BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 09/05/2005

ESERCIZI DI SCRITTURA

Un modo per lavorare su sè stessi: come realizzare un kit etico completo, a soli € 99,99

di Fabrizio Badiali

Lui all’altro.

Ti è mai capitato, fermo al semaforo, di sentire una canzone che proviene da un’altra macchina?

Qualora la risposta fosse “No!”, ti ricordo che siamo ancora solo alla terza riga…

…al contrario, facciamo finta che io abbia il finestrino abbassato, questa è la mia musica.

(rivolto alla regia - dammi una base)

“Ho bisogno di etica” - il titolo.

A: Perché?

B: Per starci dentro.

A: Cosa significa?

B: Prendere le misure

A: Verso cosa?

B: Quello che intorno accade.

A: A chi?

B: A noi

A: E voi chi siete?

B: Persone

A: E dove siete?

B: Nel mondo

A: Quale mondo?

B: Quello che nasce ogni mattina al volgere di uno sguardo, il mondo di ciascuno (di noi).

A: E cosa ha di tanto particolare?

B: E’ vulnerabile, va preservato.

A: …ahh il trionfo dell’individualismo!

B: No, la soggettività.

A: E a cosa serve?

B: A vivere

A: Cosa significa vivere?

B: Sentire

A: Sentire cosa?

B: Un’intima tensione, un’aspirazione verso qualcosa che ci spinge ad una ricerca.

A: E poi?

B: Dopo ti senti pieno.

A: Sovrappeso?

B: No, felice.

…quel mondo si potrebbe dividere come al solito in due, il bene e il male, dove il male è l’assenza, il vuoto, l’accettazione inconsapevole ed acritica, ed il bene tutto quello che è scoperto, cioè raggiunto.

Da qui a mio avviso la necessità, per le Persone e le Organizzazioni, di un lavoro introspettivo in cui il soggetto, singolo o collettivo che sia, si interroghi sul proprio cammino, in relazione alle scelte che lo attendono e alla responsabilità fattiva di lasciare un contributo tangibile.

Ciascuno di noi è investito di un dovere morale che spesso dimentichiamo per comodità, ecco perché credo vi sia oggi maggior necessità di “etica”, peccato non sia un servizio con consegna a domicilio, gestibile in outsourcing o a noleggio.

Serve invece un po’ di fatica, a noi nati nella generazione dell’aria condizionata. E quando quella naturale sarà obsoleta perché inquinata?

Allora diciamo per scherzo che in un futuro non troppo remoto avremo ad esempio perso la capacità di provare sentimenti, saremo anestetizzati…a dir la verità quel futuro è poi già li davanti.

Come si chiama?

Nike, McDonald’s, Gucci…benessere, no assolutamente molto più semplice e bastardo, vicino e falso amico, l’Io (il nuovo segmento di mercato).

Io accarezzo un gatto

Io lavoro

Io mangio

Io dormo

Io rido

Io compro

Io arrivo puntuale o in ritardo

Io inciampo

Eccoci arrivati, io e solo io e per il resto fottecazzo; al limite estendiamo l’affetto partecipativo ai cari più vicini o all’organigramma aziendale o alla curva sud, ma rimane che siamo sempre più inclini all’individualismo e siamo in tanti e anche se ci vediamo ce ne freghiamo.

Quello butta un mozzicone a terra? Tanto puliscono o non è casa mia.

Salti la fila? …allora sei furbo.

Sei manager? Non puoi mangiare seduto, scherziamo?

Poi se abiti a Milano anche tua nonna, in Buenos Aires il sabato pomeriggio, è una bella figa.

Apparire, apparire, apparire.

Farsi vedere, essere famosi…o amici di Maria.

Sia chiaro a me piace vivere, non vorrei passare per quei contestatori “comunisti”, si quelli là…che mangiano i bambini; non ho la barba, ho due occhietti furbi e so mettere una cravatta e non mi dispiace un coktail, appannaggio borghese.

Io spendo e quindi sono, e ho imparato anche a portare finto disinvolto gli occhiali da sole e per giunta sono riuscito, IO, a comprarli anche griffati…di Armani (quello che ha fatto il cappotto operaio).

Vabbè ho un amico che fa il giardiniere, però ne ho uno anche manager che si addice di più al venerdì, mentre il bucolico al sabato per riassaporare qualche sana reminescenza della natura.

