BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 01/05/2006

ZYGMUNT BAUMAN E IL SOLE DELL'AVVENIRE
Una giornata con Zygmunt Bauman

di Bruno Bonsignore

La giornata che Zygmunt Bauman ha dedicato ad AssoEtica (1) inizia di buon mattino, in una saletta riservata dell'hotel Galileo in cui é stato allestito il collegamento di Radio24 con lo studio centrale. Il direttore Santalmassi  segue in cuffia le notizie dell'attentato ai nostri soldati a Nassiriya, che stravolge la scaletta della trasmissione. Bauman é visibilmente scosso e, approfittando del tempo necessario all'interprete per tradurre le sue risposte, mi chiede di aggiornarlo.

Il suo concetto di modernità liquida -declinato in diverse pubblicazioni dedicate all'amore, alla vita, alla società- è ormai ampiamente conosciuto e condiviso per cui si può puntare direttamente a commentare il titolo della docenza che il professore terrà nel pomeriggio per il nostro Corso di Alta Formazione in Business Ethics Management: Universal Sun and Domestic Lamp.Ovvero quale e quanta parte del Sole Universale, cioè di quel "sol dell'avvenire" della popolare canzone che simboleggia la promessa socialista di benessere per tutti, si è poi effettivamente concretizzata nelle case di tutti, almeno in un lucignolo di calore?

Chiedo: “professor Bauman lei si considera socialista?” e lui motiva subito la sua risposta affermativa: “credo che i problemi delle differenze, della povertà economica ma anche culturale, della salute e del bisogno di una soglia minima di dignità di vita e di giustizia sociale debba essere a carico dell’intera comunità e quindi dello Stato, e questo loconsidero socialismo”. Bauman prosegue sottolineando con lucidità la perdita di potere politico da parte dei singoli Stati, trascinati dalla globalizzazione a delegare i rispettivi ruoli nazionali a un’entità centrale superiore –globale- che però non esiste! “La global humanity che già possiamo individuare ha bisogno di un’autorità universale che invece non è ancora stata creata. Si è cercato di ipotizzare, annota Bauman, un Parlamento Mondiale ma ci si è fermati al primo ostacolo, il criterio di rappresentanza: se si prevedono ad esempio 20 italiani, 20 francesi, 25 tedeschi e altrettanti inglesi, si dovrebbero eleggere 120 statunitensi, altrettanti russi e allora almeno 500 indiani e quasi 700 cinesi…. un’ ipotesi che ovviamente non sta bene a nessuno dei cosiddetti grandi”.

Bauman insiste sul ruolo centrale di guida che si deve assumere l’Europa e allora gli chiedo di precisare cosa dovrebbe fare il Vecchio Continente:

“cos’hada offrire al mondo per contribuire a risolvere i problemi creati dalla globalizzazione? “

“Può dare quello che ha imparato nei secoli e sulla sua pelle: l’arte di vivere nelle diversità linguistiche e culturali. L’Europa ha da sempre bisogno di convivere con la diversità, con le differenze che sono anche straordinarie ricchezze creative che possono essere condivise con tutti gli altri, innanzitutto accettandole. Ladies and gentlemen -soggiunge con finta enfasi l’anziano signore accalorandosi- qualche secolo fa il nostro continente si limitava a due comportamenti, quello antropofago –mangiare nel senso di accogliere- e quello del rifiuto, respingere, vomitare il diverso. Ma il presupposto dell’accettazione, sottolinea Levy Straus, è pur sempre quello del sì ti accetto ma a condizione che tu diventi come me. Adesso, Hans Georg Gadamer ci insegna che è venuto il tempo di accettare l’altro nella sua diversità, per diventare uno di noi ma non necessariamente uno uguale a noi. E’ solo lasciando che l’altro resti com’è o meglio sia se stesso che possiamoscoprire e valorizzare la differenza creativa; ecco l’Europa può essere vista come una vera e propria scuola per il resto del mondo”.

“ Se rispettiamo il concetto di amicizia, scopriamo che non si creano problemi a causa della differenza: invece di continuare a ritirarci in noi stessi e quindi a separarci dall’altro, esasperando la competizione, possiamo scegliereuna seconda opzione, quella di una ambizione globale, la global responsibility. L’Europa ha saputo passare dalla logica frammentata dei comuni a quella delle regioni e poi della nazione, e adesso è chiamata ad andare oltre, a organizzare la global humanity…

Chiedo “come si fa a realizzare un simile obiettivo?”

“Certo, dipende da come i singoli Paesi decidono di aderire al progetto, e se non partecipano tutti, qualsiasi sforzo degli altri sarà inutile. Si porta ad esempio il fallimento delle Nazioni Unite, ma si dimentica cheesse sono state create con un obiettivo esattamente opposto a quello che ho teorizzato prima, e cioè quello di difendere la territorialità sovrana di ogni nazione aderente! Rinforzare la sovranità nazionale di ogni stato membro non è esattamente creare una sola e superiore sovranità globale!”

Insisto: “ma perché i singoli stati dovrebbero abdicare alla propria sovranità a beneficio di una entità utopica?”

“L’utopia ha un prezzo, si tratta di capire e calcolare quanto ci costa, ogni giorno, continuare a sbagliare, in termini di appiattimento culturale, abbrutimento individuale, devastazione ambientale, perdite di vite umane… Continuare a promuovere l’aumento del PIL, come dite in italiano, è impresa vana perché è inutile illudersi, certi livelli di benessere, che nei Paesi più ricchi e fortunati è assai elevato e diffuso, non sono assolutamente universali, voglio dire che non sono esportabili e quindi continueranno a dividerci sempre più e questo impedisce l’unica via di salvezza che vedo: aiutare ad assumersi la responsabilità, non solo la nostra ma anche, per quanto ci è possibile, quella degli altri. Il problema non sta nel fatto che non sappiamo cosa fare per perseguire il principio fondamentale di un “consensus universale”, anzi. Sappiamo benissimo cosa dovremmo fare ma anziché orientare il nostro comportamento in modo coerente, andiamo proprio nella direzione opposta “.

“Professor Bauman, anche quando riuscissimo a comportarci in modo coerente,come facciamo a fare in modo che gli altri –il resto del mondo insomma- accettino quello che l’Europa vuole offrire?”

“la soluzione è la stessa da sempre, basta rifarci alla vecchia idea di Repubblica: tutti sono uguali davanti alla legge, dobbiamo solo metterci d’accordo su quale sia la legge che tutti devono rispettare… Appare un’impresa impossibile, e forse lo è, ma la mia principale soddisfazione, adesso che ho 81 anni, è andare in giro per l’Europa,parlare e farmi ascoltare specialmente dai giovani ed esortarli a costruire l’edificio universale, e quando sembra che le scale siano finite, allora dobbiamo metterci a costruire un altro piano, e poi un altro e un altro ancora, in modo da avere sempre delle rampe da salire, perché fino a quando non smetti di costruire nuovi piani, anche le scale non finiranno….”.


1 - www.assoetica.it

 

 

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