BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 18/10/2004

LA CINA E' VICINA. A NAPOLI

Due giorni con François Jullien, all'hotel/ per strada/ in metropolitana/ in Aula/ al dibattito/ al ristorante/ al circolo culturale 1

di Bruno Bonsignore

Cinesi e napoletani sono fratelli di saper vivere. Si contendono la paternità degli spaghetti ma condividono il senso del tempo, che lasciano arrotolare e srotolare come una forchettata da godere prima con gli occhi e poi la consegni al palato irrorato dal piacere del prossimo sapore; i cinesi hanno scoperto la polvere da sparo e i napoletani si sono inventati i fuochi d'artificio di tutti i colori con tanto di botto finale; i cinesi hanno inventato la carta, l'inchiostro e la stampa a caratteri mobili per diffondere la lettura e i napoletani propongono il giornale in comproprietà da far girare al bar e da famiglia a famiglia, naturale modello di risparmio economico che non intacca il valore della notizia nel suo passare di mano in mano; i cinesi ti trovano la bussola attorno all'anno Mille e i napoletani sono primi nel perderla …

Faccio queste considerazioni dopo aver conosciuto François Jullien, ascoltato le sue lezioni e avergli posto tante domande. Mi viene in mente Edgar Morin che in una indimenticabile cena a Formia considerava ad alta voce, senza nemmeno lo stimolo di libagioni abbondanti, che “ … i latini, il pensiero Mediterraneo, Napoli… sono la maggior riserva di qualità di vita che ci resta, dobbiamo difenderla”.

Napoli, 100 km da Formia, 10.000 da Pechino.

 

ALL'HOTEL

Il Presidente del College Internationale de Philosophie è un signore minuto dai modi gentili e riservati che ti osserva attento mentre parli. Sa ascoltare. Anche quando ha colto il senso della domanda si trattiene dal segnalare che ha già la risposta, per evitarti il peso dell'urgenza di concludere.

Professor Jullien, lei è ben conosciuto in Italia, ma ne è anche buon conoscitore vero?

Sono venuto diverse volte, a Milano, Napoli, Pisa, Modena… Bologna, Torino, e mi hanno pubblicato diversi titoli. Dopo il nostro incontro andrò a Venezia dove col mio amico Paolo Fabbri presenterò l'ultimo libro tradotto in italiano, “Il Nudo impossibile”.

Lei abita a Parigi, ma quanto tempo passa in Cina?

Il meno possibile… ormai me la porto dentro, è un'esperienza di profonda conoscenza che non ho più bisogno di alimentare con la presenza fisica nel Paese

…dove ha trascorso molto tempo: per questo si sente un po' più orientale, … o un po' meno occidentale?

Io sono “greco”, gli anni passati in Cina e gli studi fatti non hanno cambiato la mia impronta, ma mi colloco nel mezzo, ugualmente vicino alle due culture

Se si sente greco perché ha voluto passare tanti anni della sua vita in Cina?

Per un depaysement, distaccarmi dal pensiero europeo e poterci poi tornare dopo lo studio della Cina, un modo per interrogarmi a fondo partendo dal pensiero occidentale

PER STRADA

Come sono i suoi rapporti con gli Stati Uniti?

Ci vado più o meno una volta all'anno, a Chicago e Baltimora, tengo un'aula della durata di una settimana agli studenti del terzo anno superiore

Con i suoi studenti americani come si trova?

Sono …. Americani, un Paese con solo duecento anni di storia, non comparabile con le migliaia d'anni della civiltà orientale ed europea; sono molto attenti e interessati ma … come fanno? Gli manca tutta la conoscenza classica, quella cultura cognitiva che noi abbiamo appreso in buona parte senza nemmeno accorgercene, ma che c'è e si sente

IN METROPOLITANA

… e con i suoi studenti all'Università di Parigi?

Tengo un solo seminario, una classe di circa quaranta ragazzi, la metà sono cinesi, una situazione interessante in cui le due parti, le due culture intendo, si cercano e cercano reciprocamente di capirsi e di conoscersi

IN AULA

lei nei suoi libri cita spesso i concetti di efficacia e di disponibilità. Perché sono così importanti nel pensiero cinese?

