LO STRESS: UNA LETTURA COGNITIVA
di Rosanna Auletta
La psicologia cognitiva e’ una branca
della psicologia che si occupa del funzionamento del nostro sistema cognitivo
che è il responsabile delle interpretazioni che noi diamo dell’ambiente
esterno e di come esso agisce su di noi. I terapisti in questo caso cercano
di alterare i processi cognitivi dei pazienti con il fine ultimo di modificarne
le emozioni e il comportamento. In questo senso c’è un legame forte
tra questa parte della psicologia e la psicologia del comportamento. Albert
Elliot, uno dei sostenitori più rappresentativi della psicologia cognitiva,
sostiene che i sentimenti negativi che ci impediscono di funzionare bene come
lo stress e l’ansia sono causati da convinzioni irrealistiche che noi
nutriamo relativamente a noi stessi o alla nostra vita. Spesso infatti avanziamo
delle richieste eccessive a noi stessi e di conseguenza ci stressiamo, siamo
ansiosi e proviamo disagio e insicurezza. Facciamo l’esempio di un uomo
che ritenga di dover essere sempre perfetto in tutto ciò che fa. Ovviamente
si sentirà male (fallito o inadeguato) non appena commetterà un
errore, o si sentirà stressato in situazioni dove percepirà la
possibilità di non eccellere. Il terapista in questo caso aiuta il paziente
a mettere in dubbio e sradicare questo presupposto sostituendolo con pensieri
tipo “Ok sarebbe il massimo essere in grado di non sbagliare mai ,ma ciò
non vuole dire che io debba essere sempre perfetto.” Si promuove quindi
l’accettazione di sé con i propri limiti.
Albert Bandura è un altro maestro della psicologia cognitiva. Egli sostiene
che sia possibile cambiare il nostro comportamento (ristrutturazione cognitiva)cambiando
le nostre cognizioni, aumentando così la nostra sensazione di efficienza
generale. Questo a sua volta va ad influenzare in modo positivo il nostro concetto
di autostima. In questo caso esiste quindi un legame forte tra la psicologia
del comportamento e quella cognitiva. Tuttavia tali approcci sono concettualmente
diversi, ma ai nostri fini non opereremo una netta distinzione. Vediamo ora
di analizzare una serie di concetti base che sono importanti per la psicologia
cognitiva.
Concetto di “Sé”: come noi vediamo noi stessi
Per alcuni psicologi il concetto di “Sé” è un concetto
basilare. William James quasi un secolo fa prospettò l’esistenza
di due aspetti distinti del “Sé”. Il primo che pensa di essere
l’attore protagonista e cioè “L’io” che conosce
e agisce e che cerca di controllare l’ambiente circostante. E il secondo
il “Me” e cioè l’oggetto : quello che uno vede quando
l’attenzione è focalizzata di su di sé come oggetto che
subisce.
Durante la crescita i bambini sviluppano sempre più il senso dell’Io
come soggetto agente separato da altre persone e oggetti. Anche la parte che
rappresenta il “Me” ovviamente si sviluppa ed infine la personalità
dell’adulto si compone di tutte quelle esperienze che il bambino ha avuto
modificandosi alla luce delle esperienze future. Il nostro senso di “Sé”
complessivo è il risultato dell’integrazione tra le nostre esperienze
come soggetti agenti e le impressioni e le valutazioni che le altre persone
hanno di noi stessi.
“Self-Schemata”
Si definiscono “self schemata” le generalizzazioni che noi crediamo
si possano riferire a noi stessi inclusi pensieri come “Sono una persona
indipendente” oppure “Sono un tipo che tende ad avere bisogno degli
altri.” Si parla quindi di opinioni che noi abbiamo di noi stessi che
si sono formate sulla base delle esperienze passate e che guidano la categorizzazione
delle nostre esperienze future. Per esempio se la nostra
“self schemata” dominante ci porta a pensare di essere passivi ed
estremamente dipendenti, noi processeremo e presteremo maggiore attenzione a
tutte quelle informazioni che sono rilevanti e che confermano questa convinzione.