La butto lì, la bestemmina degli anni ’80, lo specchio dei coglioni…la Lampada; l’ascesa del marketing contro un prato in un giorno di sole.

Anestetizzati, mediati, allontanati, privati, interposti, sbiaditi, “switchati”.

Raccontare queste cose significa passare per disfattisti o rompicoglioni, e così sia.

Ma mai possibile che uno sbarbo sogni il telefonino?

O che una ragazza spenda per un jeans stracciato 160 euro?

O che qualcuno, raggiunta la montagna in macchina, si fermi nel tornante a fare un picnic?

Io faccio schifo uguale, ma almeno mi sforzo in tempo reale di rendermene conto, poi una volta capito, o ci passo sopra o evito…la vera ignoranza è per me l’andare avanti così senza nulla chiedersi e dando per scontato quello che abbiamo.

Parlo soprattutto alla mia generazione (’72); penso di avere un’età bellissima dove si giocano quelle dinamiche che poi un domani faranno di me un uomo soddisfatto, una persona stanca o entusiasta della vita.

Mi piacciono due belle tette, soprattutto quando arriva il caldo, ma da un po’ di tempo mi fa dolcezza lo sguardo di un anziano e poi semmai a fianco passa un giovane “a vita bassa” (pantaloni) e mi chiedo cosa penserà quel nonno/a…forse di tenere coperto l’ombelico.

Torniamo all’inizio, come si chiama quel mondo che è poi già li davanti.

Racconto, storia, aneddoto, fantasia…stare sul pezzo, lasciare una traccia, questo IO posso fare, adesso.

Assiomi di un futuro non troppo remoto:

  • Compreremo sentimenti perché non più capaci di viverli nella loro sostanza: l’autenticità.
  • I sentimenti dovranno essere prima vissuti da un esperto di vita.
  • Solo dopo che un sentimento sarà stato vissuto, allora sarà trasmissibile, cioè vendibile.

I sentimenti differiranno tra loro per l’intensità e la fonte; l’età dell’esperto e il contesto di vita che gli appartiene concorrono a definire la qualità stessa del sentimento; ecco perché stiamo assistendo oggi sempre più spesso a sentimenti crakkati e a persone che cercano un senso che non gli è dato cogliere, ma solo intuire.

Mi avvicino a dio e poi mi sveglio, ogni mattino quando ci sentiamo eroi ma non vediamo più il nostro cavallo e allora sì che era solo un sogno.

…quindi se mi impossesso di felicità, ma non ho i codici per importarla nel mio EMC (emotional media center) non saprò chi l’ha esperita per primo e soprattutto in relazione a cosa percepiva tale stato psico-fisico.

E allora potrebbero crearsi delle ridondanze, spiego perché.

Prima che i crediti emotivi fossero digitalizzati e commercializzati le persone erano ancora capaci di piangere, di discernere un gusto o avere un’aspirazione.

Mio nonno mi raccontava che una volta l’uomo era libero e poteva cercare le sue parole chiave…il motore di ricerca era di tutti senza distinzione, Google aveva sostituito l’omelia di ogni predicatore.

Oggi rimangono solo i desideri, vettori di senso imbrigliati da un firewall intellettivo che una volta percepita la richiesta (desiderio) la instrada verso un data base apposito che chiameremo per esempio “chiesa”/mediaset (entrambe propongono stili di vita).

A questo punto il DB cercherà il sentimento corrispondente e lo girerà verso l’utente che ne ha fatto richiesta. Unico problema i crediti, essendo una trasmissione wireless ed avendo alti costi, molti utenti preferiscono cercare versioni semmai non più aggiornate, ma ancora funzionanti oppure di altre categorie.

Una persona vuole essere felice, ma la felicità “ha un costo” che lui/lei non può permettersi perché vuole ad esempio quella dal ritorno delle vacanze, allora potrà scegliere se comprare una release con un basso profilo (vacanza a Riccione in Agosto anziché ai Caraibi) oppure se tentare la fortuna e acquistarne una meno costosa ma non certificata; può succedere allora di essere sì felici, ma per un “gioco” ricevuto da un bambino a 6 anni.

E dopo, quasi per sbaglio, vediamo quella felicità di fronte a noi inspiegabile, perché costa poco e non è aggiornata e ci chiediamo se un tempo ne eravamo capaci…fin quando qualcuno è tornato e ci ha detto che un giorno eravamo stati bambini.

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