Perché è sul significato che attribuiamo all'efficacia che il pensiero cinese s'oppone a quello occidentale, mentre la disponibilità consiste nell'evitare qualsiasi tipo di parzialità e dunque essere aperto a tutto il possibile. Noi occidentali consideriamo efficace l'elaborazione di un pensiero e quindi di un modello di attuazione, definendo un rapporto tra la teoria –il modello- e la pratica, cioè l'applicazione.

Questo significa voler applicare dei modelli diciamo matematici alla Natura, un metodo molto consolidato in Europa ma non in Cina, dove non viene applicata la “matematica” nel linguaggio… d'altra parte già Aristotele sollecitava di mediare tra modellizzazione e conseguente applicazione, e di ispirarsi alla prudenza.

Ha spiegato, durante la sua lezione ai prossimi Ethics Officer, la “metis”, l'importanza di saper cogliere l'opportunità e poi … surfare, ha detto proprio così, surfare su questa circostanza. Cosa vuol dire precisamente?

Intendo la capacità di intercettare e capire le situazioni favorevoli per “adattarsi alle circostanze” e poterci …. navigare sopra come sulle onde; questo è molto diverso da creare un modello e cercare di concretizzarlo (farlo diventare efficace). Il problema è che questo metodo non conduce necessariamente al risultato sperato. Dalla guerra “assoluta” definita in base a un modello alla guerra “reale”, quella che poi avviene sul campo di battaglia, il modello ipotizzato non si realizza mai.

Può chiarire meglio il concetto del saper intercettare i segnali? Mi suggerisce il processo di abduzione teorizzato da Peirce, una capacità quasi di divinazione che oltrepassa persino le straordinarie doti deduttive di Sherlock Holmes…

Assai prima di Peirce già Machiavelli invitava a “saper cogliere l'opportunità fuggevole” quando si presenta, il saper trovare “l'appello percettivo” non ancora evidente, e osare e rischiare. Nel pensiero greco è questo che valorizza l'individuo.

Invece la strategia cinese non osa, non rischia, le sue azioni si dimostrano efficaci in modo quasi impercettibile, senza la spettacolarità dell'efficienza…

E sulla disponibilità?

Rispondo con … discretezza. Si tratta di evitare la parzialità implicita in una idea determinata, che impedisce di vedere tutte le altre possibilità. Questo spiega perché i nostri continui riferimenti e richiami alla verità, per i cinesi, non sono che una fissazione. Un'idea dominante, collocata in cima al nostro pensiero, ostruisce fisicamente la visione di tutte le altre possibilità… e ciò vale anche per i sapori. Nel mio Elogio dell'insapore parlo proprio di quest' altro aspetto del pensiero cinese, l'esigenza di non privilegiare alcun sapore per poterli accogliere, riconoscere e apprezzare tutti; la preferenza implica una scelta aprioristica e dunque la rinuncia a tutte le altre opzioni.

Ma il fatto di non ipotizzare alcun modello, alcuna scelta, non implica poi una mancanza di coerenza con i comportamenti che bisognerà assumere?

Questa idea di capire i potenziali della situazione, identificarli per poterli usare, non l'abbiamo in occidente. In Cina piuttosto che fare dei piani, si concentrano nell'analizzare la situazione per valutarla. Per questo considerano normale un generale che vince la battaglia, perché le condizioni affinché vincesse c'erano già tutte e lui non ha fatto altro che saperle leggere, mentre un generale è cattivo se non capisce di non doversi impegnare in combattimento quando mancano le condizioni per vincere.

AL DIBATTITO (Aperitivi Etici)

Dalle sue descrizioni si deve dedurre che gli imprenditori occidentali dovranno superare non solo problemi pratici ma una quantità di barriere mentali forse invalicabili se pretenderanno di applicare i modelli studiati a casa, è così?

