BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 02/05/2005

RACCONTARE LA SCUOLA

di Paola Barzaghi

Le organizzazioni presentano una scena visibile, dato che sono artefatti culturali caratterizzati da una funzione razionale.

Non sono sicuramente solo questo, possono avere anche una funzione non manifesta, di contenimento rispetto alle angosce inerenti alla relazione sociale.

Nelle organizzazioni si può far fronte alle paure, tenendole a bada attraverso la routine, la ricerca di consenso ad ogni costo, tramite il controllo, inteso non come dimensione funzionale all'efficienza, ma come eccessiva rigidità.

Come nella mente del singolo sono importanti sia la razionalità che la dimensione dell'immaginario, motore della vita relazionale, così le organizzazioni sono tenute insieme dal loro modello razionale e da dimensioni più nascoste, legate alle pulsioni di vita (che hanno a che fare con la capacità di innovare, di ritrovarsi insieme intorno ad un progetto) e alle pulsioni di morte (che implicano distorsione della realtà che impedisce un’azione ponderata verso l'obiettivo e il nuovo).

A queste osservazioni associo un'esperienza professionale di insegnamento vissuta in una scuola elementare. Provo a narrare qualche episodio che ritengo significativo, secondo l’idea che scrivere su ciò che ci è successo permetta di prendere le distanze dagli eventi e di aprire finestre di interpretazione, impossibili mentre i fatti avvengono.

All'inizio di un certo anno scolastico ho fatto parte per qualche mese di un team (1) composto da alcune insegnanti impegnate in classi di prima elementare.

  • Nelle riunioni di lavoro di inizio anno, la collega più esperta mostra una preoccupazione pressante nei confronti del nuovo registro di classe. Questo registro era stato introdotto come strumento snello, gestibile con maggiore discrezionalità dai docenti. Figuriamoci quale poteva essere l'effetto dell'ansia di una collega navigata su di me, docente nuova di zecca.

Negli incontri di lavoro delle settimane seguenti, la nostra attenzione continua a concentrarsi sul registro, trascurando aspetti quali lo scambio di informazioni circa i bambini che vivono il primo anno a scuola, l'accordo su questioni urgenti, la conoscenza tra insegnanti – aspetti che, solo successivamente, intuirò come importanti in quanto indispensabili per lavorare bene.

In questo caso il gruppo ha funzionato come luogo di condivisione e amplificazione dell’ansia di un membro, riferita ad un cambiamento che stravolgeva il modo abituale di operare. Ciò allontanava tutti noi componenti del gruppo dall’obiettivo razionale del lavoro.

  • Al termine degli incontri collegiali, avevamo la consuetudine di fissare, attraverso un verbale, i risultati delle riunioni.

Un giorno, la collega di turno nella stesura del verbale, prima dell’incontro, quando le chiacchiere anticipano l’inizio dei lavori attorno al tavolo, estrae - disinvolta - dalla sua borsa il documento già pronto.

Inutile dire che la reazione di qualcuno, me compresa, è di stupore, ma la noncuranza predomina nelle altre.

La delicatezza degli argomenti da trattare, secondo l’ordine del giorno (cfr. programmazione degli interventi per i bambini portatori di handicap...) suscitavano in tutte noi insegnanti molti timori nei confronti dello sconosciuto, che si sono concretizzate nel gesto della pre-preparazione del verbale, mostrando come l'angoscia e il bisogno di controllo abbiano sopraffatto la spinta positiva ad affrontare il diverso per misurarsi.

Il comportamento delle colleghe si poteva comprendere in relazione alla cultura diffusa nell'organizzazione: rifare quello che si era sempre fatto apportava sicurezza, controllare e gestire rigidamente la situazione dava vita, in teoria, alla perfezione approvata dall'autorità, secondo quella rappresentazione diffusa nel contesto nel quale mi trovavo.

Il contesto

Lo sfondo dell'organizzazione-scuola in questione è, infatti, significativo. Il circolo didattico era considerato ambiente di non facile clima di lavoro, con un direttore didattico severo e un nucleo storico di insegnanti, considerato dai genitori, da altri supplenti come un insieme di “sopravvissuti”, un nucleo resistente nel tempo.

Alla luce di ciò che ho sperimentato, la severità contestata al direttore era riconducibile a richieste di precisione ed efficienza sia nella didattica, che nelle altre attività connesse con il funzionamento della scuola.

In molte insegnanti ho percepito la paura viva invece del giudizio del direttore, considerato un Grande fratello che vegliava e vagliava. Ecco le parole di una collega durante la ricreazione in cortile: “vede tutto, anche se non c'è, non puoi mai stare tranquilla!”

Nel panorama spiccava una dissidente, considerata una docente sui generis, alquanto stravagante, che attraverso il suo modo di essere diversa (dallo stile di insegnamento all’abbigliamento) rinfacciava a tutti la mancanza di coraggio ad uscire dal circuito del sempre uguale.

Le voci di corridoio delle insegnanti dicevano che la parola libera e la libera iniziativa erano inibite, mentre in me si faceva largo l’idea che era una scusa per non parlare in pubblico e apertamente, perché è sempre faticoso proporre il nuovo ed essere creativi.

In questo clima era presente il sostegno reciproco delle insegnanti estranee al nucleo storico, unite come fronte comune per la protezione del singolo che non vuole esporsi, per alimentare rappresentazione del direttore come detentore della tradizione, sulla quale si poteva basare la rinuncia a essere innovativi.

Ciò che a lungo mi ha stupito è che pochi erano i dati oggettivi a cui era riconducibile l’accentramento smisurato della tradizione nelle mani del direttore e del nucleo storico. Credo, però, che eventi passati trascritti nelle memorie organizzative guidavano l'azione. Io, presa dall'entusiasmo del mio incarico, dalla possibilità di sperimentare ciò che avevo appreso nella mia fresca e recente formazione mi rendevano aliena questa cultura che non riusciva appieno ad essere anche la mia guida e la trama per leggere le storie quotidiane, ma che in qualche modo riusciva a sommergermi...

Quanto questo atteggiamento più o meno conscio possa essersi riversato sul tipo di servizio offerto, attraverso la scuola, ai bambini e alle loro famiglie, rimane un aspetto da indagare…


1 Termine usato dagli esperti di didattica e amato dagli stessi insegnanti, forse nella speranza che automaticamente un insieme di insegnanti assegnati ad uno stessa classe diventi un effettivo gruppo di lavoro.

 

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