MUSICA SENZA ARMONIA
I
Ragionieri Commercialisti, in merito al caso Parmalat, hanno proposto
alle Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera di
istituzionalizzare il controllo di qualità sulle procedure e
attività delle società di revisione. Le modifiche ai meccanismi
di corporate governance sono suggerite per assicurare il rispetto delle
regole tecnico-professionali mediante verifiche esterne o "tra
pari", con pubblicazione dei risultati delle verifiche stesse.
E' emblematico che la proposta arrivi dagli "strumentisti"
prima che dai direttori d'orchestra della Business Ethics. Si sono accorti
che non solo i piccoli azionisti ma gli stessi sindaci, gli amministratori
onesti e competenti, le regole di Corporate Governance e le varie certificazioni
di qualità -sia interne sia esterne- sono impotenti di fronte
alla spericolata genialità degli squali della finanza. Ma se
non li ferma il codice civile, se non li preoccupa il bilancio contabile,
cosa ci si può aspettare da una più solerte attività
di controllo?
E' evidente che gli strumenti non sono un'orchestra, ciascuno interpreta la sua partitura e batte il tempo come gli pare, concedendo alla platea saltuari passaggi melodicamente godibili e qualche buon accordo per appagare il bisogno di armonia e acquetare l'attenzione percettiva.
In uno scenario dominato da
tanta raffinatezza strategica, come rispondono i top manager agli appelli
alla trasparenza e agli inviti alla corporate social responsibility?
Con un bel codice etico fatto col taglia e incolla, con il bilancio
sociale e caspita, anche la certificazione di qualita'! Perché
questi sono gli strumenti di cui dispone l'Ethics Officer, armi leggere
contro il bazooka, la determinazione feroce a far soldi da una parte
-quella che ha le deleghe- e l'intenzione di capire e di mediare dall'altra:
un duello impari, pur con tutta la conoscenza e l'attenzione che ci
possa mettere il supervisore etico.
Che allora deve sapersi arrangiare, privilegiando la creatività,
l'osservazione e il mettere in relazione; non limitarsi ai facili controlli
cartacei o a prevedibili incroci di riscontro ma piuttosto annusare
l'aria che tira, la psicologia della proprietà e degli amministratori,
l'atteggiamento, il piglio, gli accenni sussurrati e i commenti lasciati
in sospeso, il modo di vestire e di viaggiare, la postura e il tono
adottati con i collaboratori, con i consulenti, con i rappresentanti
sindacali, con i giornalisti, con i clienti, la determinazione e la
prontezza a reagire in situazioni difficili, l'attenzione per i dipendenti,
il rispetto del core business, la capacità di creare nuovi prodotti
e servizi ...
Questa è l'auditing way sollecitata da Francesco
Varanini , che non si può neutralizzare con alcun documento,
impossibile da smontare anche per il più navigato dei revisori,
inattaccabile da qualsiasi cavillo legale proprio perché etica
nella sua essenza. Basata sulla ricerca instancabile e irrinunciabile
del compromesso, della via comune -e perciò condivisa e più
probabile- verso la soluzione dei problemi quotidiani.
E orientata alla ricerca di un imprenditore che voglia fare l'imprenditore
e non il finanziere. E che diffida del finanziere che vuole fare l'imprenditore.