Posso parlare delle imprese francesi, che pensavano di conoscere meglio di altri europei la filosofia orientale anche capitalizzando alcune esperienze militari, e hanno avuto delle debacle impressionanti.

Per tornare alla metafora della guerra, il grande generale lascia perdere i modelli per affrontare le circostanze come si presentano e accadono, spesso impreviste, e agisce spontaneamente secondo il proprio genio, perché sa che c'è una frizione tra gli effetti previsti e quelli che succedono nella realtà.

E questo vale anche nella competizione economica?

E' lo stesso pensiero: nella strategia cinese l'esito dello scontro, o della competizione, è determinato da come si valuta il potenziale. Non ci s'illude di poter usare un modello, si attende invece di vedere la situazione in tutti i suoi elementi. L'Occidente usa i mezzi per raggiungere i fini, nell'Oriente i mezzi non hanno fini ma sono le condizioni esistenti –o quelle si fa in modo di creare- che determinano le conseguenze, cioè i risultati, identificando i fattori utili a raggiungere l'obiettivo e facendoli crescere, e maturare, ma senza forzare!

Un mio interlocutore occidentale viene in visita d'affari? Un suo punto debole è la brevità della permanenza, dunque si sfrutterà la sua crescente debolezza mano a mano che passa il tempo, organizzando l'attacco in prossimità della data di partenza, quando la concentrazione, la determinazione e l'interesse stesso sono indeboliti dalla delusione e dalla premura del ritorno.

…un po' come nei film dove gli indiani prendono d'assedio le carovane e sconfiggono i soldati per sonno, sete e sfinimento…

Infatti l'efficacia è in rapporto inverso alle difficoltà, non si vede, procede da sola… Questo chiarisce meglio il concetto di efficacia: accompagnare il processo senza forzarlo, in modo discreto, insomma aiutare quello che già accade da solo come dice Lao Tzu, e favorire quello che mi è favorevole. Non c'è nulla di epico, di eroico e nemmeno di coraggioso. O meglio, un po' di coraggio ci vuole … per osare di “non” agire, e non rischiare che ciò che deve accadere “non venga fatto”. Il saggio non agisce, trasforma.

AL RISTORANTE

Quali consigli allora agli imprenditori occidentali che stanno studiando lingua, abitudini ed etichetta comportamentale, per concludere affari in Cina?

Di tenere ben presente la differente concezione del tempo, che per noi è … un'idea fissa, nel senso letterale, inserito rigidamente in un modello che si intende applicare con precise scadenze, lo “scheduling”, mentre per i cinesi il tempo è un divenire da assecondare in funzione delle situazioni;

e poi il fatto che mutando continuamente le situazioni anche le convenienze cambiano e, dunque, i termini stessi del contratto, così che possono essere rimessi in discussione gli impegni già assunti. Questo ovviamente non manca di sorprendere i nostri imprenditori, che non conoscendo il pensiero che lo sorregge, considerano l'atteggiamento come disonesto

qualcosa di simile è successo in Italia quando i vecchi mutui immobiliari, a causa del crollo dei tassi d'interesse, sono diventati palesemente troppo onerosi per i sottoscrittori che hanno ottenuto dalle banche una rinegoziazione…

sì, lo svolgersi del tempo e il mutare delle condizioni implicano la necessità di rivedere costantemente la risposta, cioè le soluzioni. Questo è normale nella logica cinese.

AL CIRCOLO CULTURALE (dibattito in francese)

Ma se la nostra cultura ci impedisce di capire la logica cinese, cosa può fare il nostro imprenditore per difendersi e al tempo stesso non mancare di correttezza?

Tenir c'est que on-dit, ne pas dir ce que on pense…. tener fede alla parola data e non dire quel che si pensa, e ricordarsi che di qualsiasi cosa in discussione, non c'è nulla che sia indiscutibile.

 


1 - François Jullien è stato ospite nel febbraio 2004 di Assoetica ( www.assoetica.it ) in quanto docente al Corso di iniziazione alla Business Ethics 2003–2004. Il nuovo corso inizia il 28 ottobre 2004.

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