BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 20/05/2002

L'ECONOMIA DELLA FIDUCIA

di Bruno Bonsignore

Nonostante i progetti di eCommerce siano clamorosamente svaporati nella dolorosa disillusione del 2000, gli imprenditori continuano a puntare sul 1-2-1 reso possibile da internet come strategia necessaria e sufficiente a realizzare un altro grande sogno, la fidelizzazione del cliente. Una fidelizzazione non legata al suo fugace innamoramento per un prodotto o alla più duratura simpatia per la marca, no no. Qui si parla di matrimonio, una promessa di preferenza che duri anni e anni per mettere al sicuro i piani di investimento e i budget di vendita dell'azienda. E allora, ha pensato qualche vispo imprenditore, perché non prendere il cliente per tutta la vita, o meglio tutta la vita del cliente? Siamo al Lifetime Customer, e al calcolo del valore che può avere un cliente acquisito per tutta la sua vita di consumatore (Lifetime Value). Perché l'obiettivo e' di vendergli tutto, dal pannolino per la pipì al pannolone per l'incontinenza.
Tuttavia c'è un presupposto che non quadra. Si parla di fidelizzazione ma fidelizzare è un processo univoco, che parte dall'azienda ed ha il consumatore come destinazione, senza interazione. Mentre si sa che il vantaggio, anzi il presupposto irrinunciabile internettiano è il rapporto interattivo, bidirezionale e pressochè simultaneo. Nulla di tutto questo rientra nella logica della fidelizzazione che continua ad ispirarsi al principio del broadcasting, un centro emittente (l'azienda) che lancia i suoi messaggi ad un'audience che si spera stia ad ascoltare.
Con questi presupposti strategici è facile prevedere livelli di fidelizzazione effimeri e a prezzo di investimenti che non solo gli stakeholders ma gli stessi azionisti saranno sempre più restii ad approvare. La fidelizzazione è un rapporto basato sulla convenienza che viene messo quotidianamente in discussione dal consumatore, attento a verificare se vi siano offerte migliori di cui approfittare (farsi cioè temporaneamente "fidelizzare" da un'altra azienda).
Per poter contare sui consumatori per lungo tempo occorre farli "propri" creando con loro un mutuo rapporto di fiducia che deve potersi esprimere interattivamente. Un rapporto di fedeltà reciprocamente e dichiaratamente interessata, tetragono quindi alla rottura per un'avventura col concorrente.
L'azienda che pensa e agisce in funzione di un rapporto fedele con il consumatore è doppiamente premiata: dai clienti-acquirenti a loro volta fedeli, legati ai valori del comportamento oltre che al tornaconto immediato e quindi non disponibili a cambiare bandiera per un 3x2 qualsiasi; e dai clienti-fiduciosi che rappresentano un asset tutt'altro che intangibile, iscrivibili cioè a bilancio con prudenza certo ma potendo attribuire un ragionevole valore acquisito.
Una vera e propria Economia della Fiducia, certamente più … economica dell'imperativo fidelizzatore. E che non chiede di meglio che essere durevole, proprio come sogna l'imprenditore: per tanti anni, anche per tutta la vita, se non intervengono violazioni ai patti. Ed è molto più facile che il tradimento sia consumato dall'azienda che non dal consumatore.
Eventualità questa che induce una nuova visione, ribaltata, del rapporto interattivo, nel quale sarà il consumatore in quanto membro di una comunione consapevole e organizzata che creerà e controllerà il rapporto di fedeltà con l'azienda. Nel 1-2-1 è il consumatore che ha tutto da guadagnare mentre per l'azienda il rapporto diretto, esasperato come quello che si sta profilando, è un vincolo impegnativo, soggetto ai capricci di un consumatore sempre più pretenzioso. Un potenziale boomerang capace di colpire l'azienda che l'ha lanciato con un impatto destabilizzatore da mettere i brividi.
Meglio forse non tirare troppo la corda, limitandosi a un sano comportamento tradizionale possibilmente corroborato da un convinto impegno etico.

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