BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 21/11/2005

IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI, II: GLI OBIETTIVI

di Nicola Antonucci

Il mio vivere è tanto poco una missione quanto il crescere e il profumo per un fiore Max Stirner, L’Unico e le sue proprietà, 1844

PREMESSA

Qual è il metodo utilizzato dal responsabile di un acquarium per ottenere da una balena un salto oltre una fune posta ben al di sopra del livello dell’acqua, così da vendere più biglietti e aumentare il suo fatturato?Semplice: pone la fune sott’acqua e inizia con pazienza ad associare immediatamente un segno di apprezzamento (cibo da mangiare: un pesce; emozione da provare: una carezza) a ciascun passaggio della balena sopra la fune; passaggio inizialmente casuale, poi la balena intuisce l’associazione fino a interiorizzarla.Da questo momento decisivo e fino al salto della balena oltre la fune posta vari metri sopra la superficie dell’acqua, vi è soltanto una serie di graduali innalzamenti della fune in cui istruttore e balena lavorano insieme per verificare la capacità della balena di saltare fuori dall’acqua, e fin dove.

Il presupposto di ciò è la coerenza del comportamento dell’istruttore percepita dalla balena in virtù della sua presenza e attenzione; egli deve riconoscere sempre, immediatamente e senza eccezioni, con un qualsiasi simbolo di apprezzamento, il passaggio sopra la fune, mentre non deve mai palesare alcun tipo di delusione nel caso ciò non avvenisse.L’attenzione dell’istruttore è posta soltanto sul comportamento corretto, e ciò ne stimola la ripetizione.

Qual è il metodo utilizzato da un responsabile di un’azienda moderna per ottenere da un altro Essere Umano il raggiungimento di un risultato professionale, che contribuisca a vendere più, e/o migliori, prodotti e aumentare il suo fatturato?Semplice: pone un obiettivo il più in alto possibile, possibilmente oltre i livelli precedentemente raggiunti; motiva il collaboratore richiamandolo ai suoi meriti già riconosciuti e a quelli che deve dimostrare; lo abbandona alla individualistica realizzazione dell’obiettivo “sfidante” e lo attende alla fine del periodo definito senza vivere le graduali evoluzioni; durante il perseguimento dell’obiettivo, la sua attenzione viene richiamatasolo da reali o presunti errori, così da rimproverare “in tempo utile e costruttivamente” il collaboratore; l’encomio invece è previsto soltanto ben dopo il raggiungimento del ‘traguardo’ e mai immediatamente per un qualsiasi preliminare risultato positivo (“potrebbe rilassarsi, o peggio – montarsi la testa!”).

Certo - gli Esseri Umani non sono balene, e neanche Animali.Gli Animali sono dotati di istinto, una funzione biologica molto efficace, ma anche molto rigida, per guidare i comportamenti senza dover ogni volta valutare e decidere il da farsi, sia in contesti critici e competitivi, sia in contesti abituali.L’Essere Umano contrappone alla mancanza di istinto, a questo deficit biologico, la capacità unica nel mondo vivente di esprimersi con un linguaggio articolato; mediante questa dote, è possibile l’elaborazione e la trasmissione, tra individui così come tra generazioni, di concetti, idee e obiettivi, analogamente a quanto avviene con i virus e con il DNA per la trasmissione di informazione biochimica tra tutti gli esseri viventi.

Da questa combinazione di deficit istintuale e di sofisticata trasmissione di informazione insita esclusivamente nell’Essere Umano, scaturiscono sia la meraviglia per le sue sublimi realizzazioni, sia l’orrore per gli ab-ominevoli misfatti di cui solo l’Essere Umano è capace.

A determinare tali estremi, troviamo: gli Obiettivi.

GLI OBIETTIVI

La nostra Cultura industriale ha imparato a venerare alcuni ‘idoli’ concettuali, allo scopo di garantire al Lavoro il suo moderno statuto di “essenza dell’Essere Umano”.Nel testo precedente mi sono occupato dell’irrealistico, per come viene insegnato e inoculato, ideale di Merito.

