BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 15/12/2003

SCENDERE DAL PERO DELLA GENERICITA':
COMINCIAMO A PARLARE DI STRUMENTI PER GESTIRE LA CONOSCENZA

di Massimo Bellagente

Una domanda non da poco: cos’è la conoscenza?

Presentazione di Aleph V°

Il testo di Massimo Bellagente merita una presentazione di chi vive nel futuro.

Guardandolo dal futuro (un futuro che, speriamo, riusciate a cambiare) se ne può comprendere la portata.

Signori benedetti, agli inizia del XXI secolo avete cominciato a parlare di gestione della conoscenza in ambito aziendale, ma non avete fatto alcuno sforzo per capire veramente cosa fosse la conoscenza. Avete costruito strumenti per censirla, archiviarla, diffonderla. Ma non avete cercato di scendere ne profondo. Risultato: tanti sistemi tecnologici (di e-learning, di knowledge management, di content management, di Community Management) senza nome e senza speranza. Strumenti indifferenti alla conoscenza che si proponevano di gestire. E che, diciamocelo con franchezza, nessuno comprava.

Strada sbagliata! Meglio: senza sbocco!

Il lavoro di Massimo Bellagente vi indica alcuni ciottoli di una nuova strada. Ripartiamo cercando di capire cosa sia la conoscenza. E un passo importante è: cerchiamo di capire come questa conoscenza possa essere rappresentata.

A cosa serve occuparsi di rappresentazione della conoscenza?

Andando per ordine di importanza (dal meno importante al più importante) occuparsi di rappresentazione della conoscenza serve a:

·        produrre courseware object più efficienti ed efficaci,

·        Attivare e gestire comunità virtuali che sappiano creare conoscenza condivisa,

·        Sviluppare progetti strategici emozionanti,

·        Sviluppare riforme sociali e istituzionali profetiche.

La mia preghiera è:provate a cominciare a muovere alcuni passi su questi primi ciottoli di questa nuova strada … se avete a cuore un futuro diverso dal passato.

Il mio contributo parla sostanzialmente di un nuovo linguaggio per rappresentare la conoscenza: le mappe testuali. Ma non solo ne parla, anche lo usa. Infatti, ogni paragrafo di testo sarà seguito da una sua schematizzazione che utilizza questo nuovo tipo di linguaggio.

Comincerò proponendo una “mappa” che descrive il contenuto complessivo del mio contributo: un indice “grafico” anziché un indice lineare.

(grafico)

1.      La sequenzialità nei testi non narrativi: una modalità di comunicazione obsoleta

Un giorno, parlando del disordine logico e della confusione concettuale che caratterizza gran parte dei testi espositivi, argomentativi e descrittivi che ci sono in giro, un collega mi confidò: “Non è che la gente non sappia più scrivere o che oggi le cose siano talmente complesse da non poter essere spiegate in modo semplice, … piuttosto… è giunto il momento di rispettare maggiormente il lettore di testi non narrativi e le modalità con cui egli entra in contatto con le nostre parole.

Credimi! Non sono uno di quegli accaniti sostenitori degli ipertesti che butterebbero tutti i libri nel cestino solo perché non contengono un numero sufficiente di links e hot words. Se dico che la linearità progressiva nei testi non narrativi è una modalità di comunicazione superata, non vuol dire che la sequenzialità sia di per sé una stupidaggine. In fondo, è da tanto tempo che i libri vengono scritti in questo modo e le opere d’arte non mancano …

Dico però che ci vuole qualcosa di nuovo: l’utenza è cambiata e i contesti di lettura richiedono che si vada subito al sodo, che i significati siano comunicati in modo logicamente inequivocabile. E oggi, l’ordine logico non è poi così frequente! Secondo me, bisogna decidere se vogliamo davvero far capire quel che scriviamo oppure se, tutto sommato, … ci piace il contrario.

Anch’io pubblico articoli divulgativi di tipo scientifico (Scienze Naturali) e, se non avessi rispetto di chi mi sta leggendo, ogni volta comincerei a scrivere quello che ho intenzione di dire seguendo dei criteri di comodo:

-         metterei in fila le parole, senza curarmi troppo del fatto che il loro ordine sia di ostacolo alla comprensione da parte del lettore

-         proporrei le architetture concettuali a me più congegnali, sicuro che la loro potenza comunicativa coinvolgerà tutti in una lettura partecipata

-         farei ricorso al mio lessico preferito e alle mie frasi fatte, senza preoccuparmi un gran che della loro trasparenza

Così facendo, però, non dovrei stupirmi nel vedere i  miei lettori abbandonare stizziti  i miei articoli, disorientati da testi che hanno impedito loro di afferrare il senso che le mie parole volevano comunicare.

Ecco. Proprio per evitare queste amare constatazioni, cerco il più possibile di scrivere in modo semplice, immediato, ordinato. Eppure, mi accorgo che non basta. Chi legge fa fatica a capirmi, a volte fraintende, spesso non arriva ad afferrare il vero significato delle mie asserzioni, qualche volta perde per strada dei ragionamenti che io avevo messo in primo piano o, peggio ancora, smarrisce il filo del discorso.

La verità è che l’accumulo progressivo e non sistematizzato di informazioni tipico della lettura lineare e progressiva costituisce (per lo meno, nei testi argomentativi, descrittivi, espositivi) una modalità di comunicazione che induce facilmente in errore.

