BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 22/04/2002

IL CAPITALE SOCIALE NELLA SOCIETA' DEL CONTROLLO

di Bruno Bonsignore

"Quanto avete come capitale sociale?" Questa è la prima domanda che pone la banca quando le si chiede di sostenere la ricerca e i progetti dell'azienda. Ovvero, "qual' è il fondo di garanzia che potete offrire in cambio del nostro denaro?".
Non c'è proprio nulla di sociale in questa interpretazione del capitale sociale di un'azienda.
Perchè sociale non è solo il denaro conferito dai soci: il bene, il capitale sociale è la visione, l'intuizione, il sogno, la voglia di impegnarsi e di rischiare insieme per realizzare un progetto o una semplice speranza. Perchè è così difficile che, per valutare il "capitale" di un'azienda, il nostro sistema creditizio e imprenditoriale in generale accetti di valutarne, a parte forse la brand awareness, le idee, la capacità di innovazione, la vocazione al cambiamento, la sensibilità nell'intercettare i bisogni latenti, la formazione e la capacità di apprendimento del management e dei collaboratori, la rete di relazioni, il livello di fidelizzazione della clientela, l'impegno etico, la coscienza sociale….? Si, belle idee, tante buone intenzioni ma alla fine quanto valgono? Concediamo pure (prudenza, prudenza) qualcosa a titolo di avviamento ma certo non basta, bisogna essere concreti…
Mentre Pierre Bourdieu ha definito da tempo tre forme diverse di capitale: Economico, Culturale, Sociale approfondendone le interazioni e le reciproche inflluenze (Marco Deramo, il manifesto), la nostra intellighenzia burocratica, supponente o al più impacciata, resta ben aggrappata al teorema del rischio e della garanzia che deve essere "capiente", tipo 3 x 1. Nel senso che se mi dai garanzie reali per valore 3 io ti apro credito per valore 1. Talvolta anche generosa, quando si tratta ad esempio di "capitale d'avventura" pronta a versare il proprio sostanzioso contributo nella sconosciuta net economy e alimentare il mercato speculativo nonostante gli espliciti, autorevoli richiami alla prudenza (vedi Gartner Group, eCommerce Disillusion, Novembre 1999). Salvo poi scoprire che le idee - non gli azzardi - di manager innovativi, sostenute da solidi modelli di business, pagano e sanno portare utili all'old economy e anche alla new.
La verità è che il Capitale Sociale non deve più essere considerato una mera entità finanziaria; il suo valore economico sta anche nella capacità di esprimere una specifica aggregazione di forze, un'unione integrata di competenze, un'alleanza di intenti, un'attività appassionata che produce beni, servizi e risultati. Capitale che quando è sostenuto da valori e sentimenti condivisi, assicura all'azienda maggior longevità, e con questa più profitto ancora.
Rispettiamo dunque l'importante ruolo del Capitale Economico (domanda: se è un elemento imprescindibile della produzione non dovrebbe essere iscritto fra le voci di Costo, alla stregua di una materia prima?) ma impariamo a considerare anche gli altri capitali e a valorizzarli. Il Capitale Culturale è quello che assicura all'azienda il vantaggio competitivo mentre il Capitale Sociale (inteso come capacità di socializzare dell'azienda) crea il consenso. Non meritano forse d'essere valorizzati in bilancio? Baruch Lev afferma nel suo intervento alla New York University:
"Sostenere che gli asset tangibili dovrebbero essere misurati e valorizzati, mentre quelli intangibili no, equivale a sostenere che le "cose" hanno valore mentre le "idee" no."
Evidentemente anche gli investitori la pensano come lui, dal momento che affidano i propri capitali a un'azienda come Microsoft con nemmeno 1 miliardo di $ di tangibles valorizzandola in borsa $85 miliardi, ben più dei $75 di IBM coi suoi $17 miliardi di immobilizzazioni tecniche (1997) ! E così per Nike, Chrysler e tanti altri marchi di successo che fanno pura progettazione e marketing, senza fabbriche nè macchinari. C'è da chiedersi, con un po' di sana perplessità, quanta fiducia e quanto capitale avrebbero ottenuto dal nostro sistema creditizio.
Forti di questa consapevolezza e del valore congiunto dei nostri tre "Capitali Sociali" possiamo affrontare la Società del Controllo acutamente descritta da Gilles Deleuze che profetizza il dominio da parte delle corporation del mercato globale mediante l'uso delle nuove tecnologie (ingegneria molecolare, manipolazione genetica ecc.). Deleuze osserva che nella nostra epoca le priorità si sono spostate dalla tangibile concretezza della fabbrica all'astrazione immateriale della corporation. Valori come la solidarietà e la compattezza delle forze del lavoro non possono più essere mobilitati per opporre resistenza di massa agli imperativi globalizzanti del capitale. Al contrario, nella corporation prevale l'individuo, la competizione, il far da sé, atteggiamenti che vengono esasperati oltretutto dalla spinta all'ongoing education necessaria a difendere il posto di lavoro e conquistarsi migliori condizioni economiche.
Viviamo in un sistema che favorisce l'espansione dell'ego-individualismo (ben lontano dalla ricerca interiore) e mortifica l'individuo, rendendolo sempre più isolato. Nella precedente società della Disciplina descritta da Deleuze ognuno aveva una sua "firma" che gli garantiva una connotazione, un posto nella massa culturale mentre nella nuova Società del Controllo questa individualità ha perso importanza. Ciò che conta, conclude cinicamente Deleuze, è che l'individuo abbia accesso all'informazione e la sua "password" per stare ben dentro alla Rete e partecipare al gioco globale. Così che il suo controllo, e quello di tutti gli individui, aumenterà perché i computer ci seguiranno ovunque monitorando in tempo reale dove siamo e cosa facciamo: un tracking completo e sempre aggiornato.
Come possiamo difenderci, così ammaliati dal "nuovo" da non avere nemmeno il tempo di consumarlo? Attingendo al nostro Capitale Sociale per riscoprire la calma del take your time, il conforto del dejà-vu, il piacere della riflessione e contrapporli alla mobilità esasperata del "connesso sempre e ovunque". Il wireless crea isolamento, ostacola la condivisione e minaccia di renderci insensibili alla solidarietà. Dobbiamo imparare a controllare le cause dell'oblio individuale che ci sommerge: essere avari con la TV, ridurre i tempi al PC, centellinare il cellulare, lasciare a casa il portatile, dimenticare il palmare, sfilare gli auricolari e ricominciare a guardarci e ascoltarci. Dobbiamo essere meno audience ma anche meno interattivi!
Dobbiamo recuperare un po' di noi stessi per meritarci quella sensazione perduta di protezione reciproca ringraziando Dio che l'arte, la cultura, la Tradizione col suo apparente vecchiume sono ancora lì, pronte a lasciarsi scoprire e aiutarci.


Pierre Bourdieu:" fieldwork in culture", Nicholas Brown, Lanham MD
Baruch Lev, "Intangibles : Management, Measurement and Reporting", Brookings Institution Press 2001
Gilles Deleuze, " Postscript on the Societies of Control", MIT Press, Cambridge, MA.

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