BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 31/01/2005

MOZART OGGI COMPORREBBE SUONERIE POLIFONICHE PER I CELLULARI?

di Fabrizio Badiali

 

Occorrono alcune premesse, ma prima giochiamo insieme.

Un frigorifero aperto, correndo.

Capodanno.

Un amico di lunga data incontrato.

Esploratore casuale.

Spello/Umbria per una persona nata a Bologna, alle spalle delle verdi colline, diciamolo è una vera manna. Uscito dal cancello che da verso “Prato” (appendice collinosa), volto a destra e per un paio di chilometri proseguo correndo lungo una strada che timida sale verso Collepino e da un lato costeggia Monte Piano. I primi 15 minuti circa sono quelli più duri, in cui porti il tuo corpo su un piano parallelo, dove la mente prima corre poi segue il corpo.

Come tanti aghi nel petto, il sangue è impaziente quando, la mattina, una macchinetta del caffè preannuncia il giorno a venire.

Poi un saluto ai nonni, che non in un cimitero, statico e anacronistico, ma attorno nell’armonia di un prato e nel ritmo del mio respiro.

Educare significa tracciare una meta, per chi la indica e lasciare ai giovani esploratori la scelta di quale rotta intraprendere per raggiungerla. Loro mi portavano a far delle gite in campagna, oggi da uomo quella tensione è diventata mia.

Inizia la salita, la amo.

Scatta qualcosa, guardo in basso poco avanti ai piedi, quasi mai la vetta e non mi fermo; proseguo come avessi le ridotte, fino a quando, giunto sulla cima, i primi metri mi abbandono ad un sorriso ebete.

Da Monte Piano è possibile vedere sulla collina di fronte Collepino e un po’ più sulla sinistra, alle appendici del Monte Subasio, Spello…come il corpo di una donna distesa su un fianco.

Passo davanti ad un casolare contadino e sono accolto da anatre, galline e due cani; i gatti osservano in disparte.

Vedo un frigorifero “Rex” direi degli anni ’50.

Giallo ruggine all’esterno, azzurro e alluminio perfettamente conservato nelle sue viscere, perché non farne una piccola libreria/porta CD?

E così è venuto a Milano con noi.

Vizio del mio papà, dai primi anni ’70 di cui posso avere un ricordo, la mania del tettuccio apribile, immancabile.

Oggi, superati i miei trenta anni, la sua macchina ha un unico immenso vetro al posto della parte superiore della carrozzeria.

Io e Chiara ed una coppia di amici a Salisburgo per l’ultimo dell’anno.

Delle tante cose fatte ricordo oltre al pistacchio delle palle (al cioccolato) di Mozart la visita a quella che fu, a Salisburgo, la sua dimora. Ed essendo avvezzo ad essere sognatore mi aggiravo per quelle stanze avvolto in una cuffia che con un ottimo italiano raccontava fasti e aneddoti circa la vita di quella famiglia.

Mi fermai a guardare un frammento di muro protetto da una lastra di vetro con una decorazione originaria, color ocra, vicino al telaio della porta che dava ad un'altra stanza; e ho immaginato con raccolta ed intima emozione, che anche lui vedesse o fosse passato vicino a quel muro.

Allora ho dimenticato la gente intorno e la voce della cuffia sembrava l’eco di una favola, per vedere Mozart che passava; quali rumori aveva alle sue spalle dalle altre stanze? e se fosse stata sera, alcune candele avrebbero danzato con le loro ombre sul muro accanto?

Francesco, detto Pippo; bravissimo a suonare il piano e qualsiasi strumento gli si desse in mano.

La compagnia che frequentavo a 16 anni, alla discoteca preferiva un casolare e un fuoco con carne e “del buon vinello” preso dal “contado”.

Pippo aveva anche una moto da cross e insieme andavamo a fare “sterro” (su e giù per le cavedagne verso la toscana).

Non era un fighetto e neanche la compagnia. Sono passati dieci anni…ci siamo persi di vista, capita, e lo incontro la sera della vigilia di Natale in un locale, identico.

E’ uguale a dieci anni fa (anch’io per lui), ma con una barba rivoluzionaria e incolta.

“Ciao Bicio”

“Pippo…?!!”

- ahhhhhhhhhhhhhhh - …ci siamo abbracciati, non ricordo chi dei due ha sollevato l’altro, tanto era il trasporto.

“Oh Bicio…sono entrato nel sistema!”

Gli ho chiesto di raccontarmi e lui, il mio amico musicista, mi ha risposto che lavora per una grandeeee multinazionale, che a lui gli danno un c**** e che loro invece fanno una paccata di soldi con il suo lavoro…poi è andato un attimo a prendere una birra; ma cosa fa insomma? (mi son chiesto).

A volte per strada può succedere di inciampare e così mi è capitato l’altro giorno.

Bene, diciamo che nei confronti della musica classica io mi sia inciampato.

Ovvero, ho sempre avuto qualche CD del genere, ma mai li ho ascoltati veramente.

Sarà stato l’indotto del capodanno, ma tornato a casa ho scoperto un nuovo interesse.

Andiamo alla conclusione.

Pippo è tornato e come lavoro, crea suonerie polifoniche per i cellulari.

Cosa c’entrava il frigo?

Assolutamente niente; volendo potremmo anche dire che il mio frigo adesso è quasi vuoto, maqualcosa da cucinare c’è sempre.

Questa considerazione mi legittima nel fare la seconda: se non abbiamo quasi nulla l’attenzione dal cosa (non abbiamo) si sposta al come preparare quello che invece abbiamo.

La musica classica, prima ancora del jazz, è una sinfonia di voci, salti, riflussi e nasceva portando con se una traccia del vissuto di quell’epoca.

Mozart usava una penna ad inchiostro, lo immaginate mentre traccia alcune note? Deve stare attento alla goccia che non cada a macchiare lo spartito, e di tanto in tanto spostare la mano ed intingere la penna nell’inchiostro…accanto un pianoforte.

Ecco i suoi ingredienti e lo spessore/sapore del suo immane lavoro.

E così, il mio amico Pippo, è entrato nel sistema… e tutto diviene un’interfaccia-utente, un cibo surgelato.

Pagina precedente

Indice dei contributi