Certo, posso sempre dar la colpa al lettore e dire che è un ignorante; ma è proprio vero che la colpa è sua? Non è che potrei architettare qualcos’altro per farmi capire meglio?”

Le considerazioni del collega (ma non solo quelle ovviamente) mi spinsero a cercare una risposta seria e costruttiva all’ultima domanda che egli aveva posto e a cercare nuove soluzioni. Ecco qual è stato l’esito dei miei sforzi.

2.  Oltre la linearità progressiva: la necessità di nuovi formati testuali

Scrivere tante pagine di testo lineare e lasciare che sia il lettore a scoprire la struttura logica di fondo del discorso può essere dispersivo e dispendioso: egli può sprecare tanto tempo prima di riuscirvi pienamente o può farlo in modo incompleto dando spazio ad inopportune interpretazioni.

Per evitare tali inconvenienti, forse sarebbe meglio disporre di nuove configurazioni testuali in grado di comunicare alla svelta l’armatura concettuale di fondo del testo, cioè la sua struttura logica più intima. Forse dovremmo disporre di nuovi formati testuali, per così dire, di tipo tascabile ma comunque esaustivi e capaci di comunicare l’essenziale senza per questo diventare riduttivi (… altrimenti si corre il rischio di accudire il malato con una cura peggiore della malattia: … prima dicevo troppe cose e si capiva poco, ora ne dico troppo poche e si capisce ancor di meno …)

E’ pur vero però che alcune esperienze realizzate in campo formativo, come quelle proposte dalla Didattica Breve e dalle sue procedure di distillazione, pur con tutti i limiti del caso indicano che uno sforzo in questo senso è possibile e auspicabile. Fosse solo perché la creazione di nuovi formati testuali porterebbe un vantaggio a chi di quei testi si serve per studiare, ricercare, lavorare.

3. Un’utenza esigente: il bisogno di accesso rapido al sapere

Sicuramente un formato tascabile apparentemente molto utile è la sintesi (… quella lineare): il riassunto del riassunto del riassunto … Utile forse, concisa forse, ma quasi sempre incompleta perché taglia troppi dettagli importanti, assembla e cuce spesso sotto la pressione dei centimetri quadri del box previsto per la sua impaginazione, ma soprattutto perché replica la caratteristica essenziale del testo cui si riferisce: la linearità. Essa, infatti, essendo corta sembra provvedere alla funzione di rapido accesso al sapere, ma in realtà non fa un servizio molto diverso da quello offerto dal testo da cui è originata.

Con la sintesi, infatti, stiamo sempre parlando di parole in fila e di sequenzialità, non di strutture che evidenziano topograficamente rapporti logici tra le parti

-         gerarchie concettuali

-         connessioni

-         nessi causali

-         distanze semantiche

-         implicazioni

-         inclusioni

-         giustapposizioni

-         derivazioni

-         ecc.

C’è invece un altro formato che non viene usato quasi mai in modo sistematico come strumento di accesso rapido al sapere, mentre invece si dimostra molto efficace in questo senso perché sposta la nostra attività mentale sul piano della reticolarità: questo formato è la mappa testuale. No! Non è la mappa concettuale, non è nemmeno la mappa mentale e neppure la mappa cognitiva: è un’altra cosa.

4.   La Mappa Testuale

La Mappa Testuale è la versione reticolare di un testo lineare, è cioè una configurazione grafico-concettuale che rappresenta tramite reticoli la logica di esposizione di un testo lineare

4.1 Aspetti strutturali

La Mappa Testuale

-         è una sintesi dei significati più rilevanti del testo, solo che è disposta come una rete e quindi la vedi rappresentata attraverso nodi, legami, connettivi

-         rispetta la sequenzialità temporale del testo (c’è un “prima” e un “dopo” proprio come nel testo da cui emana)

-         appunto per questo, parte dall’alto della pagina ramificandosi verso il basso della stessa

-         ha una sua sintassi esplicita (la leggi come una grande frase, perché i suoi elementi sono collegati tramite rapporti di tipo semantico

4.2 Aspetti funzionali

Nella Mappa Testuale il focus rappresentazionale

-         può posizionarsi ad un livello di generalità elevata e così esplicitare configurazioni semantiche di massima

-         ma può anche posizionarsi ad un livello di particolarità elevata ed esplicitare pertanto configurazioni di dettaglio

4.3 Prospettive di utilizzo

       La Mappa Testuale può essere utilizzata in tre ambiti

-         Didattico (… faccio scoprire allo studente la struttura logica di un testo lineare e gliela faccio rappresentare graficamente …)

-         Comunicazionale (… affianco al testo lineare che sto esponendo la corrispondente rappresentazione reticolare, proprio come in questo articolo …)

-         Scritturale (… prima della stesura, utilizzo le schematizzazioni come architettura di sviluppo del testo; dopo la stesura come strumento di controllo logico)

E adesso dimmi, lettore:

-         le mie mappe ti hanno aiutato a capire meglio quello che volevo dire?

-         le usi anche tu in modo sistematico?

-         le usi in altro modo?

-         vuoi forse conoscere la bibliografia cui ho fatto riferimento?

Se vuoi, scrivimi: bellagente@iol.it

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