lingua   nel mondo. Ma l’ avvento di internet ha scombinato le carte, tutti scrivono nella loro lingua nel loro proprio inglese, che non e’ quello americano, c’è una scoperta della diversità che era prima sconosciuta. Non dobbiamo dimenticare che il valore della lingua e’ per l’America pari a quello della bandiera, fino a poco tempo fa chi arrivava era consigliato a non usare la lingua madre. Solo gli ispanici hanno cambiato le regole, sono infatti quasi tutti bilingui e attaccati al loro idioma,  ma per esempio per quanto ho sperimentato, e’ difficile trovare italiani di seconda generazione che parlano italiano. 

Succede in America in fondo quello che noi e’ successo con le TV private. Prima il paese era uno, la lingua ufficiale Standard era quella del tg1, un italiano un po’ romano, ma tutto sommato, sempre patinato e senza accento. Quella del Tg era diventata la lingua del paese, pensavamo  almeno fosse la lingua del paese. Con le tv private locali, si e’ scoperto via etere che la gente parla il dialetto e ha un sacco di accenti. Anzi il dialetto si e’ sviluppato di nuovo come valore,  per comunicare in modo diverso dalle altre emittenti, farsi scoprire più vicini al pubblico, e la piccola Italia si è riscoperta frammentata, capita viaggiando che si veda alla tv della gente che si fa fatica a capire: il paese vero è emerso diverso, con le sue barriere anche linguistiche. Questo e’ quello che  stanno affrontando in America, solo su scala planetaria, stanno cercando di risolvere la Babele del mondo parlato.

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