E’ ora la volta di una fattispecie con un solido fondamento realistico, quindi più aderente alla realtà:gli Obiettivi.

Parto dal concetto generico di Obiettivo, applicabile ai contesti esistenziali,professionali e tecnico-operativi, tutti strettamente interconnessi dall’unica idea di Obiettivo che viene oggigiorno trasmessa, e che mostra scollamenti rispetto alla realtà; scollamenti entro i quali fioriscono gli effetti controproducenti, le sofferenze e i disturbi che gli Obiettivi possono spesso comportare, come insegna l’adagio “La via dell’inferno è lastricata dalle buone intenzioni!”.

Siamo proprio nel regno delle “conseguenze inintenzionali delle nostre azioni intenzionali” da cui il Nobel per l’economia (1974) Friedrich A. von Hayek auspicava di metterci in guardia,invece di continuare a patire, in termini di Libertà personale e di Salute, le conseguenze della appena realistica ‘fede’ nelle “azioni intenzionali”.

La Storia infatti descrive, e la Teoria dei Giochi insieme alla Psicologia spiegano, una vasta casistica di umani Obiettivi, ossia di “azioni intenzionali”, che hanno condotto gli artefici – e non solo loro purtroppo - all’autolesionismo e persino all’autodistruzione.Gli Obiettivi hanno altresì portato alcuni Esseri Umani sulla Luna!

Dai “massimi sistemi” alla quotidiana realtà lavorativa, gli estremi prima citati si replicano: aziende rilevanti e solide letteralmente distrutte da obiettivi dai risvolti impensati; altre che si sviluppano ben oltre le prospettive che i fantasiosi obiettivi iniziali suggerivano ad analisti economici razionali.

Gli Obiettivi sono evidentemente mezzi efficaci e pratici per focalizzare la nostra attenzione ed energia, e catalizzare la realizzazione di sogni, persino di presunte utopie.Ogni mezzo richiede però la comprensione e il rispetto delle sue peculiari leggi fisiche e psicologiche, pena l’inefficacia dello stesso o, peggio, la sua dannosità.

Oltre alla evidente difficoltà a utilizzare talvolta gli Obiettivi in modo consapevole, esiste anche la possibilità che si abusi del concetto stesso, ‘incoronandolo’ con il titolo di Missione - l’Obiettivo degli obiettivi – con conseguente propria alienazione a semplici mezzi e strumenti in mani altrui…

Risultato: la neo-schiavitù, fenomeno che ha consentito alle Società “più evolute” di rinunciare alla millenaria esigenza sociale ed economica della tradizionale schiavitù, per concedere agli ex-padroni risultati e produttività enormemente maggiori; analizzerò ciò nei prossimi testi.

Passo ora all’analisi in quattro fasi di questo ‘idolo’: a) presa di consapevolezza della sua vera natura; b) comprensione della sua genesi e delle sue leggi; c) liberazione da esso con le d) relative modalità pratiche.

Siamo consapevoli del fatto che gli Obiettivi, nel loro significato più generale e prima di circoscriverlo a proceduretecnico-operative in ambito lavorativo,ci vengano inculcati fin dalla più tenera età secondo un paradigma strutturato sui concetti-guida di progetto individualistico, di tempo lineare proiettato nel futuro e di pianificazione causale; paradigma istituito filosoficamente dal positivismo ottocentesco e da Heidegger negli anni ’30.

Le generazioni pre-industriali fondavano invece la propria esistenza sulla realizzazione del proprio Dovere, qui-e-ora, nell’ambito di paradigmi strutturati su idee di collaborazione comunitaria, di un tempo circolare e di prevenzione, magari col supporto di divinità create ad hoc

Evitando accuratamente valutazioni moralistiche di “Bene / Male”, è sempre opportuno comprendere quanto i cambiamenti avvenuti siano aderenti alla vera realtà globale e alle sue ferree leggi, ovvero quanto funzionali agli interessi di qualcuno o qualcosa (ideologie e “virus culturali” inclusi).

Per quale scopo si trasforma una Culturae perché proprio in una specifica direzione?

Solo comprendendo tale domanda, e ponendo possibili risposte, potremo verificare quanto ci siamo adattati al nuovo habitat umano, ovvero se e come adattarci meglio.

