BLOOM! frammenti di organizzazione

Romanzi per i manager (della New Economy)

a cura di Francesco Varanini

Leggere romanzi serve più che leggere manuali di management. Questo ormai lo si dovrebbe aver capito. Ecco qualche titolo commentato, pensato come lettura per manager e imprenditori interessati a confrontarsi con la complessità della Rete, con il radicale cambiamento in atto, con l’emergere di nuove manifestazioni di conoscenza e nuove forme di leadership.

William Gibson, Quando bruciammo Chrome: non un romanzo, in realtà, ma un breve racconto, scritto nel 1981 (ora in italiano nell’omonima raccolta in Oscar Mondadori). Il mondo della Rete, libertario e minaccioso allo stesso tempo, è meravigliosamente prefigurato. Internet è fear, uncertainty & doubt, selvaggia e minacciosa, ma cresce comunque e ci impone la sua presenza e ci pone l’obbligo di imparare a ‘vivere in Rete’. Prima di qualsiasi e-Business sta l’e-Life.

Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet (1881, postumo), E’ il romanzo del Knowledge Management. I due vecchi copisti, poveri di ingegno, ricopiano lo scibile umano. L’enciclopedismo è vano, la verità inattingibile, ci si muove navigando tra informazioni che sono puro rumore. I contenuti replicano contenuti già esistenti, e sono anche, a ben guardare, una sterminata raccolta di sciocchezze tra le quali non possiamo che navigare a vista, spesso cercando l’ago nel pagliaio.

Jorge Luis Borges non a caso amava Bouvard e Pécuchet: i contenuti sfuggono sempre al contenitore, la Biblioteca di Babele è una potente prefigurazione dell’Ipertesto e del Web. Si può ‘leggere’ connettendo i contenuti di libri diversi. Tutti i libri possibili sono già stati scritti non si può far altro che cercare informazioni facendo del Data Mining all’interno di Basi Dati sempre ridondanti. Il mio consiglio è però per un brevissimo testo scritto insieme ad Adolfo Bioy Casares, L’ozioso (in Cronache di Bustos Domecq, 1967, in italiano da Einaudi). Una grande inutile macchina macina gratuito lavoro, ‘gira vuoto’. All’uomo ne viene restituita la possibilità di lavorare; il lavoro è riletto come creatività, ozio sapiente.

Joseph Conrad, Tifone, 1902. Il capitano Mc Whirr è tutto furoché un genio, ma ha il buon senso del manager che sa compiere scelte autonome. I manuali scritti quando si navigava a vela non possono valere per la navigazione a vapore. Come dire che quello che vale per il business tradizionale forse non vale per l’e-Business. I momenti di discontinuità –il caos, la catastrofe– non possono essere evitati, devono essere attraversati, vissuti, trasformati in esperienza..

Lev Tolstoj, in Guerra e pace (1865-1869) dedica un sacco di pagine a contrapporre a Napoleone il vecchio generale Kutuzov. Kutuzov è il leader debole, al contrario del gran generale francese non è un vincente, è anziano, farfuglia e non sa fare grandi proclami, perde tempo a leggere un romanzo durante la battaglia, in apparenza non sa comandare. Ma in realtà è il vincente, perché rinuncia al vano ed arrogante tentativo di dominare la complessità. Vi si arrende. Il leader di fronte ai sistemi complessi è chi sa intercettare i trend, seguire l’andamento degli eventi senza contrastarli. E’ leader chi sa essere in sintonia con gli eventi, non chi si illude di determinarli.

Lontanissimo da Tolstoj, Viktor Pelevin, giovane interprete della confusa Russia di oggi. Conosce le nuove tecnologie, e si vede. In Babylon, Mondadori, 2000 (il titolo è una cattiva traduzione di Generation P, dove la P sta per Pepsi Cola) ecco un Silicon Graphics, "piccolo cubo di plastica blu poggiato sopra uno scatolone vuoto", ecco il programma Soft Image, "sono i tesori più importanti delle agenzie pubblicitarie che nascono come funghi". Ma più interessante la prospettiva sub-ottimale di La vita degli insetti, Minimum fax, 2000. Mosche, formiche, lucciole, scarabei, protagonisti non-umani. La tranquillizzante crescita che vede l’uomo al vertice della piramide evolutiva è sconfermata. Linee evolutive diverse si intersecano, punti di vista contradditori si sovrappongono. L’osservatore fa parte del quadro indagato.

Di Philip Dick si dovrebbe leggere tutto, tutta la sua sterminata produzione ci è utile a illuminare lo scenario ‘virtuale’ che abbiamo di fronte, dove tutto è vero e dove tutto è falso e dove la verosimiglianza è quasi sempre un inganno. Fare business è costruire mondi possibili. Ciò che ci appare realtà è un artificio della tecnologia, Gli androidi (metafora di tutte le nostre immagini proiettate sulla Rete) sono più simili all’uomo dell’uomo stesso. Per questo torna a contare, innanzitutto, l’uomo, con le sue debolezze e le sue scelte tanto assurde da non poter essere imitate da nessuna macchina. Se il gioco asta nel segnalare un solo titolo: Ubik, 1969, in italiano tradotto da Fanucci. Ubik è l’estrema manifestazione dell’apparenza vendibile, è il brand, è l’asset intangibile.


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