E’ provato che tendiamo a ricordare di più gli eventi e le sensazioni
che confermano le nostre convinzioni nel bene e nel male.
Quando si parla di esercizi pratici per la psicologia cognitiva si intende proprio
l’alterazione di queste convinzioni o “self schemata” che
esistono nella nostra mente e non sono necessariamente reali, ma che possono
essere il punto di partenza di tutta una serie di sensazioni negative e spiacevoli
che noi proviamo.
Autostima
L’autostima invece si riferisce al giudizio che noi abbiamo del nostro
valore. Viene molto influenzata anche dal feed-back che riceviamo dagli altri
e dall’ambiente circonstante. Una buona autostima si può conquistare
ed è vitale per mantenere un buon controllo sulla nostra vita, potendo
vivere quindi in modo soddisfacente.
FOCUS: CHI HA MAGGIORE STIMA
DI SE’ VIENE ANCHE PIU’ STIMATO DAGLI ALTRI.
Agli inizi degli anni 70 negli Stati Uniti lo studioso A. Coopersmith compì
un singolare esperimento studiando un campione di giovani provenienti dalla
borghesia e seguendoli dalla pre-adolescenza all’età adulta. Lo
studio fu compiuto studiando le loro famiglie e sottoponendo i giovani a numerosi
test. I risultati dimostrarono che i ragazzi con l’autostima maggiore
erano poi gli stessi ad essere in effetti più competenti e a riscuotere
maggior successo. Fu notato che coloro i quali avevano genitori con un alta
autostima tendevano ad avere a loro volta un buon concetto di sé. Coopersmith
divise i ragazzi in 3 gruppi caratterizzati da misurazioni di autostima ottenute
tramite questionari, alte , medie e basse e notò che alcuni tratti caratteriali
erano per così dire collegati a valori alti o bassi dell’autostima,
suggerendo quindi un possibile legame tra la stima di noi stessi e altre caratteristiche.
I ragazzi con maggiore autostima si comportavano in definitiva in modo più
competente. Probabilmente l’aver osservato genitori con alta autostima
li aveva portati a sviluppare a loro volta un buon concetto di sé, aiutandoli
in realtà a essere più efficienti.
Senso di efficienza personale
Il senso di efficienza personale consiste nell’avere l’impressione
di svolgere i propri compiti in modo efficiente. C’è comunque differenza
tra senso di efficienza o competenza personale e l’autostima in quanto
una persona può avere un alto senso di efficienza personale e una bassa
autostima. L’esempio classico è quello dei piloti dei bombardieri
in guerra tra i quali nel momento in cui sganciavano le bombe sulle città
qualcuno riportava un alto senso di efficienza, ma una bassa autostima.
Autoconsapevolezza
Quando parliamo di autoconsapevolezza ci riferiamo alla consapevolezza di sé
che significa essere consapevoli dei propri pensieri e avere l’attenzione
focalizzata sui propri processi interni. Molte volte infatti siamo guidati da
pensieri automatici e agiamo di conseguenza senza rendercene conto.
Avere una buona consapevolezza di sé significa essere sempre in controllo
della situazione. Coloro i quali hanno riportato alti valori di autoconsapevolezza
(misurati da un test specifico), sono di fatto risultati essere anche più
altruisti, più onesti con se stessi e con gli altri, e sembrano anche
trarre una maggior soddisfazione dalla propria attività lavorativa.
Bisogno di coerenza
Una delle caratteristiche più importanti del genere umano è proprio
la tendenza ad essere coerenti con se stessi. Come dicevamo precedentemente
si tende quindi a prestare attenzione e a ricordarsi meglio solo quelle informazioni
che confermano le nostre “self-schemata”. Quindi si tende a riproporre
e a confermare sempre le stesse convinzioni; per questo motivo, per operare
dei cambiamenti sostanziali, bisognerà cercare di aumentare la consapevolezza
di sé al fine di sradicare quelle false sicurezze che sono poi il punto
di partenza di molti circoli viziosi cognitivi.