Ancora più decisivo per noi Esseri Umani è comprendere come evitare che il mondo continui a cambiare senza di noi o, peggio, in un mondosenza di noi!

Dunque – nella nostra attuale Cultura, determinare i propri Obiettivi è il primo atto che viene richiesto per conferire un Senso alla propria vita, e presuppone “sapere ciò che si vuole” – segno di rassicurante e determinata ambizione; salvo scoprire talvolta, dopo anni, che esso rappresenta in realtà ciò che voleva il proprio padre, in ambito scolastico e lavorativo, ovvero la propria madre, in ambito matrimoniale e familiare!

Il Senso di una Esistenza non scaturisce dal “Cosa” si fa, ma dal “Come” – perché ciò esprime ciò che si è realmente.

In tal senso, gli Obiettivi rappresentano spesso ‘gabbie’ nelle quali si viene irretiti da “virus culturali” (o memi, del tipo: “senza obiettivi non si realizza alcunché!”) e da “doppi legami” psicologici (del tipo: “non posso esprimere l’irraggiungibilità dell’obiettivo altrimenti lo/la deludo, ma lo/la deluderò comunque se lo perseguo in quanto è irraggiungibile – ma io ho bisogno della sua stima!”).Queste due modalità di condizionamento psico-culturale determinano, in contesti ad elevato contenuto emotivo, situazioni sia di “comunicazione e comportamento paradossali”, sia di stress, con conseguente elevata esposizione ai disturbi psicosomatici codificati da Hans Selye nella sua Sindrome Generale di Adattamento (ulcerazione dell’apparato gastrointestinale, neutralizzazione del sistema immunitario e ingrossamento della corteccia surrenale).

Non dimentichiamo mai il lato positivo di ciascun fenomeno, nello specifico: l’eustress, lo stress positivo; una tensione con tanto di “reazione d’allarme” e di ”fase di resistenza” (sempre secondo la terminologia di Hans Selye) che non supera però la soglia critica “di esaurimento” delle nostre risorse biochimiche interne, bensì stimola, esercita e rinforza le nostre funzioni difensive e immunitarie.

Tra lo stress nocivo e l’eustress salutare, troviamo ancora e sempre gli Obiettivi: troppo “dilemmatici”, talvolta inconciliabili con i vincoli o con altri obiettivi, e soprattutto non riconosciuti, nel primo caso; misuratamente “dilemmatici”, coerenti col contesto e soprattutto riconosciuti, nel secondo.

Siamo inoltre consapevoli che stabilire ciò che vogliamo con largo anticipo in un contesto mentale di ipoteticiprocessi lineari e pianificabili, crea inevitabilmente tensioni e ansie che scaturiscono sia dai dilemmi con i quali la vera realtà, quella circolare e “caotica”, ci coglie continuamente impreparati, sia dalle opportunità che, nel migliore dei casi, si scopre in ritardo essere sfuggite allo sguardo di chi è molto focalizzato su “ciò che sa di volere”; questa seconda conseguenza è il ‘frutto’ certo dell’ignoranza del principio della Serendipity - ossia “delle scoperte fortunate” per le “menti preparate” - che tanto ha donato alle Scienze in termini di inattese scoperte mentre …si cercava altro.

La Serendipity ci insegna che la Realtà ha molta più fantasia di noi!

Quando entriamo nel mondo del lavoro, siamo quindi già ben equipaggiati con un concetto di Obiettivo solo parzialmente reale e con un florilegio di obiettivi esistenziali e professionali che si sono radicati in noi come ‘istinti’ pragmatici: “ottenere questo”, “fare quello”, “dimostrare che”, “superare lei o lui”, “farmi ammirare da lui o lei”; chi più ne ha …più è povero.

Ho sottolineato prima come gli Esseri Umani non siano Animali proprio per un intrinseco deficit di istinti, laddove per istinto si intende una ‘procedura’ psico-biologica che viene eseguita rigidamente e ripetutamente secondo una sequenza di operazioni biochimiche e neurali programmata a livello dei sistemi nervoso, endocrino e peptidico.

