BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 03/06/2008

 

LA LEGGENDA DEL SANTO RESISTENTE (1)

anonimo

Fatti non foste a viver come bruti!
Tutti i Resistenti hanno avuto, almeno una volta nella vita, lo stesso sospetto.
La mattina, appena entrati in ufficio. Nel bel mezzo di una riunione. Durante la pausa caffè. In fila alla mensa, con il vassoio in mano.
Il sospetto di essere diventati, a loro insaputa, rotelline di un ingranaggio che non si sa più bene per cosa stia girando. Condannati a guardare la loro maschera che corre e si agita ogni giorno tra decine di altre maschere, sputa sangue, combatte battaglie, insegue obiettivi, a volte festeggia vittorie.
Ma non fa ombra.
Tutti i Resistenti amano il lavoro. Ma hanno il fondato dubbio che il lavoro non ami più tanto loro. Che il luogo in cui trascorrono intere giornate sia diventato un frullatore in cui le loro intelligenze, le loro energie, le loro passioni ruotano a velocità folle. Senza che nessuno abbia detto loro che razza di cocktail si sta preparando.
Che, presi a uno a uno, le singole azioni che compiono ogni giorno, i compiti, le procedure e persino gli errori siano chiari e comprensibili. Ma appena si cerca di inserirli in un orizzonte più ampio, tutto diventi incerto, sfocato. Come uno strano museo in cui i quadri si possono guardare o da molto vicino o da molto lontano: e in entrambi i casi non si vede nulla.
Tutti i Resistenti si sono sentiti perduti. Che è più, molto più, di stressati. Hanno provato a recitare come un mantra la fila dei «perché lavoro» cui sono soliti attingere nei momenti di difficoltà. «Stipendio… famiglia… carriera…».
Ma non ha funzionato.
Finché sul loro cammino è apparso un individuo straordinario.
Pochi in realtà possono dire di averlo incontrato. In molti ne hanno soltanto sentito parlare. Di lui si conosce pochissimo, e anche quel poco è oggetto di controversie. Il suo nome è avvolto nel mistero, la sua biografia ha i contorni della leggenda.
Alcuni sostengono che sia impiegato in una grossa azienda del Nord. Altri un libero professionista in una piccola città del Sud. Altri ancora giurano che sia un manager di buon livello. Ma c’è chi parla di un neolaureato al primo mese di call-center.
Neppure le circostanze della sua illuminazione sono state mai chiarite. Certo è che, subito dopo un misterioso evento scatenante, sicuramente in ufficio, intorno a lui calò uno strano silenzio. E fu proprio in quel momento – qui tutte le versioni sono concordi – che egli alzò la testa e guardò, per un lunghissimo istante, fuori dalla finestra. Strinse i pugni e pronunciò le celebri parole: «Io devo resistere», seguite immediatamente da «Io posso resistere!».
Da quel momento la sua vita non fu più la stessa. Il suo unico scopo fu promuovere, con ogni mezzo e in ogni forma, attività di resistenza negli uffici di tutto il mondo:

    * Minare alla base il nonsenso che imperversa tra computer e scrivanie.

    * Avvelenare i pozzi del malumore e dell’alienazione.

    * Preparare il terreno a un modo di lavorare finalmente a misura d’uomo.

Con ogni mezzo: internet, con libri, manifesti, gadget e mille altre iniziative di resistenza. In ogni forma: attraverso il sorriso, la riflessione, la discussione, la condivisione, la provocazione.
Le donne e gli uomini di Resistenza umana sono fedeli e grati al misterioso capostipite, e ne diffondono il messaggio. Questo sito è il primo passo verso la rivoluzione prossima ventura. E quando lo scettico si avvicina a uno di loro e sussurra malignamente che, forse, quella del Santo resistente è solo una delle tante leggende metropolitane, non si scompongono. Lo guardano come uno che non ha capito niente, e rispondono:
«Meglio che se non ci fosse, no?».


1 - Tratto da http://www.resistenzaumana.it/

Pagina precedente

Indice dei contributi