La vera differenza tra noi e gli Animali è che questi ultimi sono rigidamente programmati, mentre noi siamo riprogrammabili.

L’Essere Umano, come tutti gli esseri viventi, adotta meccanismi e strategie efficienti per vivere con minimi dispendio di energia e impegno di risorse possibili, senza dovere in ogni circostanza valutare, provare e riflettere sul comportamento più efficace e/o sicuro.A ciò servono gli istinti rigidi per gli Animali, così come le abitudini, gli obiettivi, le tradizioni e la morale per gli Esseri Umani.

A garantire la pervasiva diffusione e replicazione di queste biologicamente e socialmente utili ‘prescrizioni’ comportamentali provvedono i memi - termine coniato da Richard Dawkins nel 1976 e che indica una qualsiasi “unità di replicazione culturale”, l’equivalente mentale e cognitivo del virus.Il meme trasporta con sé una informazionecognitiva (che è invece biochimica nel virus) capace di trasmettersi tra Esseri Umani mediante la Comunicazione, non solo verbale, allo scopo di riprodursi nel nuovo ‘ospite’.

Peccato che i memi, una volta insediati nel nuovo ‘ospite’, lo alterino, ristrutturando i suoi schemi mentali in modo che egli si identifichi, automaticamente, con essi, ossia con …ciò che non è!

Riecheggia qui ancora la profonda e paradossale esortazione a “Diventare ciò che si è!” di uno dei maggiori “psicologi dell’umanità”, che intuì tutto ciò con un secolo di anticipo - Friedrich Nietzsche.

Siamo consapevoli che gli Obiettivi, quando vengano utilizzati ignorando la realtà delle leggi fisiche (circolarità e “caoticità”) e psico-cognitive (“doppio legame” e “ristrutturazione mentale”) a cui sottostanno, possano comportare sia dannose derive operative, sia alienazioni umane.

Ne siamo veramente consapevoli…?

Soltanto la consapevolezza piena ci permette la Libertà - sia nel senso positivo di conquistarci la libertà di (agire, esprimere, realizzare la nostra natura; in una parola: vivere), sia nel senso negativo di diventare liberi da (condizionamenti, tossine ambientali, asservimenti a “falsi idoli”; in una parola: frustrazioni).

Per liberarci quindi dai pericoli latenti nel nostro moderno ‘idolo’ bifronte, gli Obiettivi, occorre acquisire quella consapevolezza della nostra ignoranza sulla sua reale natura che soltanto le evidenze pratiche,” quotidiane”, possono apportare.Da questo stato risulterà evidente il ‘mosaico’, in cui sono incastonati i concetti e le domande qui condivisi, e il conseguente Senso reale degli Obiettivi che indicherà le vie corrette da seguire per raggiungere quella Salute Professionale alla quale si è accennato nel precedente testo (“Il Crepuscolo degli Idoli – I:I Meriti”).

Tali vie sono naturalmente tortuose, ricche di bivî e di scelte: dilemmi imposti da ogni singolo Obiettivo che concepiamo e che coinvolgono la Vita personale e quella professionale, gli interessi personali e quelli aziendali, il risultato individuale e quello di “squadra”, l’immagine e la Salute; dirimere tanti e tali dilemmi, cercare talvolta di conciliare l’inconciliabile, è un compito faticoso e fin improbo.

Tranquilli – ci viene incontro la matematica Teoria dei Giochi, che ci può insegnare a dirimere i dilemmi sfruttando quel corredo di doti di cui Madre Natura ha riccamente fornito noi Esseri Umani, negando invece tali ‘lussi’ agli Animali: l’irrazionalità, l’emotività, le malattie psicosomatiche!

Affronteremo tutto ciò nel prossimo testo, guardandoci bene nel frattempo dai quotidiani e nocivi paradossi lavorativi, nonché esistenziali, insiti in tanti nobilissimi e ‘sacri’ Obiettivi che guidano noi e molti pianificatori lungimiranti a “volere eternamente il bene ma operare eternamente il male” – al contrario del diabolico Mefistofele goetheano…

Pagina precedente

Indice dei contributi